Messina Antonio

Dissolvenze

Pubblicato il: 6 Maggio 2008

 

Figure femminili evanescenti e danzanti compaiono in liriche d’amore, di omaggio, di evocazione: è la nuova raccolta poetica di Antonio Messina, dove troviamo voci e tematiche già presenti nella sua narrativa e qui sviluppate con altro tono.

La musicalità prevale e insistito è l’uso di una tecnica anaforica che segna il ritornare del tema, dell’immagine, nel desiderio di trattenerla prima della dissolvenza finale.

Difficile trovare un ordine nelle poesie, tutte evocative e giocate sulla musicalità, sul succedersi delle visioni spesso assai colorate. L’io poetico di Messina vive una dimensione di disorientamento, di spaesamento generale che qui non si concretizza in una narrazione articolata, ma si manifesta nelle immagini, in queste figure eteree che possono danzare “tra zampilli di luce azzurra”.

Lei a danzare/ di fuochi fatui e tremule luci/intorno l’anima vagava”. (p.22)

Sembrano figure d’altri mondi – ricordiamo Silent, Egretus, Astrabat – evocate tra sogno e realtà, possono dissolversi e sparire, suscitano amore, ma un amore che è una sorta d’afflato, d’aspirazione e che solo talvolta si concretizza in gesti affettuosi.

L’azzurro è il colore di questa raccolta: colore del mare, del cielo, delle lontananza, dell’infinito: “il mare entra da lontano nel mio passato”, “Vento arcano”; “da lontano s’ode il mare”.

Quel mare che immaginiamo mediterraneo, tanto caro a Messina al punto che afferma: “senza di te sono senza mare”. (p.65)

In un universo caotico e disorientante, pieno di contrasti e brutture, l’unico punto fermo è costituito dalla figura femminile, è lei che dà senso e forma alla realtà.

Era lei la forma delle cose,/ la bellezza,/lo scorrere dell’acqua,/ la dolcezza,/ l’ardere di fiamma,/ il vissuto mai sondato,/ un sogno mai provato,/ il bacio posseduto/ nello sfiorar di labbra,” (p.17)

È creatura che pare dissolversi come un miraggio o una visione, eppure è importantissima, vitale ed ecco allora il poeta-cantore che cerca di fermarla, di eternarla con la parola e con l’amore. “Noi/ frammenti nel tempo per l’eternità” (p.14).

L’Autore insegue le sue visioni, che costituiscono la sua luce, la sua passione per la vita, spesso racchiusa in “miasmi di tenebra”.

Desiderio d’essere eterni/ nelle tenebre e nella luce” (p.23) In un destino di generale dissolvenza, il poeta rimane pervicacemente ancorato alle sue visioni con una passione fortissima, che lo mantiene vivo e gli consente di non smarrirsi in uno scenario di precarietà, nel quale gli esseri umani sono solo marionette.

La certezza dell’amore lo sospinge oltre, gli conferisce una seppur temporanea stabilità:

tu sei per me l’unica certezza,/ di una vita che solo adesso percepisco e amo” (p.32).

Gli elementi naturali (mare, vento, luce, stelle, neve, temporali, nubi, luna) – quando non devastati dall’uomo – partecipano all’armonia del mondo, ne sono parte essenziale e perciò entrano con dovizia nelle poesia a spiegare stati d’animo: “pura astrazione è il tuo domani,/ come gli arcobaleni dopo l’uragano” (p.51) o ad accompagnare le figure umane.

La felicità è dunque costituita dall’amore e dalla poesia, di cui vanno fatti partecipi anche gli infelici, coloro che nono hanno sogni, ma sono disposti ad appassionarsi e ad ascoltare con attenzione una voce nono sguaiata, lontana dal frastuono mondano.

L’Autore non nasconde le difficoltà del suo essere in un universo che pare allontanarsi dalla poesia ogni giorno di più: non solo si sente disorientato, ma teme che i sogni svaniscano lasciandolo solo e infelice, perciò scrive: è urgente fissare le visioni prima che la dissolvenza le inghiotta.

Sulla raccolta aleggia un velo di tristezza, ben sintetizzata dall’immagine del bambino mai nato, segno di speranze stroncate, d’incompiuto.

Hanno ucciso il verbo”, la poesia, questo il grande timore. Ed allora è come se tutto franasse e l’Autore venisse inghiottito in un baratro senza fondo.

Lasciami morire,/ nono saprei cosa inventare ancora,/ quali favole raccontare,/ quali castelli costruire,/ l’uragano spazza l’idea,/ la scultura sulla sabbia muore,/ all’istante,/ quando l’acqua penetra e travolge”. (p.24)

La morte è l’ultima ed estrema dissolvenza, che si attua nella natura: “Lascia che il corpo si dissolva…”

Dall’alto, dalle nuvole vorrei vivere il mondo,/ gustarne inebriato gli effluvi,/ dentro di essi vorticosamente svanire,/ aggrappato ad un lembo di luce”. (p.31)

Il poeta avverte il desiderio di cantare dall’ombra, sola voce, spirito dissolto in una sorta di fusione con la natura e con la donna, che di questa natura è parte.

Lei sembra chiamarlo, mentre danza e canta e s’allontana evanescente.

Non a caso un posto centrale nella raccolta è occupato dalla lirica “Tienimi per mano” dedicata alla madre morta. È un testo che si muove tra tristezza, nostalgia e speranza in una qualche forma di presenza di coloro che sono scomparsi. Tra solitudini, sogni infranti e brutture che devastano la sensibilità, c’è la figura tutelare, protettrice della madre, avvolta ormai in una luce speciale, in uno scenario di luna, stelle, sogni, arte.

Da lei si può trarre l’esempio: “Dammi il cuore tuo, madre mia,/ dal timone,/ dalla barca voglio navigare,/ in un mare in tempesta,/ luci tramortite,/ luci che traballano,/ luci che si spengono,/ speranze in agonia”. (p.44)

Nel finale del libro “I fiumi di porpora”, lunga lirica-testamento con struttura anaforica, che sintetizza i temi principali:

A te consegnerò il mio cuore,/ fanne buon uso,/ non farlo lacrimare,/ asciugalo,/ nel tepore avvolgilo,/ tra le stelle, nelle tue mani,/ per essere,/ per sognare, per amare,/ ovunque il vento spiri,/ da lontano/ sentirò la tua mano accarezzare la mia vita”. (p.82)

articolo apparso su lankelot.eu nel maggio 2008

Edizione esaminata e brevi note

Antonio Messina (Partanna-Trapani 1958), scrittore e poeta italiano. Vive a Padova.

Ha scritto :“L’assurdo respiro delle cose tremule”; “La memoria dell’acqua” (Il Foglio 2006); “Le vele di Astrabat” (Il Foglio 2007), che hanno incontrato il favore di pubblico e critica.

Antonio Messina, Dissolvenze, Piombino, Il Foglio 2008. Prefazione di Patrizia Garofalo.

Da segnalare la bella copertina, progetto e realizzazione grafica a cura di Angela Betta Casale.

Approfondimento in rete: sito ufficiale dell’autore / Intervista a cura di Renzo Montagnoli.