Haig Matt

Il club dei padri estinti

Pubblicato il: 1 Maggio 2009

“Sussurrai una parola e non era Papà e non era TraPassato. Era una via di mezzo tra le due. Per un istante pensai che non poteva essere che Papà fosse morto. Era ancora così reale nella mia testa che riuscivo a sentire il suo odore e udire la sua voce ma è anche vero che una volta tutti sono stati reali come Papà persino l’Imperatore Nerone o Giulio Cesare o Alessandro il Grande dovevano aver starnutito e fatto un salto nel letto e adesso non erano più niente. Poi guardai il vaso di metallo per i fiori vicino alla tomba di Papà con dei fiorellini in cima come una radio. Lo intravidi nell’oscurità e mi domandai perché fosse vuoto visto che di solito Mamma metteva dei fiori e fu allora che vidi una luce bianca in striscioline sottili che usciva dai fori e le striscioline erano tutte sfocate e appiccicate l’una l’altra e poi presero la forma di un uomo che assomigliava a Papà ed era il Fantasma di mio Padre.” (p. 148).
 
Riflessioni e vita quotidiana di un ragazzino undicenne di Newark, grigia landa inglese equidistante da tutto: non arriva alla desolazione di Sunderland ma non ha nulla che la caratterizzi in positivo. Philip ci racconta la sua storia a partire da un decesso, una perdita che non può non segnarlo profondamente. Un incidente d’auto che sconvolge il suo mondo all’ingresso dell’adolescenza, proprio mentre la vita è soprattutto attesa – la più potente, frastornante, emozionante – del mutamento, della trasformazione da crisalide in farfalla. Una morte impossibile da interiorizzare a questa età: la morte del padre.

È la storia di un bimbo timido e ansioso ma assai perspicace, che restituisce al lettore la sua personale, lucida, fantasiosa e irriverente analisi del microcosmo che lo circonda, sempre filtrato e trasfigurato attraverso ciò che ha acquisito e interiorizzato sul piano nozionistico e intellettivo. Ma Philip è costretto ad andare oltre la ragione, quando d’improvviso – poche ore dopo la fine del funerale – gli appare il Fantasma di suo Padre, sconvolgendogli di fatto l’esistenza. E c’è anche di più. Il Fantasma si è manifestato rivelandogli d’esser stato ucciso dallo Zio Alan, il fratello di papà, che avrebbe fatto tutto ciò perché interessato alla sua bella moglie, nonché mamma di Philip. La richiesta del Papà Fantasma non potrebbe essere più complicata da accogliere per il ragazzo: in conseguenza di una morte violenta e non naturale, l’ectoplasma del babbo è stato iscritto al Club dei Padri Estinti ed è prossimo – di li a un paio di mesi – ad essere definitivamente risucchiato dal Regno del Terrore, luogo in cui l’anima non trova pace e resta dannata per l’eternità. L’unica soluzione è far uccidere chi l’ha ucciso, prima della data del proprio compleanno, vero e proprio punto di non ritorno. Per salvare l’anima del padre, Philip deve dunque trovare il modo di far fuori lo zio Alan, il quale non solo avrebbe ammazzato il babbo – manomettendo i freni dell’automobile: zio Alan è meccanico – ma secondo ciò che dice il Fantasma vuole anche concupire sua madre, sposarla e prendere il suo posto. Siamo a settembre, e c’è tempo fino a dicembre per portare a compimento la difficile impresa. Il mondo di Philip si confonde ancor più, e le ripercussioni a scuola e nelle interazioni con gli altri sono da subito evidenti: il Fantasma appare nei momenti più improbabili e gli dice di far cose che creeranno conseguenze negative, tanto da farlo ritener da tutti un ragazzino ancor più strambo di quello che è. In effetti alcune profezie del Fantasma si avverano, perché in poco tempo lo zio Alan diventa padrone di casa sua, rimodella il pub del padre e si sposa con la madre; ma alcune altre no, fino al tragico scambio di persona per il quale – per errore di previsione del Fantasma – anche Philip, convinto di uccidere lo zio, diventa un assassino. La distanza tra Philip e la realtà aumenta progressivamente, innescando una spirale di eventi che porta a un finale doloroso, emblematico, catartico e comunque sospeso.

Un libro intelligente, piacevolissimo alla lettura, destabilizzante e nondimeno furbo (ruba e rilegge dall’Amleto di Shakespeare), che pesca a piene mani, per stile e contenuti, dall’agrodolce, aggraziato e altrettanto furbo – ma capostipite del genere, se così lo vogliamo definire – Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte di Mark Haddon. Ad essere ancor più scrupolosi, troviamo che  il binomio io narrante-ragazzino strambo e intelligente è presente anche nel bel libro di formazione Tutto per una ragazza (comunque narrato con una forma più classica e ricercata rispetto ad Haig, e immaginando un altro da sé più realistico), di Nick Hornby. Tre autori inglesi, non a caso. Tre ragazzini diversi alle prese con gli imprevisti più imprevisti dell’età – in Haddon un adolescente autistico che va alla ricerca degli indizi della morte di un cane, in Hornby un sedicenne che diventa padre, in Haig un undicenne che vede il fantasma del padre appena morto –, dai quali scaturiscono difficoltà e prove dolorose da superare. Sono percorsi iniziatici, e tra i tre il più complicato e malinconico è certamente quello che compie Philip, alle prese con la rielaborazione di un lutto inacettato perché francamente inaccettabile per un ragazzino della sua età. E quanto più il mondo onirico, la fantasia e l’inconscio sono potenti in un bambino, tanto più la potenza degli altri da sé immaginifici sarà forte e si manifesterà ai suoi occhi con virulenza e verosimiglianza. Ma la potenza inconscia è un’arma a doppio taglio, come ben sappiamo, e la morte del babbo amplifica in Philip una dissonanza percettiva che partorisce un mondo onirico-immaginifico che sovrasta notevolmente quello reale, in alcuni frangenti. Philip però ha anche una viva intelligenza, e fa uso di tutta la sua razionalità, nonché della passione per la storia di Roma e del suo Impero, per rielaborare la realtà e non perdere il filo sottile che lo lega al mondo concreto, nonostante i Padri Estinti e il Regno del Terrore.

