Rastello Luca, De Benedetti Andrea

Binario morto (ed. 2019)

Pubblicato il: 28 Dicembre 2019

“Trieste è la porta d’ingresso in Oriente. L’Europa dell’Est è il nostro Eldorado” (pp.165). Queste le parole di un celeberrimo paragnosta italiano, Piero Fassino, che danno l’avvio al tredicesimo capitolo di “Binario morto”. Tutto bene se non fosse che molti diffidano delle doti divinatorie del nostro, e quindi probabile che qualche lettore farà scorrere velocemente le mani sotto il basso ventre in cerca di facili appigli scaramantici. Un gesto tanto più spontaneo visto che il motivo del contendere non è certo Trieste ma il famigerato Corridoio 5 dell’Alta velocità “che non c’è”. Luca Rastello e Andrea De Benedetti, non a caso, nel 2013 pubblicarono un libro inchiesta tutto dedicato al progetto che “nell’intenzione dei suoi promotori dovrebbe unire Lisbona a Kiev: 3200 chilometri di ferrovia ad alta velocità per garantire prodigiosi sbocchi di mercato all’Italia e all’Europa”. E’ passato qualche anno e da allora la situazione non è molto cambiata; tutt’al più si sono aggiunte le madamine, ma gli slogan e gli equivoci sono gli stessi, compreso il “ce lo chiede l’Europa”.

Comprensibile allora che la Chiarelettere abbia voluto riproporre l’opera in edizione tascabile.  Ricordando il compianto collega, Andrea De Benedetti in premessa ha infatti giustamente spiegato perché “Binario morto” è un libro non soltanto attuale, ma specchio di un’Italia che non impara mai dai propri errori, che li nega, nonché di un’Unione europea il cui principio operativo  è – parole del professor Sergio Bologna – “Non abbiamo idee, quindi per carità facciamo qualcosa” (pp.68).

Passano gli anni ma, come scrive ancora De Benedetti: “il senso, la portata simbolica e la posta in gioco nella disputa sull’alta velocità Torino-Lione continuano a rimandare a due visioni di mondo sempre attuali: da un lato la dottrina della crescita a tutti i costi, delle grandi opere come unica strategia di sviluppo, del progresso buono a prescindere; dall’altro le ragioni di chi ritiene che il prezzo della crescita, dello sviluppiamo e del progresso buono – in termini sociali, economici, ambientale e perfino estetici – sia ormai troppo alto da pagare in termini ambientali, sociali e di rapporti di lavoro” (pp.XIX). Visioni che in tutta evidenza anche le presunte novità della più recente politica non hanno minimamente scalfito: basti pensare all’inadeguatezza politica “del non-partito fondato da Grillo & Casaleggio, costantemente a rimorchio della Lega sui temi a essa più cari (immigrazione, sicurezza, tasse) e viceversa incapace di imporre fino in fondo una linea, un’idea o anche solo una strategia di comunicazione sui propri cavalli di battaglia” (pp.XVIII).

Una strategia che, senza troppo perdersi in pur necessarie analisi costi benefici, poteva partire dallo svelare innanzitutto la mistificazione del “corridoio Lisbona-Kiev”, un mantra fino ad ora propalato senza vergogna da presunti guru della geopolitica, nonché da una gran massa di giornalisti italiani la cui inconsistenza etica e professionale continua ad alimentare una demoralizzante disinformazione. Se pensiamo che slogan tipo “altrimenti siamo fuori dall’Europa” li hanno recentemente usati anche coloro che si son fatti una fortuna scrivendo delle caste e corruzioni italiane, possiamo ben capire come siamo messi.

