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Lynch David
Ci eravamo lasciati col “Silencio”. Cinque anni, tanti ne sono passati da quell’opera cosi unica e assoluta che fu Mulholland Drive. È d’obbligo il fu, e non perché la pellicola realtà-sogno-incubo-ritorno e ancora sogno del 2001 abbia perso, col tempo, la sua originalità e la sua potenza visivo-espressiva, ma perché l’ultimo Lynch, questo viaggio nell’impero interiore, è un’opera che, quanto a assolutezza e unicità, non può trovare credibili rivali nemmeno nello stesso cosmo lynchano.
“Silencio”, dunque, attesa prolungata degli spettatori amanti e poi...CONTINUA...
Che David Lynch si sentisse a suo agio nel raccontar di “mostri” lo si intuisce già dall’opera prima (Eraserhead), così imperscrutabile eppure fascinosa, cosi lontana dalle produzioni dei fine Settanta e già a suo modo cinema con tracce di futuro. Che una neonata casa di produzione, partorita comunque dal ventre hollywoodiano, fondata dal regista comico-demenziale Mel Brooks, affidasse a Lynch, autore dimostratosi bizzarro e indipendente, l’ambizioso progetto di realizzare un’opera basata su una dolorosa e toccante storia realmente accaduta, era assai improbabile. Eppure...CONTINUA...
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