Cagnati Inès

Génie la matta

Pubblicato il: 4 Marzo 2022

Ha scritto pochissimi libri Inès Cagnati. E non è detto che sia un male, soprattutto quando si vuole ottenere e raccontare l’essenziale. “Génie la matta“, uscito da poco per Adelphi, è il secondo romanzo della Cagnati, pubblicato in Francia nel 1976. Nell’intervista a Inès Cagnati di Laurence Paton, in coda al romanzo, si legge quella che, a mio avviso, è la ragione profonda che ha indotto la Cagnati a divenire scrittrice: “Con la mia testimonianza volevo rendere meno assurde certe vite fatte solo di miseria. Allora mi sono messa a scrivere, perché per me, se ho delle cose da dire, scrivere è più facile che parlare“. Due sole frasi in cui si concentra l’universo umano e artistico di una donna che ha scelto la scrittura come veicolo comunicativo primario. Si scrive, a volte, perché parlare diventa difficile, perché il suono svapora e svanisce mentre la scrittura è materica e silenziosa e permette libertà inimmaginabili.

Génie la chiamano matta ma, a dire il vero, matta non lo è mai stata. Génie è detta matta perché è diversa, perché è complicato capire, perché è più semplice etichettare e infliggere. Génie, che pure viene da una famiglia di un certo prestigio, vive ai margini, vive di niente in una casupola tra i salici. Si accontenta di quel poco che le danno per pulire case e stalle, per lavorare nei campi o accudire animali. Non parla granché, Génie. I suoi occhi “colore delle lacrime” guardano spesso verso il vuoto mentre il suo spirito dev’essere finito da un’altra parte. L’essere madre, per forza e dopo una violenza, l’ha tramutata in un corpo silente e piegato. La piccola che ha generato, Marie, la cerca, l’aspetta, la osserva e la segue fedelmente. È la voce di Marie che leggiamo, sono i suoi occhi di bimba misera e scacciata che ci consentono di entrare in un mondo di fatiche e stanchezza. Génie riserva a sua figlia qualche parola ogni tanto, l’allontana, la lascia indietro volutamente. Eppure l’amore di Marie per sua madre è incondizionato e assoluto.

Marie studia e si innamora di Pierre, un giovane aviatore che conosce per caso in una stazione. Lui vorrebbe portarla via, “sulla sabbia azzurra delle isole azzurre, dove cantano le casuarine“. Sogni che Marie non sa sognare. Per lei ci sono i ricordi dell’infanzia accanto a sua madre, a lavorare e sudare giorno dopo giorno, in un incessante precipitare negli stessi gesti, nello stesso posto. Le sventure dei “miserabili” sono repliche di momenti già visti, già vissuti, già subiti. C’è un infinito dolore tra queste pagine con un rimando perenne a se stesso, una vertigine a cui non si può sfuggire. La vita di campagna, che è quella che la stessa Inès Cagnati ha vissuto da piccola, accanto ai suoi genitori contadini, italiani e migranti, è descritta con dettagli che possono sconcertare o inorridire: l’uccisione di cuccioli, l’accoppiamento dei bovini, la nascita di un vitello, lo sgozzamento del maiale. La ferocia nitida e concreta di atti che non prevedono né pietismi né misericordie nel rispetto disumano di regole da sempre umane.

Le gioie sono poche e spesso destinate a infrangersi contro sventure più potenti. L’essere felici sembra non poter avere niente a che fare con la vita vera. Forse la felicità appartiene solo alla sfera dei desideri, delle cose appena immaginate. Lo scrivere della Cagnati sembra replicare ed evocare quanto racconta: frasi brevi, incisive, rigorose. Uno stile scarno eppure di un’immensa suggestione lirica. Parole che tornano e ritornano, come fossero enjambement diluiti e poi rilanciati: “Diceva: «Non ho avuto niente, io». Io dicevo: «Hai me». Ma lei continuava a piangere. Allora credevo che non mi volesse. Volevo amarla ogni minuto della mia vita perché mi volesse, la seguivo dappertutto. Lei diceva: «Non starmi tra i piedi». Ma io volevo amarla, starle sempre accanto“. L’amore di Marie non riesce a placare il pianto di Génie né a guarirne l’affronto, la colpa, la vergona, la verità, la solitudine, il destino. “Génie la matta” è un romanzo splendido, scritto in maniera magistrale da un’autrice che, spero, possa trovare altro spazio nel mondo editoriale italiano.

Edizione esaminata e brevi note

Inès Cagnati è nata a Monclar-d’Agénais, Lot-et-Garonne, il 21 febbraio del 1937. I suoi genitori erano braccianti agricoli italiani (il padre trevigiano e la madre vicentina) che si erano trasferiti in Francia per lavorare in campagna. Il suo primo libro, uscito nel 1973, quando Inès aveva 36 anni, si intitola “Le Jour de Congé” ed è dedicato alle sue quattro sorelle: Elsa, Gilda, Annie e Anabel. La lingua madre di Inès Cagnati era l’italiano, insegnatole dai genitori. Ha cominciato a imparare il francese solo dopo aver iniziato a frequentare la scuola elementare. L’infanzia, vissuta come periodo di isolamento e di difficoltà, è uno degli elementi narrativi che la Cagnati propone spesso nei suoi testi. Ha studiato Lettere ed è divenuta insegnante di scuola superiore nei primi anni Settanta, più o meno nello stesso periodo ha iniziato ad avvicinarsi alla scrittura. Nel 1976 è uscito il suo secondo romanzo “Génie la fou”, nel 1979 ha pubblicato “Mosé ou le Lézard qui pleurait”, nel 1980 “Galla ou Le Jour de Congé” e nel 1989 ” Les pipistrelles: Nouvelles”. Inès Cagnati è morta il 9 ottobre 2007 a Orsay.

Inès Cagnati, “Génie la matta“, Adelphi, Milano, 2022. Traduzione di Ena Marchi. Titolo originale “Génie la folle” (1976).

Pagine Internet su Inès Cagnati: Wikipedia / Intervista (The Paris Review)