Primavera Giorgia

L’età delle certezze fragili

Pubblicato il: 15 Novembre 2016

giorgia primavera

Quando si parla di romanzo di formazione, in genere si intende un racconto che accompagna il protagonista nella transizione dall’infanzia all’età adulta. Perciò può sembrare strano che io scelga tale definizione per presentare “L’età delle certezze fragili”, libro che narra le peripezie di una cinquantenne in menopausa.

Sin dalle prime pagine dell’opera di Giorgia Primavera, infatti, comprendiamo che la storia verterà sullo spinoso argomento della vecchiaia: la protagonista Viola ci viene presentata nel bel mezzo di una cena con gli ex compagni di scuola (e si sa, la vita dopo il liceo è sempre una vendetta, una corsa alla realizzazione che possa cancellare l’immagine dell’adolescente imbranato impersonata durante gli anni più ingrati), una cena che a lei sembra un inutile revival di un passato che non tornerà mai; già, perché la nostra eroina ripete di non voler guardare indietro, eppure da quella sera in poi i cambiamenti che subirà la costringeranno a ripensare spesso a certi tesori della gioventù ora perduti: la capacità di controllare il proprio corpo senza preoccuparsi dei suoi improvvisi quanto imbarazzanti tradimenti, il languore del desiderio che si accende in profondità ed è in grado di far sentire a una donna tutta la femminilità di cui è capace…

Queste dolcezze dell’esistenza paiono spegnersi con la menopausa, e Viola ne soffre forse più di quanto sia disposta ad ammettere: “[…] provava comunque una rabbia crescente per non essere stata resa edotta dell’improvviso crollo del desiderio. La colpa era della paccottiglia circolante sull’inizio di una nuova vita dopo i cinquanta e, soprattutto, di sua madre Camilla, che non l’aveva preparata alla caduta libera nel burrone in cui era precipitata […] la donna colta che l’aveva messa al mondo anzitempo, fregiandosi del titolo di ragazza madre, le aveva mentito, raccontandole in seguito fiabe di principesse stagionate che iniziavano una nuova vita: più piena, più vivida più intensa.

“Cazzate” pensò Viola infuriata. “Cazzate da ex sessantottine” rincarò quando sentì odore d’incenso e sentore di marijuana di fronte al portone di casa della madre

Nel descrivere il disagio della protagonista, l’autrice si sofferma in particolar modo sulle difficoltà fisiche che sorgono con l’avanzare dell’età: tale scelta ha permesso al romanzo di assumere un tono peculiare, basato sul racconto di aneddoti assai intimi, di cui negli altri libri si parla raramente.

Ma soprattutto ha fatto sì che la pena di Viola ci arrivasse intera, non edulcorata: perché i mali del corpo sono una croce inevitabile, che riguarda ogni essere umano sulla faccia della Terra, e vedere qualcuno invecchiare pagina dopo pagina ci tocca personalmente. E anche se non lo vogliamo ci costringe a ricordare quel triste vuoto che sta in fondo al cammino, la morte.

Viola non può più fidarsi del suo corpo; ciò che per anni è stato perfetto e una volta era semplice controllare con la volontà, ora sembra sfuggire alla mente e causare danni sempre più spiacevoli, come una cellula impazzita: “Mentre lei portava alle labbra quel gorgoglio di bollicine, Ernesto prese ad accarezzarla a partire dalle gambe, per poi raggiungere furtivo il basso ventre. Faticò a realizzare cosa fosse quel guazzetto che chiazzava i pantaloni. Non riuscì a trattenere l’orrore ed esclamò: “Ma ti sei fatta la pipì addosso!”.

“Oh mio Dio!” urlò lei alzandosi di scatto e toccandosi ovunque

Non le serve a niente ripetere che è normale, che è possibile convivere con gli acciacchi dell’età ed essere comunque felice: è anzi convinta che l’energia della giovinezza non tornerà, né si ripresenterà sotto una diversa forma.

