
“Ci hanno detto e ripetuto a gran voce che non tutto è come appare, che la semplificazione mente, omette, abbindola. Ciò nonostante la seducente semplicità del pensiero binario rischia ancora oggi, come sempre, di vincere la partita. Non siamo mai zero a zero, la semplificazione è sempre in vantaggio. E’ un pensiero infantile che pretende di sapere subito chi è buono e chi è il cattivo, non tollera l’ambiguità di figure articolate e verosimili” (p.13). Queste solo alcune delle riflessioni di Simona Ruffino contenuto nel suo ultimo saggio “Non è tutto come appare. Contro la cultura della manipolazione”. Manipolazione che, complice la pervasiva superficialità dei nostri tempi, viene raccontata, grazie a nozioni neuroscientifiche, sotto diversi punti di vista: prendendo spunto sia da episodi di vita personale, sia soprattutto da innumerevoli fatti di cronaca politica, possiamo leggere come nascono i condizionamenti in ambito appunto politico, giornalistico, sociale. Condizionamenti che, in tutta evidenza, hanno a che fare con meccanismi cognitivo-emozionali, tali “da orientare il consenso e limitare la libertà di pensiero delle masse”.
Quindi, oltre alla semplificazione manichea, ormai purtroppo pane quotidiano di tanti pseudo intellettuali, vengono affrontati anche molti altri aspetti che contribuiscono alla perdita della capacità critica. Ad esempio, vivendo nell’era dell’iperspecializzazione, diventa quasi scontato perdere “lo sguardo che coglie il tutto” e, non comprendendo che la realtà non è binaria, così si evita di accettare la sfida della complessità. Pensiero binario che risulta indubbiamente molto seducente per tutti; soprattutto rassicurante. In estrema sintesi: “se il cervello è sprovvisto degli strumenti culturali necessari a contrastare questa sua innata propensione, si avvera quella condizione per cui i bias cognitivi, errori sistemici del pensiero, riescono a intromettersi pervasivamente e a vincere sul ragionamento” (p.19).
Peraltro Simona Ruffino, non si limita a raccontarci la semplificazione nei suoi meccanismi neuroscientifici, ma fortunatamente nel suo libro analizza, e quindi critica proprio dal lato della manipolazione, detti e contraddetti di noti personaggi che dovrebbero essere facilmente individuabili: “provo a essere più chiara: nel nostro Paese si può essere stati un illuminato e ambizioso imprenditore che, in un momento di grave esposizione bancaria, decide di scendere in campo (in politica) per preservare la sua posizione giudiziaria personale. Si può essere stati indagati e condannati per un folto numero di capi di imputazione, essere un esempio di malaffare e cattiva politica […] morire, e ottenere l’intitolazione di uno degli aeroporti italiani più importanti” (p.63).
Da qui alla successiva considerazione, del tutto condivisibile, il passo è breve: “Uno degli aspetti più inquietanti della nostra epoca è la perfetta coincidenza tra i popolo profondo e la classe dirigente […] Servo e padrone si assomigliano. Oggi il criterio è mutato radicalmente: non cerchiamo più l’eccezionalità ma l’affinità. Vogliamo leader che ci assomiglino, che ci restituiscano la sensazione rassicurante di un rispecchiamento” (p.80).
Rassicurazione che tutti noi possiamo trovare nel cosiddetto “bias di conferma”: “la psiche si concentra solo sugli elementi che giustificano il nostro stato d’animo, ignorando le informazioni che potrebbero smentirlo ridimensionarlo” (p.94). O per dirla in altro modo: “ognuno di noi crede di essere a posto così, di avere in tasca la chiavi necessarie di comprendere e commentare ogni cosa. Il punto è che l’attendibilità e il valore della nostra opinione è direttamente proporzionale agli strumenti cognitivi che possediamo” (p.96).
In questo senso, nel capitolo “Le forma magiche della politica”, non risulta affatto superfluo l’ennesimo monito riguardo il fenomeno, oramai pervasivo ovunque, della post-verità, in cui la crescente indifferenza verso la verità sta erodendo la nostra capacità di distinguere tra fatti e opinioni. Distinzione tra fatti e opinioni messa a dura prova, come giustamente ci ricorda Simona Ruffino, anche e soprattutto dagli algoritmi del social media che “amplificano la fluidità cognitiva offrendo un flusso ininterrotto di contenuti che scorrono senza attriti, inducendo reazioni rapide e riducendo la capacità critica” (p.121).
