Monego Marina

Cuba, Cuba, Cuba! un viaggio – parte 1

Pubblicato il: 14 Maggio 2016

Questo è il reportage di un viaggio a Cuba compiuto dal 14 al 28 aprile 2016, un viaggio organizzato, da turisti e non ha la pretesa di dare un quadro esauriente della vita nell’isola. Sono osservazioni sparse, lungo un itinerario che va da L’Avana a Santiago de Cuba e poi alla spiaggia di Guardalavaca.

Per approfondimenti e studi rinvio ai libri di Gordiano Lupi, che Cuba la conosce bene e dall’interno.

Prima di tutto due parole sull’isola di Cuba:

Cuba appartiene all’arcipelago delle Grandi Antille, è la più grande isola dei Caraibi e si trova tra il mar delle Antille e l’Oceano Atlantico. Comprende l’isola principale e qualche migliaio di cayos (isole), scogli e atolli che formano cinque arcipelaghi principali.

Abitata originariamente da indigeni, Cuba fu scoperta da Colombo nel 1492, che la chiamò Juana in onore del principe Juan di Spagna.

Dapprima gli europei si disinteressarono a Cuba, più attratti da Hispaniola, cosicché la colonizzazione incominciò nel 1510 sotto il comando di Don Diego Velásquez de Cuéllar, vecchio compagno di Colombo. L’isola fu ribattezzata Fernandina.

Velásquez fondò in rapida successione diverse colonie: Baracoa, Bayamo, L’Avana, Sancti Spiritus e Trinidad, Camaguey e Santiago.

La storia di Cuba è scandita prima dalle guerre d’indipendenza dagli Spagnoli e poi dalla liberazione da Fulgencio Batista, dittatore filoamericano, che verrà rovesciato da Castro e dai suoi.

IL VIAGGIO

È l’alba a Fiumicino. Oggi si parte per L’Avana. La navetta dell’hotel in cui abbiamo pernottato ci lascia al Terminal 3, luogo di ritrovo dei partecipanti a questo tour di Cuba che ci porterà da L’Avana a Santiago e poi, dal 24 al 28 aprile, in spiaggia in località Guardalavaca, sulla costa atlantica dell’isola.

Parto già indolenzita e un po’ raffreddata, ma confido nell’aria calda dei Tropici. Conosciamo subito il capogruppo, Pino, un signore alto e dall’aria tranquillizzante. I nostri compagni di viaggio hanno in genere qualche anno più di noi e sembrano tutte persone tranquille, scopriremo, a differenza di quanto pensavamo, che non sono tutti romani, ci sono tre signore piemontesi e una signora che vive in parte a Varese e in parte a Roma. Quando sentono che veniamo da Venezia piovono parole d’ammirazione per la nostra città, che in molti hanno già visitato.

L’aeroporto di Fiumicino è un grande freezer a causa dell’aria condizionata sparata a tutta forza, attendo il momento dell’imbarco con addosso un maglione di cotone e un pile da inverno, più uno scialle di lana fatto da me.

Inizio a incamerare un freddo che mi accompagnerà per giorni.

Finalmente viene il momento di salire sull’aereo, è un Boeing della compagnia Blue Panorama, italiana, che ha praticamente il monopolio dei collegamenti tra Roma e Cuba. So che è commissariata e mi auguro che esista ancora quando sarà il momento di ritornare.

Lasciare la mia terra mi costa uno sforzo notevole, io sarei un’edera, ogni allontanamento dal mio territorio mi risulta faticoso e addirittura doloroso, anche se poi mi diverto sempre. Al momento d’imbarcarmi spero tanto che anche le nostre valigie ci stiano seguendo e che il volo sia tranquillo.

Riguardo la Blue Panorama ho letto sul web stroncature formidabili, in verità l’unica osservazione che condivido pienamente è quella sulla scomodità dei sedili. Non sono neppure reclinabili, sono stretti, soprattutto per persone alte come noi, dopo un certo numero di ore diventa una tortura starsene lì inchiodati. Si tratta di aerei che, per disposizione dei posti, sarebbero adatti a voli più brevi, non a trasvolate intercontinentali.

Decolliamo in orario. Ave Maria….. volare non è naturale per l’uomo, è una forzatura del nostro essere, non si può sentirsi a proprio agio.

Tra un film, un po’ di lettura, un po’ di lavoro a uncinetto, un pranzo e una merenda aerei e sei ore di fuso orario in meno, il tempo passa, anzi vola e atterriamo senza problemi all’aeroporto José Martì de L’Avana.

Penso che di qui sono passati da poco i Rolling Stones, Obama e il Papa per lo storico incontro con il patriaca Kirill. Mancavamo solo noi.