Quello su cui i sostenitori del Tav Torino-Lione hanno sorvolato – il libro di Rastello e di De Benedetti punta proprio su questo aspetto – sono gli altri progetti che, nel caso di mancata realizzazione del tunnel, ci vedrebbero colpevoli di isolamento internazionale: manca in generale a tutto il dibattito sulla questione “qualunque riferimento […] al tercer carril tra Algeiras e Ronda, alla cortina ferroviaria eretta in Slovenia, ai 108-140 chilometri l’ora dei (nuovissimi) treni ucraini, e persino al cul del sac dell’alta velocità all’altezza di Vicenza e all’immane pasticcio della Gronda Nord sotto Torino, una manciata di chilometri a valle della tratta Torino-Lione: come minimo, un imperdonabile peccato di provincialismo, se non (ma siamo sicuri che non sia così) aperta malafede)” (pp.2013). Fermo restando che il “corridoio” rimarrà senza ingresso principale (vedi capitolo dedicato al Portogallo) e fermo restando il consueto mantra risolutore “adesso non serve ma servirà”, il viaggio dei due autori rivela che la Lisbona-Kiev è “un patchwork di segmenti ora a un binario ora a due, ora a scartamento iberico, ora a scartamento europeo, ora elettrificati a 3 kilovolt, ora a 25, ora ad alta velocità, ora a velocità medio-bassa, ora destinato esclusivamente al traffico passeggeri ora uno promiscuo” (pp.47). Fino ad arrivare alle distese silenziose dell’estremo Est che sono tutt’ora percorse da qualche manufatto dell’epoca sovietica. Senza dimenticare che “il corridoio, nelle intenzioni, è un sistema intermodale sul serio, cioè non solo ferroviario, e prevede grandi investimenti sull’asfalto, con buona pace, ancora una volta, del consueto argomento del trasferimento su rotaia” (pp.182). Trasferimento la cui utilità non soltanto è stata contestata, numeri alla mano dalla più recente analisi costi-benefici, ovviamente ripudiata da tutta la stampa italiana e poco considerata dallo stesso De Benedetti: “un mezzo autogol”. Al netto di vicende corruttive “latine” e post-sovietiche evocate dai due giornalisti d’inchiesta, di un sistema alta velocità in perdita in ogni dove (uniche eccezioni, secondo l’indagine dell’Uic – Union internazionale des chemins de fer, la Tokio – Osaka e la Parigi – Lione), Carlos Fenoy ci ricorda ancora come alta velocità e trasporto merci non siano coniugabili; mentre secondo Sergio Bologna l’inefficienza dei trasporti europei è prodotta non tanto dalla mancanza di velocità quanto da operatori inefficienti che non sono in grado di ottimizzare la loro attività; al punto che “la merce più trasportata via terra nel nostro continente è l’aria” (pp.73).

L’inchiesta, peraltro scritta benissimo, può essere letta quindi come “una spy story, come un racconto picaresco, come una road novel, come il resoconto di un viaggio impossibile” (pp.XX), ed infatti, accanto ad interviste di esperti e consulenti che confessano l’inconfessabile, quando si giunge dalle parti della Val di Susa riaffiorano vicende imbarazzanti e misteriose: ovvero le gesta omicide del famigerato Franco Fuschi, dell’ecoterrorista in quota Sisde, dell’idea di uno Stato che vende armi alla ‘ndrangheta, nonché delle morti a dir poco controverse di Edoardo Massari e Soledad Rosas. Opacità e mistificazioni che chiaramente riguardano anche le attività di coloro che sono intenti a fare cassa e ad attingere alla greppia dello Stato, con buona pace dello sbandierato liberismo e dello sviluppo dell’intera società italiana. Paradigmatico quello che possiamo leggere del colloquio con un’esponente di confindustria piemontese: “Ma in vantaggi dove sono? – Nella prospettiva occupazione a breve periodo, nel tenere in vita per qualche anno….’ – Aspetti, questo ce lo ha detto anche l’ingegnere della Regione. Dobbiamo trarre la conclusione che, osservata dall’angolo prospettico di un imprenditore locale, il Tav è un caso di sindrome Jimby (Just in my Backyard, ovvero ci guadagno solo io)?” (pp.158). E difatti proprio quell’ingegnere, rimasto anonimo: “In breve, non è necessaria l’opera. Sono necessari i soldi che derivano da cantieri e progetti, e che non possono essere spostati da un capitolo all’altro. Il Tav è un Momendol economico” (pp.139).