Insomma, più che a un romanzo di formazione pare di essere davanti a un mesto (e precoce: in fondo la protagonista avrà solo cinquantadue, cinquantatré anni… Che diavolo!) rimpianto dei bei tempi andati. Eppure ritengo che “L’età delle certezze fragili” narri davvero un percorso di crescita, un approccio a una nuova fase della vita: Viola non lo crede, è sicura di essere giunta a una fine e non a un inizio; non capisce però che i cambiamenti portano sempre una momentanea perdita d’equilibrio, perché dopo essersi liberata dal suo involucro persino la farfalla forse rimpiange di non essere più un bruco.

Lei dà per scontato che la donna giovane sia la farfalla, ma nemmeno per un attimo si domanda se non possa avvenire il contrario: magari è proprio quando le ansie della giovinezza svaniscono, che il bruco un tempo gravato da tanti fardelli può sperare di spalancare le ali e volare.

Ecco a cosa servono i guai, le gioie e i dolori che l’autrice mette sulla sua strada. Essi devono restituirle la fiducia in se stessa e farla sentire di nuovo a casa nella propria pelle… E il bello è che le ultime parole del romanzo non concludono l’avventura di Viola, perché questa invece è appena cominciata.

Citando un importante elemento della filosofia cinese, direi che l’incedere del tempo ha sconvolto l’equilibrio tra lo Yin e lo Yang nella nostra eroina; nel corpo e nell’anima di una persona si alternano infatti fenomeni di luce (lo Yang) e zone buie (lo Yin): in gioventù Viola era fatta evidentemente più di energia luminosa che di oscurità, mentre la menopausa deve aver attenuato il sole per lasciare spazio alla notte, al riposo e alla cessazione di determinate attività.

A questo punto dovrebbe imparare a trovare squarci di luce anche nelle tenebre (di notte ci sono le stelle, non dimentichiamolo), ma per una donna dal carattere forte come il suo non è felice abituarsi a un cambiamento così radicale: le servirà un lungo percorso per convincersi che dormire al chiaro di luna è piacevole.

E un lungo percorso è proprio ciò che l’autrice ha tracciato per lei.

Giorgia Primavera ha donato a una signora di mezz’età la possibilità di crescere, anziché invecchiare.

 

Elisa Costa, ottobre 2016

 

 

 

Edizione esaminata e brevi note

giorgia-primaveraNata a Genova nel 1961, Giorgia Primavera dopo gli studi classici si laurea in Filosofia a Pisa, superando poi tutti i concorsi a cattedra. Assunta come educatrice in un convitto statale, dove lavora tuttora, a quarantacinque anni prende un’altra laurea triennale in Scienze e tecniche di Psicologia clinica e di comunità a Firenze. Non prosegue, però, gli studi specialistici, preferendo dedicare il tempo libero a una passione antica: scrivere. Anche perché nel frattempo il marito va in pensione fornendole quel supporto nel quotidiano necessario per ritagliarsi i momenti per scrivere. Il romanzo d’esordio, un thriller esoterico, “Il giardino immortale” viene pubblicato da Libromania con lo pseudonimo di Letizia Draghi. Con lo stesso nom del plume sono usciti diversi racconti e romanzi rosa, alcuni dei quali ironici ed editi da Rizzoli per la collana YouFeel come “Sotto il segno dei pesci”, “Quel cucciolo è mio! e “Dove osano le cicogne”. Ha sempre avvertito, però, il genere rosa come qualcosa che le andava stretto, una gavetta cui si era sottoposta solo per farsi le ossa ed entrare nel mondo dell’editoria. Decide così di cambiare completamente registro e cifra stilistica, per esprimersi come ha sempre desiderato. “L’età delle certezze fragili”, pubblicato da Edizioni Clandestine, è il primo frutto di questo percorso.

Giorgia Primavera, L’età delle certezze fragili, Edizioni Clandestine, 2016, 122 pp., € 7,20