Foa Anna

Il suicidio di Israele

Pubblicato il: 25 Maggio 2025

Viviamo in una società in cui, probabilmente complice una carenza cronica di onestà intellettuale, dimentichiamo che a fronte di problemi complessi non esistono affatto soluzioni che non siano altrettanto complesse; e che raccontare la storia contemporanea con fare manicheo sia semplicemente stupido. Ce lo ricorda Anna Foa nel suo “Il suicidio di Israele”: “Troppe sono le voci, da una parte e dall’altra, che si levano a difendere Hamas o a difendere la politica di Netanyahu senza realmente conoscere la storia precedente, senza riflettere sul valore delle parole” (p.10). Proprio sull’analisi della storia dell’area mediorientale nonché di parole, per lo più abusate, come antisemitismo e antisionismo, si incentra il breve ma estremamente coerente saggio di Anna Foa.

Si fa un gran parlare, soprattutto da parte dei media mainstream, di antisemitismo ogni qual volta di fronte ai crimini di Netanyahu e dei suoi scherani viene usata, probabilmente anche a sproposito, la parola antisionismo. Non è un caso che il primo capitolo del libro sia dedicato al cosiddetto “sionismo” e alla sua involuzione: “Al tempo di oggi, in cui il termini sionismo è associato sempre più da vicino a quello di colonialismo, occorre analizzare da vicino l’ideologia sionista e le sue trasformazioni dalla seconda metà dell’Ottocento alla nascita dello Stato di Israele, il rapporto con la diaspora, i nessi con l’espansione coloniale europea, e quelli con la distruzione nazista degli ebrei d’Europa” (p.13). La verità, come il lettore potrà scoprire, è che sarebbe opportuno parlare “non di sionismo ma di sionismi”. Tanto più ai giorni nostri in cui la politica del criminale Netanyahu, è stata giustamente definita una sorta di “suprematismo ebraico”.

Sionismi che rendono la lettura della storia di Israele tutt’altro che lineare, come invece vorrebbero i militanti di ogni parte politica. Citiamo pari pari dalla quarta di copertina: “Da un lato, infatti, abbiamo l’involuzione del sionismo, o meglio dei sionismi: da quello originario della fine del XIX secolo, passando per quello liberale e favorevole alla pace con gli arabi, fino alla crescita del movimento oltranzista dei coloni e all’assassinio di Rabin. Dall’altro, il resto del mondo ebraico – la diaspora americana e quella europea – si confronta oggi con un crescente antisemitismo che, contrariamente alla propaganda di Netanyahu, non è la stessa cosa dell’antisionismo, ma che certo dalle vicende della guerra di Gaza trae spunto e alimento”.

Linearità che non esiste nemmeno all’interno del popolo israeliano, sia quello di oggi, sia quello di ieri. Anna Foa, sulla base di un’analisi stringente dei fatti storici, insiste come il popolo israeliano sia stato più volte profondamente diviso. Viene ricordato il massacro nel 1956, allo scoppio della campagna del Sinai, a Kfar Kassem di 49 abitanti del villaggio che nemmeno erano a conoscenza della guerra: “Dopo un tentativo di censurare l’accaduto, lo scandalo scoppiò. L’episodio fu paragonato dalla stampa ai crimini nazisti: ‘Diventeremo come i nazisti’, si scrisse, mentre si deplorava ‘la bestia nazista che si è risvegliata dentro di noi’. Ben Gurion ne riferì alla Knesset che tenne un minuto di silenzio” (p.37).

Oppure il filosofo Yeshayahu Leibowitz, ebreo ortodosso, che sostenne come l’occupazione dei territori conquistati da Israele “avrebbe avvelenato l’animo degli israeliani trasformandoli in giudeo-nazisti” (p.41). Al di là dell’esagerazione ma soprattutto della generalizzazione, va rilevato come queste parole vengano da personaggi che “certo non possono essere accusati di antisemitismo” semmai “preoccupati in primo luogo dei principi morali degli ebrei” (p.41).

Ormai – Anna Foa lo scrive esplicitamente – si va sempre più verso un’identificazione tra antisemitismo e antisionismo. Del resto è sotto gli occhi di tutti come ogni volta ci si azzarda anche soltanto criticare la politica del governo israeliano – figuriamoci poi opporsi ai massacri dei civili di Gaza – si venga tacciati di antisemitismo.

Antisemitismo declinato insieme al cosiddetto sionismo che rappresenta l’argomento principale dell’ultima parte del saggio, intitolato appunto “Il suicidio di Israele”. Suicidio guidato dal governo israeliano e incentivato dalla trasformazione dello stato in un paese autoritario, contro cui ancora molti israeliani lottano con tutte le loro forze ma “senza nessun aiuto, o quasi, da parte degli ebrei della diaspora”. Peraltro Anna Foa in una recente intervista, a riguardo, è stata molto trasparente: “Sì, la diaspora europea, e quella italiana in modo particolare, preferisce tacere e sostenere Israele nel bene e nel male”.

Suicidio che non riguarda soltanto Israele ma in tutta evidenza anche il resto del mondo ebraico: “Come respingere l’assimilazione fra israeliani ed ebrei quando nella diaspora le voci contro Netanyahu sono flebili e accusate troppo spesso di antisemitismo?” (p.82).

Si potrebbe rispondere ovviamente con una buona dose di buon senso, però tutt’ora siamo in presenza di due definizioni opposte di antisemitismo. Da un lato quella redatta nel 2016 dall’International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA) e “adottata da 43 Stati, Italia compresa, che pone un legame stretto tra antisionismo e antisemitismo. L’altra è quella di Gerusalemme, nel 2021, opera essenzialmente di ambienti accademici israeliani e americani preoccupati delle conseguenze che la definizione avrebbe avuto sul piano della delegittimazione delle critiche ad Israele come antisemite. Il documento di Gerusalemme definisce l’antisemitismo come la discriminazione, il pregiudizio, l’ostilità o la violenza contro gli ebrei in quanto ebrei (o le istituzioni ebraiche in quanto ebraiche)” (p.82).

Il buon senso necessariamente prende corpo nell’epilogo del libro quando si afferma come il suicidio di Israele si perpetuerà fin tanto non sarà abbandonato il suprematismo di Netanyahu, col suo uso cinico della Shoa, così da intraprendere una politica attenta ai diritti dei palestinesi (Non saranno le armi a sconfiggere Hamas, ma la politica”). Buon senso che, a quanto a pare, è totalmente ignorato da tanti, troppi nostri presunti, molto presunti, difensori della cultura occidentale.

Edizione esaminata e brevi note

Anna Foa, ha insegnato Storia moderna all’Università di Roma La Sapienza. Si è occupata di storia della cultura nella prima età moderna, di storia della mentalità, di storia degli ebrei. Tra le sue pubblicazioni: Ateismo e magia; Giordano Bruno; Eretici. Storie di streghe, ebrei e convertiti; Andare per ghetti e giudecche; Cicerone o il Regno della parola (con V. Pavoncello); Andare per i luoghi di confino. Per Laterza è autrice, tra l’altro, di: Ebrei in Europa. Dalla Peste Nera all’emancipazione XIV-XIX secolo; Diaspora. Storia degli ebrei nel Novecento; Portico d’Ottavia 13. Una casa del ghetto nel lungo inverno del ’43; La famiglia F.;Il suicidio di Israele..

Anna Foa, “Il suicidio di Israele”, Editori Laterza (collana I Robinson/Letture), Roma 2024, pp. 104.

Luca Menichetti. Lankenauta maggio 2025