Appetito Andrea

I Figli della Notte

Pubblicato il: 28 Febbraio 2025

Probabilmente parlare di “fil rouge” tra il nuovo romanzo di Andrea Appetito “I Figli della Notte” e le precedenti opere “Tomas” e “Vietato calpestare le rovine, potrebbe apparire eccessivo; ma indubbiamente, al di là della consueta prosa elegante, ritroviamo atmosfere e contenuti cari all’autore, nonché – è il caso di dirlo – ai suoi lettori.

La vicenda distopica della comunità di bambini e ragazzini, fuggiti dalla grande Città, simbolo di coercizione e schiavitù, infatti si alimenta di convincenti contrapposizioni: non soltanto le due voci narranti, ovvero la ragazzina senza nome e il Comandante della Nave, ma anche la vita semplice dei giovanissimi emarginati che si inventano pirati, rispetto quella comunque oppressa e senza speranza degli oppressori che abitano la Nave; nonché l’incompatibilità tra percezioni soggettive totalmente diverse, come leggiamo nelle parole del diario del Comandante: “Su ogni barca d’era una decina di pirati che urlavano e scalpitavano prima dell’arrembaggio […] Ogni estate mettono in scena il loro pezzo forte: l’arrembaggio senza speranza […] Non capisco tanto spreco di energie. Potrebbero godersi la terraferma in pace ma credo sia destino di tutti gli uomini, da quando sono bambini, inventarsi una missione per dare un senso alla vita” (p.45). Un “senso alla vita”, quello dei tanti ragazzini letteralmente in fuga dalla criminalità della metropoli, che cogliamo fin dalle prime pagine: “La Nave era il nostro nemico, un carcere galleggiante difeso da centinaia di guardiani ben armati e addestrati, con una torre di poppa altissima, illuminata notte e giorno da una luce intermittente. Nella stiva della Nave era recluso mio padre. Da anni si trovava in una cella di sicurezza lontano dalla terraferma. Nessuno ricordava quale crimine avesse commesso ma di certo doveva essere terribile se per lui la Città aveva costruito la Nave” (p.9).

Un padre mai visto e forse inesistente, almeno quello presumibilmente segregato nella Nave, ma pur sempre frutto di una convinzione tale da dare un senso ad una vita altrimenti destinata ad essere del tutto sconvolta da una società oscura, dominata da autentici criminali.

Una convinzione e uno scopo che rappresenta la possibilità di vivere davvero in un’autentica comunità fatta di affetti e inossidabili solidarietà. Tutto l’opposto di quanto accade dentro la prigione galleggiante dove il “comandante”, che si abbevera di propranololo, che vive in una condizione disperante, in mezzo a colleghi pronti a fargli la pelle, diventa strumento e soprattutto vittima di un sistema sempre più cinico: “- Vuol dire che sono una cavia, dottore? – In un certo senso sì, ma una cavia privilegiata” (p.30).

Il lettore, di pagina in pagina, scoprirà che fare da cavia, seppur privilegiata, porterà guai sempre più devastanti sia per il comandante sia per i suoi sottoposti; mentre le cose andranno molto diversamente per i piccoli e valorosi pirati, fino all’ultimo illusi che le loro spericolate incursioni fossero state determinanti per abbattere quello che appare, a tutti gli effetti, un carcere galleggiante sia per i detenuti sia per i guardiani. Illusione che diventa qualcosa di più: “Dobbiamo credere alle storie migliori, diceva Leila. E quali sono le storie migliori? Le storie di coraggio e di unità, le storie di giustizia. Se noi crediamo, loro crescono e diventano grandi e allora niente può fermarle. Nemmeno la morte? Nemmeno la morte” (p.123).

“I figli della Notte” ci racconta in tutta evidenza una società distopica, con tutto il suo carico di metafore e di disastri ambientali (“all’orizzonte si irradiava la Città, un enorme fungo di luce simile a un’esplosione atomica che brucia la terra e divora il buio attorno”p. 94) senza perdersi però in eccessivi approfondimenti sulle reali origini dei personaggi e sul contesto politico e sociale: molto, moltissimo sia del “comandante” sia dei “figli” rimarrà taciuto; quel tanto da creare un’atmosfera ancor più ambigua e quindi più avvincente. Oltre che romanzo distopico potremmo definirlo, in virtù soprattutto del finale, un romanzo di formazione; oppure un romanzo di avventura. Potremmo definirlo anche in molti altri modi; e forse proprio questo rappresenta uno degli aspetti più apprezzabili dei “Figli della Notte”.

Edizione esaminata e brevi note

Andrea Appetito, (Roma, 1971) ha pubblicato Cluster Bomb (Altrastampa edizioni, 2002) e partecipato a un’antologia di racconti sulla città di Roma intitolata Allupa allupa (DeriveApprodi, 2006). Ha scritto L’eredità, un testo teatrale tradotto in portoghese e messo in scena nel 2006 a Rio de Janeiro. Ha realizzato, insieme a Christian Carmosino, alcuni cortometraggi e il film-documentario L’ora d’amore (2008). È autore del romanzo Tomàs (Effigie, 2017) e della raccolta di racconti Vietato calpestare le rovine (Effigie, 2019).

Andrea Appetito, “I Figli della Notte”, Lamantica Edizioni, Brescia 2024, pp. 267

Luca Menichetti. Lankenauta febbraio 2025