Langone Camillo

Pensieri del lambrusco

Pubblicato il: 18 Dicembre 2016

Leggere “Pensieri del lambrusco. Contro l’invasione” di Camillo Langone (Marsilio, collana gli Specchi) è come sedersi a tavola e farsi prendere a pugni mentre si mangia. Una scossa benefica che invade corpo e mente addormentati, prigionieri, stanchi, avvizziti. Di carezze e schiaffi sono piene queste pagine. Di preghiere e sussurri. Un antidoto da bere contro la falsa modernità, contro il buonismo imposto quotidianamente a destra e a manca, contro le mode imperanti, contro la cucina vetrina, contro la retorica diffusa da presunti pensatori/giornalisti/critici/artisti, contro chi straparla di multiculturalismo, ambientalismo, salute, moralità. Contro chi non si accorge di essere ormai a un passo dalla diffusione gentile dell’eugenetica. Della compravendita di bambini e bambine. Di vivere una vera e propria invasione, prima che fisica, interiore, culturale come quella descritta da Jean Raspail nel suo “Il Campo dei Santi” (Edizioni di Ar). Di sposare la sottomissione a bocca aperta.

Leggere questo libro significa confrontarsi a cuore nudo contro un mondo in decadenza, un mondo dove la bellezza, la ragionevolezza, le tradizioni, la religione sono considerati materiale di scarto, immondizia da portare in discarica.

Non sono sempre d’accordo con quanto scrive Langone (per esempio sono vegetariano, prossimo al veganesimo mentre Langone é un carnivoro di razza e apprezzo, a differenza sua, Giulia Innocenzi) qui e nei suoi interventi giornalistici ma ne condivido l’impeto, l’insofferenza, la tragedia, il sorriso, le manifestazioni d’amore. Questo mondo mi appartiene sempre di meno. Non ne capisco nemmeno più le parole, le situazioni, i riti e non mi va nemmeno di capirli. Dovrei sentirmi attratto da Masterchef? Twitter? Facebook? Le archistar? Il premio Strega? Continuo a pensare, da ateo, che piuttosto che dedicarsi a queste stupidaggini sia preferibile dedicarsi alla lettura del Vangelo o della Bibbia. Io non frequento templi ma mi sento sempre più a mio agio con quei cattolici accusati di essere fuori dal mondo, di essere reazionari. Alieni che non si sono accodati alla modernità, donne come Costanza Miriano, un papa come Ratzinger, uomini come Langone. Quelli che credono ancora nella bellezza dell’inginocchiarsi, del crocifisso, del cimitero, della liturgia. Sono stato cresciuto in un collegio cattolico che mi ha trasmesso la bellezza della contemplazione, del sacrificio, della preghiera, della sofferenza, dell’amore cristiano. Che poi io abbia intrapreso altre strade è un altro discorso. Il mio prete confessore mi diceva che per lui rimanevo un credente perché ritornavo sempre a parlare di colpe, perché tornavo da lui per confessarmi, perché ero intransigente nel mio ritornare a riflettere sulla religione.

Langone affronta tutti questi temi e basta sfogliare questo libro per trovare varie perle (lascio a voi il piacere di leggere interamente questi pezzi):

Oltre alla malattia ci colpiva l’ecologia” (pag. 16) oppure “Gli animalisti si consideravano l’avanguardia di una civiltà superiore esattamente come i gesuiti nel Paraguay e gli anglicani nella Nigeria della Regina Vittoria. Con la differenza che al tempo di Kipling e Defoe la supremazia bianca era teorizzata, al tempo di Morrissey e Michela Vittoria Brambilla veniva invece occultata: e la menzogna è segno peculiare del demoniaco.” (pag. 27) e che dire di questa fiammata: “Prima di nominare Berlusconi, il Dalai Lama avrebbe dovuto sciacquarsi la bocca.” (pag. 37) oppure di quest’altra che liquida in due parole tutta la moda delle Triennali, dei Saloni, del femminismo: “Alla Triennale di Milano cominciava “Il tempo delle donne”, un festival contro la differenza sessuale e quindi contro l’uomo, e io per reazione guardavo le bellissime foto di Negroni Cocktail, libro dedicato da Luca Picchi alla famosa miscela alcolica e al suo inventore.” (pag. 63) o il guizzo per parlare dell’immigrazione: “Gli imbecilli pensavano il razzismo provenire dall’ignoranza. A me il razzismo era venuto dal leggere troppi libri Adelphi. Ad esempio Spillover di David Quammen“. (pag. 81) o quest’altra che farà saltare sulla sedia i tanti scrittori progressisti/antirazzisti: “Non avevo capito se gli sbarchi degli immigrati sulle spiagge erano diminuiti (versione ministero dell’Interno) oppure aumentati (versione Caritas). Avevo capito che erano aumentati gli sbarchi degli estranei in libreria.” (pag. 109).

Langone ne ha per tutti e tutto: pacifismo, pauperismo, superomismo, turismo, grattacelismo, islamismo, nichilismo ma chiudo con una dedica alla politica più interessante, libera e bella in circolazione, Marion Maréchal-Le Pen.

La Francia aveva il triplo dei problemi dell’Italia (sei milioni di maomettani anziché due) ma disponeva pure di qualche anticorpo. Il più bell’anticorpo si chiamava Marion Maréchal-Le Pen, che notoriamente venerava santa Giovanna d’Arco.” (pag. 134)

Edizione esaminata e brevi note

Camillo Langone vive a Parma dopo avere collezionato un buon numero di città (Potenza, Vicenza, Verona, Caserta, Viterbo, Pisa, Bologna, Reggio Emilia, Trani…). Ha pubblicato nove libri, dieci con questo. Scrive sul «Foglio» (sulle cui pagine ha inventato la figura del critico liturgico) e sul «Giornale», occupandosi in particolar modo di letteratura, architettura, arte, enogastronomia, religione.

sito: www.camillolangone.it

Camillo Langone, “Pensieri del Lambrusco” (Marsilio editori, 2016, Venezia)

(Questo articolo è comparso in altra versione sul blog: wrongand.blogspot.com)