Waugh Evelyn

L’uomo che amava Dickens

Pubblicato il: 19 Dicembre 2012

Gli undici racconti di Evelyn Waugh tradotti da Mario Fortunato per Bompiani sono decisamente molto inglesi: ironici fino a sconfinare nella tragedia, ritmati da battute fulminanti, freddure, dialoghi serrati, che scoppiettano come fuochi d’artificio. Quando suscitano il riso non si tratta di una risata sguaiata, ma di un sorriso fine, di un incresparsi delle labbra, che sottende la consapevolezza delle miserie umane e del loro inesorabile ripetersi.

Personaggio assai discusso, dalla biografia movimentata, Waugh spesso si attirò antipatie, gelosie e anche accuse pesanti di antisemitismo e razzismo. Non dev’essere stato un uomo facile, ma la sua abilità nella scrittura è innegabile, soprattutto nella costruzione dei dialoghi, che possono aprire un racconto prima ancora di qualsiasi presentazione dei personaggi: si hanno così battute che s’incrociano in un fuoco di fila di botte e risposte, cui possono corrispondere da due a quattro interlocutori. È come ritrovarsi nel bel mezzo di una conversazione senz’altra spiegazione. Questo si verifica, ad esempio, negli ultimi due racconti “In equilibrio” (“The Balance”) e “Basil Seal di nuovo in sella” o “Il regresso del libertino” (“Basil Seal Rides Again or The Rake’s Regress”). Il primo è stato pubblicato nel 1925, quando Waugh aveva ventidue anni. “The Balance” ha un montaggio cinematografico e un ritmo sostenuto, procede a scatti e inquadrature, con orari delle varie scene ed estrema essenzialità nella narrazione. Il secondo racconto è del 1962 e riprende il personaggio (che è anche il protagonista del romanzo “Sempre più bandiere”). A un quarantennio di distanza Waugh ha conservato il suo talento e sa essere un acuto e ironico osservatore delle abitudini e dei vizi delle classi sociali piuttosto elevate.

Gli undici racconti proposti dalla raccolta vanno dal 1925 al 1962 e coprono dunque l’intera vita creativa dell’Autore, hanno un taglio diverso e alcuni sono confluiti in romanzi, a mostrare il continuo riutilizzo dei suoi lavori da parte di Waugh e talvolta l’uso del racconto come preambolo agli sviluppi romanzeschi.

Un’altra caratteristica è l’elemento autobiografico, sempre presente: Waugh viaggiò molto, fu giornalista, scrittore di viaggi, fu arruolato nell’esercito, fece esperienze diversissime, che si riflettono nei suoi spunti narrativi e nelle ambientazioni. Non vi è naturalmente pura cronaca o trascrizione, ma il filtro letterario è sempre ben presente.

Il primo racconto, uno dei più divertenti, “Benvenuti nell’Europa moderna” del 1947 racconta con ironia le disavventure dell’insignificante professor Scott-King, che insegna Lettere Classiche a Granchester. Scott-King è appassionato di un oscuro poeta del Seicento, Bellorius, nato nell’impero asburgico, che oggi è diventato il turbolento stato di Neutralia. Bellorius è autore di un poema di 1500 esametri latini sulla visita a un’isola immaginaria del Nuovo Mondo, dove vive una comunità virtuosa e onesta.

Un giorno Scott-King riceve un invito a Neutralia per le celebrazioni del terzo centenario della nascita di Bellorius e parte, ritrovandosi in un paese assurdo, che appare la parodia dello stato comunista, gravato da una burocrazia mastodontica, da cerimonie pompose, da tasse dalle motivazioni più incredibili, sfinito da guerre e disordini di ogni tipo. Il racconto è nato dall’esperienza dello stesso Waugh di invitato a Madrid per una conferenza, per la quale non gli venne pagato il viaggio di ritorno e così dovette rientrare per interessamento del console britannico. Waugh critica così il sistema di conferenze fatte al solo scopo di partecipare al successivo buffet.

Nel dialogo finale tra Scott-King e il preside, c’è da sottolineare un’osservazione assai attuale del dirigente: “Come lei sa, io stesso sono un insegnante di Lettere classiche. Deploro tutto ciò [calo delle iscrizioni agli studi umanistici] come e più di lei. Ma cosa ci possiamo fare? I genitori non sono più interessati a vedere i loro figli come uomini completi. Vogliono vederli qualificati per lavorare nel mondo moderno. Del resto, lei potrebbe dargli torto?” (p.70)

Risulta invece inquietante e tragico il racconto eponimo, ambientato nella Guayana britannica, dove Waugh si è recato veramente negli anni Trenta.

Il giovane inglese Paul Henty è l’unico sopravvissuto di una sfortunata spedizione in territori inesplorati da lui stesso finanziata, dopo che la moglie l’ha lasciato. Stremato, Paul viene ritrovato e curato da uno strano personaggio mezzo inglese e mezzo indio, McMaster, un vecchio che vive lì da quasi sessant’anni e del quale nessuno conosce l’esistenza, a parte gli indios. McMaster è analfabeta, ma adora Dickens e ha bisogno di qualcuno che glielo legga in continuazione. Inizialmente Paul si presta volentieri a questo servizio, ma in breve tempo si accorge di essere diventato prigioniero del vecchio, che non vuole saperne di lasciarlo andare via. L’immagine inquietante è quella della tomba del nero, che lo ha preceduto nella lettura di Dickens…..lui non è mai partito.

Il racconto “Compassione” (1949) invece, ambientato in Croazia, sembra animato da un autentico senso di pietas verso gli ebrei e da feroce critica e ironia verso i partigiani titini. Waugh fu in quelle terre durante il servizio militare e la relazione che presentò a Londra sulla sua missione fu cassata, perché il governo inglese era interessato a mantenere buoni rapporti con Tito.

Figura complessa, Waugh suscitò sempre reazioni discordanti, suo figlio Auberon ricorda che la personalità del padre era così forte che, nonostante la bassa statura, “generali e ministri delle finanze, alti sei piedi ed emananti importanza da tutti i pori, diventavano piccoli dinnanzi a lui”.

Snob, sprezzante verso il prossimo, eppure cattolico conservatore (e prima anglicano), fu conservatore anche in politica, ma non votò mai per quel partito, perché “Mi sentirei moralmente in colpa per le loro follie” e “Non aspiro a consigliare il mio sovrano sulla scelta dei suoi servi”.

Razzista e antisemita, soprattutto nelle opere prima della guerra, Waugh riteneva che queste idee fossero un’estensione della sua fede nella gerarchia come organizzazione sociale. Nonostante queste sue posizioni, fu ammirato e lodato per il suo stile e le sue innegabili capacità letterarie. Orwell disse che era un bravo scrittore “ma con opinioni insostenibili”. Sotto la sua maschera pubblica, spesso la critica ha visto il bravo artista. Graham Greene, in una lettera al “Times” subito dopo la morte di Waugh, lo definì “il più grande romanziere della mia generazione” e Nancy Mitford disse di lui in un’intervista televisiva: “Ciò che nessuno ricorda di Evelyn è che tutto con lui era una barzelletta. Tutto. Questo è quello che tutte le persone che hanno scritto su di lui sembrano non aver preso in considerazione del tutto”.

Articolo apparso su lankelot.eu nel dicembre 2012

Edizione esaminata e brevi note

Evelyn Waugh (Londra 1903- Taunton 1966) scrittore, giornalista e critico britannico.

Evelyn Waugh, L’uomo che amava Dickens, Milano, Bompiani 2012. A cura di Mario Fortunato.