Questi solo alcuni dei passaggi presenti un un libro ricchissimo di elementi di riflessione, di vicende invereconde che evidenziano come la corruzione sia il vero corridoio che unisce Lisbona e Kiev; nonché, quando si parla di grandi opere, di come la disinformazione sia diffusa in tutta Europa ma che proprio in Italia sembra raggiungere il suo culmine. Ed infine la politica che ci ha cacciato in un buco nero dal quale ormai pare difficile uscire. A tal proposito De Benedetti, nella premessa alla nuova edizione di “Binario morto”, scrive degli italiani ormai “costretti a scegliere se stare con chi costruisce i  tunnel o con chi innalza i muri”. Viste le politiche mai rinnegate della sinistra magnacciona e renzianizzata, nonchè le intenzioni di chi, sovranista ex secessionista, è in predicato di governare l’Italia potremmo pure dire “con chi innalza i muri – e – costruisce i tunnel”.

Edizione esaminata e brevi note

Luca Rastello, (Torino 1961-2015). Ha lavorato e viaggiato nei Balcani, nell’America del Sud, nei posti più sperduti dell’Asia centrale, nel Caucaso. Ha assistito alla guerra nella ex Jugoslavia e ha salvato centinaia di persone aiutandole a fuggire e a ricollocarsi in Italia. Ha lavorato per il Gruppo Abele e ha diretto “Narcomafie”. Ha raccontato il teatro della guerra nei Balcani degli anni Novanta in “La guerra in casa” (Einaudi 1998), gli anni Settanta e il rapporto con il padre in “Piove all’insù” (Bollati Boringhieri 2006), il mondo del narcotraffico in “Io sono il mercato” (Chiarelettere 2009), il dramma dell’emigrazione in “La frontiera addosso” (Laterza 2010), i temi legati al Tav in “Binario morto” (Chiarelettere 2012, con Andrea De Benedetti), i guasti del terzo settore nel romanzo “I Buoni” (Chiarelettere 2014). La vita, l’impegno civile e le opere di Rastello sono stati raccontati, a due anni dalla scomparsa, nel documentario Un passo più in là, andato in onda su Rai Storia.

Andrea De Benedetti, è nato a Torino nel 1970. Laureato in Grammatica italiana, dal 1997 al 2006 ha insegnato Lingua italiana all’Università di Granada (Spagna) e nello stesso periodo ha cominciato a collaborare come corrispondente per diverse testate italiane («il manifesto», «Guerin Sportivo», «Tuttosport»). Dopo il rientro in Italia, ha insegnato nei corsi Ssis dell’Università di Torino, nei master in traduzione editoriale dell’agenzia formativa TuttoEuropa e nei corsi di Italiano L2 dell’Università di Pavia. Contemporaneamente ha allargato la sua rete di collaborazioni giornalistiche firmando inchieste, interviste e articoli di sport e costume per testate quali «GQ», «D la Repubblica delle Donne» e «Pubblico». Tra le sue pubblicazioni, L’informazione liofilizzata (Franco Cesati, 2004), Ogni bel gioco (Nerosubianco 2006) e Val più la pratica. Piccola grammatica immorale della lingua italiana (Laterza 2009). È coautore, con Mimmo Genga, di una grammatica italiana per le scuole superiori (E ora, l’italiano) pubblicata da Laterza (2011). Sempre per Laterza, ha tradotto gli ultimi due saggi di Fernando Savater: Storia della filosofia raccontata da Fernando Savater e Tauroetica. È presidente e socio cofondatore dell’associazione culturale Slow Foot. Prima del reportage di cui è frutto questo libro non si era mai occupato di Tav.

Luca Rastello, Andrea De Benedetti, “Binario morto. Alla scoperta del Corridoio 5 e dell’Alta velocità che non c’è”, Chiarelettere (collana “Tascabili”), Milano 2019, pp. 204.

Luca Menichetti. Lankenauta, dicembre 2019