Sbrigate le formalità burocratiche, l’impiegata dell’aeroporto mi saluta con un caloroso “Bienvenida!” e ci avviamo al recupero bagagli. Dopo una certa attesa, arriva tutto e un’altra delle mie fobie (appunto lo smarrimento del bagaglio soprattutto a inizio viaggio) viene sconfitta. Habemus Mutandas! Possiamo andare.

Un cenno su José Martì, cui è dedicato l’aeroporto. Si tratta del primo di una serie di eroi nazionali che incontreremo a Cuba. Nato nel 1853 da genitori spagnoli, s’impegnò a fondo nella lotta per l’indipendenza di Cuba dalla Spagna. Quando nel 1868 scoppiò la prima guerra per l’indipendenza cubana era ancora uno studente, ma l’anno successivo fondò il suo primo giornale Patria Libre, in cui contestava il dominio spagnolo nell’isola. Per i suoi editoriali divenne ben presto inviso ai dominatori e venne arrestato con un’accusa banale. Fu così che, a soli sedici anni, fu condannato a sei anni di lavori forzati nella cava di pietra di san Lazaro dell’Avana. Grazie al padre, che era gendarme e godeva di qualche piccolo privilegio, la condanna fu commutata in esilio sulla Isla de la Juventud (che tuttora appartiene a Cuba) e che allora si chiamava Isla de Pinos e poi nel 1871, nell’espatrio in Spagna.

Qui Martì s’impegnò nello studio della legge e della filosofia nelle Università di Madrid e Saragozza e iniziò a scrivere versi letti e pubblicati ancor oggi. Da un suo testo nasce la famosissima canzone Guantanamera.

Nel 1875 Martì torna oltre Atlantico e raggiunge la famiglia in Messico, ma è uomo in continuo movimento e soprattutto sogna l’indipendenza di Cuba. Negli anni successivi torna due volte a L’Avana in incognito, poi si reca in Guatemala, infine a New York per quasi dieci anni. Dopo aver creduto quella terra una culla di libertà e democrazia finisce per ritenerla un pericolo per l’indipendenza di tutta l’America latina.

Nel 1892 Martì fonda il Partito Rivoluzionario Cubano e per tre anni s’impegna nella ricerca di sostegno alla causa dell’indipendenza cubana in altri paesi dell’America Latina, nella raccolta fondi, nell’addestramento militare e nella preparazione di una campagna di guerra per sconfiggere gli Spagnoli.

Nell’aprile 1895 con un generale dell’esercito rivoluzionario e altri quattro rivoluzionari, sbarca a Cuba presso Playitas sulla costa sud, ritirandosi sui monti della Sierra Maestra (come farà Castro con i suoi quasi sessant’anni dopo), dove verrà raggiunto da centinaia di ribelli. Il 19 maggio 1895 Martì entra in battaglia per la prima volta e viene ucciso quasi subito. In ogni città cubana c’é una statua, un busto o una piazza a lui dedicata.

Presentato questo eroe nazionale cubano, torniamo al nostro viaggio.

In aeroporto incontriamo subito Juan, che sarà la nostra guida durante tutto il tour. È un uomo giovane, coi capelli rasati, che parla un ottimo italiano pur senza esser mai stato in Italia. Indosserà sempre una polo rosso scarlatto che dev’essere la divisa delle guide e che lo renderà ben visibile.

Intruppati come i turisti che spesso vediamo a Venezia (e che bonariamente deridiamo un po’ a casa nostra), saliamo sul nostro autobus riservato e conosciamo il nostro secondo Juan detto Juanito, l’impareggiabile autista, gentilissimo (aiuta sempre le signore a scendere gli alti gradini del veicolo) e bravissimo nella guida.

L’autobus è di fabbricazione cinese ed è “trifasico” ossia l’aria condizionata, tarata sui 26°, una temperatura comunque assai inferiore a quella esterna consueta che supera spesso i 30°, atttraversa tre fasi, appena la temperatura interna si alza, riparte e raffredda, a cicli. Io sono molto sensibile a questi sbalzi, il mio corpo si adatta lentamente, ho incamerato freddo da ore e ore, in altre parole sbarco ai tropici con addosso il pile. Ancora non lo so, ma questo capo d’abbigliamento mi accompagnerà spesso.

Storditi dal fuso orario ma contenti, partiamo alla volta dell’hotel e intanto abbiamo una iniziale panoramica de L’Avana.

