Dezio Francesco

La meccanica del divano

Pubblicato il: 14 Maggio 2022

“Hai ragione amò” gli dissi. “Senti, e libreria?”. “Scusa ma a che serve la libreria, mi fa, nessuno di noi due legge”. “Sì ma la parete va riempita con qualcosa, mettiamo dei quadri, appendiamo delle piante, che ne so!”. “Ok vada per la libreria!”, mi fa” (pp.198). Questo breve dialogo, indizio di una terrificante ignoranza, rivela con chiarezza una delle tante situazioni, quelle raccontate ne “La meccanica del divano” di Francesco Dezio, dove, continuamente intrecciati, il comico, il dramma – diciamo pure il grottesco – la fanno da padrone. L’intrecciarsi poi di italiano e dialetto pugliese, nonché di gergo aziendale e dei social, diventano elementi peculiari di un romanzo che, con una buona dose di cinismo e provocazione, racconta drammi del tutto contemporanei, in contesti a dir poco tristi: “Infernominore […] è un paesone che ha i difetti della grande città (urbanicamente concepita acazzodicane, a colpi di speculazione edilizia, stratificatasi negli anni, amministrazione dopo amministrazione, il traffico si concentra sugli stessi assi viari sovraccarichi […] non sanno che cazzo fare assieme ad altri come loro, tutti fanno lo stesso, l’arte dei pazzi, non sanno che Cristo fare quando arriva il sabato maledetto” (pag.56).

Provocazione sia nel mettere in scena situazioni di grande comicità che nascono regolarmente da tragedie annunciate; ed anche nella rappresentazione di nuovi personaggi visto che, ad interloquire regolarmente con i protagonisti in carne e ossa troviamo il “mercato”, il coro della stampa, quella avversa e quella asservita, degli influencer, dei prototipisti, dei “capallegra”, della “vammana”, della rivista di tendenza, di C.E.O. ovvero degli amministratori delegati. Qualcosa che assomiglia alla struttura di una tragedia greca e che della tragedia conserva l’epilogo non propriamente felice riservato a gran parte dei protagonisti, per lo più sottomessi ad un sistema di ambizioni, di lavoro e di vita che presto se li divorerà. Come si intuisce “La meccanica del divano” è ascrivibile alla cosiddetta letteratura del lavoro; ma a differenza di quanto appare nelle opere di grandi autori del passato, come Ottieri o Volponi, in questo caso troviamo meno aspetti romanzeschi, semmai maggiore aderenza a quello che è stato denominato romanzo-saggio, nel quale di pagina in pagina, seppur con molto sarcasmo e con l’idea di valorizzare situazioni deliranti, si fanno strada i meccanismi, la filosofia, la logica, gli obiettivi del tutto plausibili, reali di gran parte della nostra imprenditoria.

Non è un caso che l’uomo nuovo, il boss dei divani, che ha iniziato la sua sfolgorante carriera imprenditoriale perseguendo prima lo sfruttamento dei sottoposti e poi la delocalizzazione, modello ideale per i due operai protagonisti del romanzo, sia Natalino Manucci patron di Seduti & Seduti, che, anche nel nome, richiama il Pasquale Natuzzi creatore di Divani&Divani.

Nuccio Forleo e Michele Prisco riescono a farsi assumere da Manucci, che hanno subito individuato come loro modello di vita, ed evitando di sindacalizzarsi, presto si propongono di diventare contoterzisti per poi, una volta appresa la lezione di un lavoro senza regole, mettersi in proprio. L’ascesa sociale dei due ignorantoni, in un contesto nel quale le competenze del passato non esistono più, in cui soprattutto il sistema economico neoliberista ha sostituito la presenza sindacale, ormai evaporata, con gli influencer in ogni dove, sarà veloce; ma altrettanto veloce sarà la loro rovina. Una fine dettata non soltanto da vicende private – per Nuccio aver sposato la tettona Myriam tanto “sfacciatedda”  e “rebosciata” che poi diventerà attrice hard; per Michele i suoi tradimenti e le sue truffe – quanto proprio a causa del sistema capitalistico e consumistico, in balia di un Mercato che di fatto vuol dire prevalenza assoluta della finanza e della globalizzazione. La storia di una lunga e generale parabola che, dopo tanto penare, lascerà in piedi soltanto Manucci, seppur pesantemente colpito dalla finanziarizzazione del sistema, e Myriam oramai pienamente a suo agio nel suo ruolo di pornostar.

In sostanza un aspetto apprezzabile del romanzo è proprio l’aver messo nero su bianco, soprattutto per bocca dei coreuti, tutta la retorica e l’ipocrisia della nostra società, descrivendo di decennio in decennio l’evoluzione (o l’involuzione) del nostro sistema imprenditoriale e lavorativo. Tipo il coro dei C.E.O.: “Siamo pronti a trasferire nei Paesi in via di Sviluppo investimenti, posti di lavoro e infrastrutture e, in cambio, loro di gratificheranno con carne fresca smanettante che ci renderà nuovamente più competitivi in questa gara contro noi stessi. Conviene a noi, conviene a tutti. È l’età dell’oro rinnovata e la parola d’ordine è melting pot” (pp.176). Quello degli spin doctor: “Non è più tempo, siamo alle prese con la modernità liquida; la nuova frontiera è il retail […] Il noto gigante svedese le ha pensate tutte, ha unito mefistofelicamente l’utile al dilettevole: sfruttando la moda del bricolage è riuscita ad accollare al cliente spese di montaggio e trasporto, rendendolo (inconsapevolmente) partecipe del processo produttivo” (pp.183). Ed ancora i C.E.O: “La prima è che vanno effettuati tagli al personale (Lui, per preparare il campo nei confronti dell’opinione pubblica l’ha definita L’era delle restrizioni della cinghia) e la seconda è che bisogna internazionalizzare di più e meglio che si può […] Cioè fare quello che stavamo facendo prima, solo che usare il termine squallido delocalizzare lo sostituiamo con quest’altro, più neutro e all’insegna del multiculturalismo?” (pp.211).

Tutti questi “cori” per rendere la realtà della “meccanica del divano” ancor più straniante; e così per costruire al meglio un racconto che, sbeffeggiando a più non posso, racconta grandi disillusioni in un mondo privo di etica.

Edizione esaminata e brevi note

Francesco Dezio  è nato ad Altamura nel 1970 e ha esordito nel 1998 con un racconto pubblicato nell’antologia “Sporco al sole. Narratori del sud estremo” (Besa). Nel 2004 ha pubblicato con Feltrinelli il romanzo “Nicola Rubino è entrato in fabbrica”, opera che inaugura la stagione della cosiddetta ‘letteratura precaria’. Alcuni suoi racconti sono apparsi in antologie e su quotidiani e riviste. Nel 2008 è stato ospite di cinque puntate della trasmissione Fahrenheit su Rai radio 3.
Ha collaborato con «l’Unità», «la Repubblica-Bari», il «Corriere del Mezzogiorno» e condotto laboratori di lettura e scrittura creativa per le scuole. Tra un periodo di disoccupazione e l’altro, lavora come disegnatore meccanico e grafico. Nel 2014 per la casa editrice Stilo pubblica “Qualcuno è uscito vivo dagli anni Ottanta”.

Francesco Dezio, “La meccanica del divano”, Ensemble (collana “Soltizio”), Roma 2021, pp. 288.

Luca Menichetti. Lankenauta, maggio 2021