Chissà se fra gli azzardi contemplati o tollerati in un’epoca di restrizioni quale quella attuale possa essere compreso quello di scrivere una recensione che non ha niente a che fare con il romanzo che abbiamo letto e del quale non ci abbiamo capito un bel niente tranne i ringraziamenti finali, la cosa più bella che incaselliamo nella cartella delle cose da portare perché la realtà è troppo sfuggente per meritare di essere compressa in un romanzo che ha come caratteristica quella di sfuggire sempre di mano, senza un briciolo di innocenza, figuriamoci di pietà, romanzo che perde in partenza la sfida con l’universale, che non riesce a star dietro al battito della vita, al fluire dei pensieri, attimi di luce e entusiasmo e subito dopo paranoia assassina, depressioni cosmiche senza soluzione di continuità, come i rigurgiti di una cena che ti è andata di traverso. Non ne parleremo più di quel romanzo, lo lasceremo cader di bocca con citazioni di rapporti con madri che non ci sono più, padri alla Portnoy, citando scrittori ebrei-americani che non abbiamo mai letto ma dei quali abbiamo sentito parlare un gran bene, facendo i leopardiani a giorni alterni come un qualsiasi studente universitario destinato al precariato letterario il quale magari fa il ghostwriter e passa i suoi giorni a leggere manoscritti nel bar di fronte all’università, cercando di far pace con se stessi, quarantenni o giù di lì chiamati a fare i conti con i propri fallimenti, con l’ansia di non sapere cosa sono ora che iniziano a realizzare essere troppo tardi per fare certe cose, per arrivare a quel successo anelato che non si è mai concretizzato in una sceneggiatura decente, troppo tardi per fare sesso con una ventenne senza apparire fuori luogo, troppo presto per farne altre, magari provare a educare figli che nel miglior dei casi ci ignorano anche a causa della recente separazione dalla moglie.
Lasceremo che a parlare di quel romanzo sia il romanzo stesso, perché lui stesso, con i suoi isterismi e capriole linguistiche è parodia della realtà che dovrebbe rappresentare, se mai un romanzo può avere una tale ambizione senza cadere nel grottesco di un’epopea del disincanto e del rammarico ai tempi del voyeurismo imperante della generazione YouTube, per la quale lo sfondo è quello di luoghi che il brutto ha eletto a suo tempio, dove la fanno da padrone gang criminali, dove tutti si nutrono del dolore altrui facendolo proprio come vampiri succhiandone per alimentarsi e progredire, nella quale le offese alla mascolinità ferita e ai progetti naufragati fanno pensare all’ego smisurato dei quarantenni, al fatto che questi pensino che tutto il mondo ce l’abbia con loro e che ognuno debba loro qualcosa, per risarcimento, magari con il soccorso di pillole sapienziali:
Ciò che è atteso non si avvera
Per ciò che non è atteso un dio trova la strada
Dovrebbe invece essere chiaro che anche la pretesa di un romanzo di rappresentare la realtà in un modo che non sia strappato, compulsivo, frattale, tessere di un puzzle da ricomporre che non vuole essere ricomposto, ma destinate a rimanere sparpagliate sul tappeto, è destinato al fallimento, l’ennesima controprova della grottesca e anti-tragica epoca nella quale viviamo dove gli stimoli sui nostri encefalogrammi piatti che la cosiddetta cultura pop e il bombardamento massmediologico ci infliggono continuamente hanno cambiato la nostra percezione della realtà e le nostre aspirazioni, che oggi al massimo grado di eroicità sono quelle o di partecipare a un reality o farne uno, salvo doversi accorgere che anche il tentativo di attualizzare una tragedia greca ai giorni nostri potrà solo dar vita a una farsa perché:
Non è che l’amore sparisce. È solo che non c’è più niente da amare, Medea ci lascia con l’amore per nessuno
Insomma, per questi motivi di quel romanzo di cui si sarebbe dovuta scrivere la recensione non sarà possibile scriverne anche a causa di una tastiera obsoleta che non batte più i tasti tanto da dover ritornare sulla frase che hai scritto decine di volte per correggerla, perché altrimenti viene fuori una sintassi tirata allo spasimo, la stessa del romanzo che si sarebbe dovuto recensire, non servendo allo scopo della recensione stessa alcuna citazione o riferimento al suo interno, alto o basso che sia, anche se tutto quello che è stato qui detto è contenuto in L’amore per nessuno di cui Fabrizio Patriarca è l’autore, Minimum Fax l’editore.
Edizione esaminata e brevi note
Fabrizio Patriarca è nato e vive a Roma. Ha pubblicato due saggi: Leopardi e l’invenzione della moda (Gaffi 2008, Premio Cardarelli per l’opera prima di critica letteraria) e Seminario Montale (Gaffi 2011), e due romanzi: Qualcosa abbiamo fatto (Gaffi 2001) e Tokyo Transit. (66thand2nd 2016). Lavora per West Egg Editing & Oltre.
Fabrizio Patriarca, L’amore per nessuno, minimum fax, 2019
simone bachechi, giugno 2020
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