La componente psicologica, come si può ben notare, è fortemente sviluppata nel romanzo del trentenne Mark Haig ed è sapientemente usata per alleggerire la narrazione, considerando che l’innesco alla storia è un lutto, una perdita che genera un vuoto incolmabile, e che il protagonista di scelte difficili è un ragazzino di undici anni. La narrazione in prima persona, per rendere più credibile e diretto il tutto, è quanto più libera e priva di regole potrebbe essere. Lo scrittore dello Yorkshire elimina tutta la punteggiatura salvo i punti alla fine di ogni periodo, eppure la sua scelta non disturba, proprio perché così facendo tenta il più possibile di avvicinare il lettore a una mente infantile e compulsiva. Per gli stacchi emotivi usa improvvise maiuscole, ma non esistono virgole né tanto meno punti e virgole o due punti. Restano gli immancabili punti esclamativi e interrogativi, a significare non solo gli evidenti stati di continua autocoscienza del ragazzino, ma anche a fortificare un discorso emotivo e interiore che abbisogna necessariamente di un enfasi sopra le righe, in determinati momenti della narrazione. È un gioco abbastanza furbo e compiaciuto, come si diceva precedentemente, ma indubbiamente efficace e adattissimo alla storia che ci viene raccontata per le sue agilissime 330 pagine.

Il Club dei padri estinti è anche un romanzo scanzonato, con molti momenti divertenti e una sottile satira della società inglese di provincia. Attraverso i pensieri ad alta voce del giovanissimo Philip, Matt Haig trova il modo di stigmatizzare l’ipocrisia dei rapporti tra gli esseri umani adulti, messi sempre in relazione con la spontaneità e le continue epifanie delle riflessioni del piccolo protagonista. Ed è impietoso nelle analisi. Quanto più gli uomini si danno delle consuetudini, anche considerate ludiche e piacevoli, tanto più sembra logico e consequenziale trovarne l’elemento ridicolo: “Mi unii alla squadra di Jamie e Nigel si diresse verso quella di Jordan con la gonnellina svolazzante poi cominciammo a giocare a Rugby. Non conoscevo le regole sapevo soltanto che se uno prende la palla tutti ti saltano sopra quindi è meglio non prenderla” (p.113).

Il Club dei Padri Estinti, ruotando intorno a un lutto e alla necessità di interiorizzarlo, si sviluppa come un percorso iniziatico alla ricerca dell’accettazione della morte e del conseguente sviluppo di un sé più adulto, passando dall’infanzia all’adolescenza e soggiornando temporaneamente in una sorta di purgatorio in cui la linea di confine tra bene e male, giusto e sbagliato è realmente sottilissima. Questa strada tracciata sin dalle prime pagine, pur attraversata da intervalli simpatici e grotteschi che trovano ampiamente sfogo in momenti di ilarità leggera e spensierata, epiloga su note malinconiche, ancorché non prive di quella possibilità per un futuro che, fantasmi profetici o meno, è per ognuno di noi, in qualsiasi fase della vita, sempre possibile, fascinosamente oscuro e imperscrutabile.

“Nerone diventò Imperatore e uccise sua Mamma. Non so cosa predisse l’ASTROLOGO quando sono nato io ma mi sembra una cosa pazzesca che tutto ciò che succede possa esser già scritto nelle stelle e non si possa cambiare e Zio Alan non può cambiarlo né nessun altro. Neanche Mamma che legge sempre l’oroscopo nelle sue riviste e una volta diceva Sarà una bella settimana. C’è scritto qui. Lo ripeteva tutte le settimane e lo disse anche la settimana in cui Papà morì nell’incidente e quindi le stelle devono avere qualche segreto che non rivelano alle riviste. E i segreti sul mio futuro sono già scritti nel cielo e io non posso cambiarli non posso cambiare niente neanche queste parole e questo punto”. (p.225)

Federico Magi, maggio 2009.

Edizione esaminata e brevi note

Matt Haig, Yorkshire (Sheffield, 1977), scrittore e giornalista inglese. Oltre al Club dei Padri Estinti, ha scritto due romanzi: The Labrador Pact, le vicende di una famiglia raccontata dal punto di vista del cane di casa, e The Possessions of Mr Cave, la storia di un rapporto ossessivo tra un padre e una figlia.
Matt Haig, Il Club dei Padri Estinti, 2008, Einaudi, collana Stile libero Big, 2008. Traduzione Paola Novarese. Titolo originale: The Dead Fathers Club.