La prima impressione è quella di una grande città con grossi contrasti: ci sono palazzoni di stile sovietico e case basse a un piano, alcune ben tenute, restaurate, coloratissime e altre fatiscenti, alle soglie dell’abitabilità ai miei occhi. Ci sfilano di fianco parchi giochi un po’ mal tenuti, aree alberate, ma con suolo secco, non piove da un po’, ci spiega Juan, è un guaio per le coltivazioni. Come tutte le isole anche Cuba ha problemi idrici, soprattutto in alcune zone.

Visto che la percorreremo tutta in lunghezza, da L’Avana a Santiago, avremo modo di constatarlo di persona e di vedere anche circolare grosse autocisterne con scritto “Acqua potabile”.

Ci colpiscono le auto: Lada, 124, 125, 126 e 127 e altre ancora che non riconosco, poi ci sono le fantastiche auto d’epoca, ma quelle meritano un discorso a parte.

Dopo mezz’oretta arriviamo nella Quinta Avenida, la corrispondente della Fifth Avenue di New York, dove si trova il nostro hotel. È una zona elegante, un po’ fuori dal centro città, nella quale gli americani si erano costruiti le ville, che adesso sono sede delle ambasciate. I bus non possono transitare direttamente nella Quinta Avenida, le auto o i taxi non possono sostarvi per ragioni di sicurezza, perché qui possono passare Fidel, Raoul o altri capi politici e diplomatici. Il Lider Maximo e suo fratello vengono usualmente citati dal popolo solo col nome di battesimo, come per una sorta di concessione di familiarità.

cuba-hotelIl nostro hotel, che si chiama Quinta Avenida, è a cinque stelle, gestito dalla società Gaviota, che possiede anche bus e una linea aerea, è statale come quasi tutto qui a Cuba ed è gestita da ex militari in congedo. Ci aspetteremmo l’alzabandiera e l’inno nazionale tutte le mattine, ma non sarà così.

L’ingresso è di grande magnificenza: fontana con getti d’acqua, pavimenti lucidi, soffitti altissimi, tinte vivaci, piante, uscieri, enorme piscina con ponticello, un po’ pacchiano in verità, ma comunque lo ritengo un lusso.

Entro con un certo imbarazzo dopo aver visto certe casupole diroccate dove vivono i cubani (e pure in tanti probabilmente! Ordine dello stato!).

Sbrighiamo le formalità – serve fotocopiare passaporto – con ritmo un po’ lento, del resto fa caldo, il personale è dipendente statale che non ha altro incentivo se non le mance che qui è usanza elargire per quasi ogni cosa, non vedo per quale motivo dovrebbe affannarsi. Credo che vedere finalmente un ritmo meno frenetico e nevrotico di vita non possa che farci bene, impariamo la pazienza e che il mondo non è a nostro servizio, anche se portiamo denaro di cui, temo, il popolo non goda i benefici.

La camera è spaziozissima, pulita, con allegre pareti verdi e arancio, specchi amplissimi, balcone con terrazzo, bagno e antibagno. Il bagno è dotato sia di vasca che di doccia, la sorpresa sono i rubinetti e le piastrelle: sono nello stile di cinquant’anni fa, il flessibile della doccia perde e andrebbe cambiato e questo mi fa sentire un po’ a casa, visto che anche da noi il bagno principale è ancora quello originario della casa, ossia del ’68.

Sono anni che ho in mente di farlo ristrutturare.

Prima di partire avevo letto vari commenti su Tripadvisor riguardo gli alberghi cubani: chi si lamentava di una cosa, chi di un’altra, pareri molto soggettivi legati alle aspettative e allo spirito di adattamento di chi scrive. Logico che, in un paese gravato da lunghissimo embargo, i pezzi di ricambio non ci siano e gli arredi vengano sistemati come si può. Inutile anche applicare parametri di riferimento nostrani a realtà così differenti. Meglio lasciar perdere certa supponenza occidentale e la pretesa di saper fare tutto meglio. Molto più utile avere spirito di adattamento. Per fortuna l’acqua calda c’é e la doccia si può fare lo stesso. In altra zona, a Trinidad, affronteremo invece la scarsità di acqua dai rubinetti soprattutto in certe fasce orarie di maggior richiesta. Bisogna ricordarsi invece che l’acqua non è potabile, pare abbia molto cloro e noi non siamo abituati a tollerarlo.

Io continuo ad avere freddo, i Tropici sono meno caldi di quanto pensassi e la sera è assai ventilata e con un’escursione termica rispetto al giorno di una decina di gradi. Dopo il viaggio mi sento le ossa rotte, ho gli occhi rossi come il Terminator e inizia la tosse.

Marina Monego, maggio 2016

Per materiale iconografico rinvio a mio marito:

https://www.facebook.com/daniele.ricapito?fref=ts