La terza e ultima parte del saggio è intitolata “Le parole necessarie nel mondo complesso”, in cui l’autrice tenta di recuperare l’autentico significato di parole che, di questi tempi, sono state oggetto di semplificazione oppure, peggio ancora, di capovolgimento di senso. Come la parola attualissima di “pacifista”, che secondo la Ruffino, oggi porterebbe con sé “un qualche scherno, una sfumatura di buonismo nella sua accezione negativa. I buoni sono diventati buonisti, perché essere buoni significa essere deboli, e i deboli sono quelli che non sanno rispondere al conflitto, lo evitano. Nel 2024 se sei pacifista sei per la resa di qualcuno e non contro la belligeranza” (p.145). Affermazioni che non piaceranno ai lettori che votano Calenda, ma ce ne faremo una ragione.
Al di là di tutte le polemicucce che potrebbero scaturire da qualche capitolo o, per meglio dire, da qualche lettore manipolato – pensiamo soltanto alla trattazione sulle porcherie mediatiche, e non solo mediatiche, di Trump e Musk – è opportuno riaffermare come non sia affatto un libro con intenti di bassa politica. Semmai è l’esatto opposto. Come giustamente scrive Paolo di Paolo nell’introduzione, le pagine di Simona Ruffino rappresentano “una confortante fiducia utopisticamente lucida nelle possibilità del cambiamento individuale e collettivo”.
NOTA A MARGINE
A volte si scrivono le recensioni, non soltanto per segnalare un libro che è ci piaciuto, ma come pretesto per esprimere quello che si pensa. Questa volta, con la recensione del libro di Simona Ruffini “Non è tutto come appare. Contro la cultura della manipolazione”, il pretesto è chiarissimo. Pretesto e occasione, come si suol dire, per togliersi qualche sassolino dalle scarpe.
Chi mi conosce sa benissimo quali sono i miei valori. Non intendo le mie idee perché, come scrisse un celebre giornalista “I principi restano e le idee invece cambiano con gli uomini cui vengono date in appalto. […] Ma sul piano delle idee, sono state proprio l’onestà, la sincerità e il coraggio che mi hanno costretto a cambiarle ogni volta che mi sono trovato di fronte all’evidenza del loro o del mio inganno” (cit.). Faccio un esempio. Il fatto di essere stato tacciato di “putiniano” per il solo fatto di aver criticato la conduzione della guerra in Ucraina da parte degli occidentali e per aver espresso certe mie (e di molti altri) considerazioni e dubbi sui motivi che hanno o potrebbero aver scatenato la furia di Putin, mi ha un tantino irritato. Giusto un po’. Epiteto di “putiniano” dispensato a destra e a manca – udite udite – da parte di chi fino a ieri era in estasi di fronte all’autocrate russo, oppure da chi crede di informarsi e di sapere tutto sul mondo contemporaneo limitandosi a leggere i titoli dei suoi giornali preferiti. Per chi non lo sapesse si chiama “bias di conferma”. Ma in fondo in fondo, molto in fondo, non sono mai troppo aggressivo e quindi, piuttosto che mandare tutti affanculo, vi invito a leggere il libro di Simona Ruffini. Vai mai a sapere se qualcuno, in un improvviso momento di onestà intellettuale, inizi a farsi venire qualche dubbio sullo stato dell’informazione contemporanea. L’ideale sarebbe che qualcuno iniziasse pure a vergognarsi; ma mi rendo conto è chiedere troppo
Edizione esaminata e brevi note
Simona Ruffino, umanista, brand strategist e neurobrand specialist, ha vinto il Premio Eccellenza Italiana per la Comunicazione nel 2015. Tra le voci più autorevoli nell’ambito della comunicazione etica, è speaker ai più grandi eventi di settore, tra cui il Festival della Scienza e Tecnologia di Mantova, Pordenone Pensa, We Make Future, Smau, Marketers. Divulgatrice e infuencer sui temi delle neuroscienze applicate al marketing e alla comunicazione, è promotrice del Capitalismo Umanistico e del Diritto all’imperfezione.
Simona Ruffino, “Non tutto è come appare. Contro la cultura della manipolazione”, Apogeo (collana Apogeo Saggi), Milano 2025, pp. 224. Prefazione di Paolo di Paolo.
Luca Menichetti. Lankenauta aprile 2025
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