
Il termine “apologia” può significare molte cose: accanto al più frequentato “esaltazione” e “panegirico”, dovremmo sempre ricordare il suo significato originario, dal greco ἀπολογία, ovvero “discorso di autodifesa pronunciato dal condannato”. Il “condannato” nel caso del breve saggio di Carlos García Gual è appunto il romanzo storico che avrebbe “una reputazione notoriamente negativa sia tra i critici letterari che tra gli storici. Entrambi tendono a rimproveragli di essere un genere bastardo” (p.11). La convincente difesa di Gual si basa sul fatto indiscutibile che se il romanzo storico è finzione, questa può essere plausibile e soprattutto “può offrire un’interpretazione più viva degli eventi rispetto alla storiografia”. In altri termini lo storico assumerebbe “la posizione di testimone e di critico imparziale, di osservatore onnisciente, mentre il romanziere più soggettivo, gode di grande libertà nel dare la parola a un personaggio o a un altro” (p.18). Ovviamente queste considerazioni forse anche in virtù della brevità del saggio, non approfondiscono i tanti problemi della storiografia contemporanea – o forse di ogni tempo – in cui abbondano studiosi che interpretano i fatti, o ancor peggio soltanto alcuni, prospettando delle tesi preconfezionate. Ricostruendo come fanno i romanzieri piuttosto che tentare di proporre un quadro davvero realistico di quanto accaduto nel passato.
Gual, in questo senso, ribadisce come il romanziere possa “dare voce ai vinti e agli emarginati per fornire un’altra versione dei fatti storici”. Mentre lo storico, magari forte della sua presunzione accademica e condizionato dalla documentazione in suo possesso – ripetiamolo: sempre che sia ben selezionata – potrebbe tralasciare “i personaggi già dimenticati dai documenti stessi e dai monumenti”.
“Breve apologia del romanzo storico” risulta apprezzabile perché nell’economia di poco più di trenta pagine, non si limita ad un excursus sulle vicende del romanzo storico propriamente o impropriamente detto – dalle “Avventure di Cherea e Calliroe”, passando da Walter Scott, per giungere infine ai moderni e ai loro sottogeneri – ma riesce comunque a rilevare diversi aspetti studiati anche in termini di sociologia. Viene infatti rilevato più volte come nel secolo scorso i lettori amassero leggere la storia e soprattutto avessero una conoscenza di base più ampia rispetto quelli odierni. In altri termini, complici i bestseller seriali, il romanzo storico conferma la sua vocazione popolare, col rischio sempre presente di trame ripetitive. Tant’è, pur in presenza di “una piccolissima percentuale di queste storie” che offra davvero “aspetti inediti e di reale interesse letterario”, Gual afferma come “la narrativa nata all’ombra della storia” sia “ancora un prodotto bastardo o meticcio di una certa innegabile ambiguità, ma di intensa vitalità letteraria” (pp.27).
In sostanza, ai nostri giorni, il romanzo cosiddetto storico, più distante dal realismo più ingenuo, proprio quello preferito da György Lukács, avrebbe acquistato caratteri di una maggiore ironia: “Non è ovviamente schiavo della storia, ma cammina al suo fianco, animato da una Musa più frivola […] indaga il passato, a modo suo, e ce lo presente con singolare astuzia, ma non manca di vivace simpatia, acutezza critica o veridicità” (pp.29).
Un genere letterario, come sottolinea Patrizia Debicke van der Noot nell’introduzione”, in cui, godendo di un sempre maggiore interesse e impegno da parte degli scrittori, “il passato può non rappresentare più un modello, ma un sogno, una specie di rifugio per sfuggire al presente e offrire spazio ai dimenticati, agli sconfitti” (p.7).
Edizione esaminata e brevi note
Carlos García Gual (Palma di Maiorca, 1943) è professore emerito di Filologia greca dell’Università Complutense di Madrid e specialista di antichità classica, mitologia, filosofia e letteratura. Insignito due volte del Premio nazionale di traduzione, ha pubblicato numerosi libri e collabora con diversi media. È membro della Real Academia Española.
Carlos García Gual, “Breve apologia del romanzo storico”, Graphe.it edizioni (collana “Parva”), Perugia 2025, pp. 44. Prefazione di Patrizia Debicke van der Noot. Traduzione di Roberto Russo
Luca Menichetti. Lankenauta marzo 2025
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