Mozzi Giulio

Oracolo manuale per scrittrici e scrittori

Pubblicato il: 20 Giugno 2019

Oracolo manuale per scrittrici e scrittori. Un titolo che è di per sé una tentazione e un’intelligente provocazione intellettuale, per questo originalissimo libro edito da Sonzogno e a firma Giulio Mozzi, scrittore e famoso editor, scout letterario e docente di scrittura creativa. “Ispirato” all’Oráculo manual y arte de prudencia di Balthasar Gracián, una raccolta di aforismi della metà del XVII secolo, presenta una serie di suggerimenti per una scrittura efficace suddivisi in varie sezioni. Ogni singola “voce”, strutturata su due pagine adiacenti, comprende uno spunto principale (sulla destra), scritto in caratteri grandi, e un approfondimento (sulla sinistra) in caratteri normali. Il tutto non è concepito come un “metodo”, ma come una sorta di – autoironico eppure serissimo – I-Ching da cui attingere in caso di “bisogno”, aprendo una pagina a caso e “pescando” un consiglio potenzialmente importante. Oppure leggendo dalla prima all’ultima pagina, ma non per forza.

La cosa che mi ha più convinto di questo lavoro e di questa impostazione è il fatto che il docente-autore non presume di avere qualcosa da insegnare, ma mette a disposizione del lettore-(aspirante) scrittore la propria esperienza, ponendosi lui per primo nel suo punto di vista. Un esempio:

(pagina di destra) “Avanti, avanti!”

(pagina di sinistra) “Per ragionare bene su una storia, è necessario che sia scritta fino in fondo – magari scritta approssimativamente, magari ancora con incongruenze eccetera. Nella prima stesura, il meglio è talvolta nemico del bene; e il perfezionismo è una zavorra.”

Oppure:

(pagina di destra) “Ti sei accorto di un errore? Tienilo per buono, e cambia tutto a partire da lì.”

(pagina di sinistra) “Gli errori possono essere semplicemente l’effetto di una distrazione o di un po’ di stanchezza. Ma prova, almeno ogni tanto, a considerarli come dei segnali che ti manda quella parte di te di cui non sei del tutto consapevole e che, ovviamente, sul tuo immaginario la sa più lunga di te.”

Il bello, qui, è che non solo sono idee che mi convincono appieno – e che infatti ho sempre applicato – ma il fatto che non si tratta del classico tipo di approccio “se vuoi scrivere bene, devi fare così” (sottinteso: evita certi errori, cura i particolari fino all’ossessione), ma anzi, pare invitare l’aspirante autore a esprimersi liberamente e a fidarsi del suo intuito. Quindi, non parte dal pre-concetto che la scrittura vada “costruita”, ma, semmai, aiutata a estrinsecarsi a partire dall’interiorità di chi scrive. Certo, questo non toglie l’opportunità di adottare certi accorgimenti pratici (come evitare di usare troppo spesso le stesse parole, optare per le soluzioni semplici piuttosto che per quelle complicate, prendere appunti, e così via), ma quello che più conta è l’atteggiamento “filosofico” di fondo, la disponibilità e apertura mentali a scoprire scrivendo, che poi è l’essenza dell’inventare (dal latino invenire, ovvero, alla base “trovare”). È un implicito invito a non uniformarsi, che infatti, a un certo punto del libro, viene esplicitato, raccomandando al lettore di “non essere alla moda. O almeno non alla moda di oggidì”.

Personalmente, ho sempre dubitato che a scrivere si possa “insegnare”, nel senso che il talento letterario e la capacità di attuarlo possano essere “trasmessi”. Ma ho sempre pensato che un maestro – in qualunque arte o disciplina, per esempio nella musica – sia bravo quando riesce, maieuticamente, a tirar fuori dagli allievi nella forma più efficace i contenuti che sono già, in nuce, dentro di loro. Ecco perché Giulio Mozzi suggerisce: “Ti stai domandando cosa scrivere? Non scrivere nulla”. Oppure

(pagina di destra) “La storia che non riesci a raccontare è la via per trovare la storia che devi raccontare.”

(pagina di sinistra) “Ciò che viene in mente può essere considerato un sintomo: di qualcosa che sta sotto, e che pian piano salirà in superficie: se si ha la pazienza di restare lì, girare intorno, piétiner sur place, sedersi a prendere un caffè in ostinata attesa.”

Insomma, l’ostinazione intellettuale (ovvero, l’ostinazione del “voler fare”) è forse il principale nemico di una buona scrittura (non a caso, l’autore invita/incita a preferire frasi semplici e dirette); serve piuttosto l’ostinazione del, saper lasciar andare. Questo, pur ricordando che un’elaborazione intellettuale – sia nella ricerca della precisione delle parole utilizzate, sia nella ‘gestazione’ del lavoro di preparazione del proprio libro in cui consiste il ‘magma’ degli appunti – è importante. Mi viene in mente Il lavoro intellettuale di Jean Guitton (Edizioni Paoline 1987), opera che lessi dieci anni fa, in un periodo in cui stavo forgiando la mia attitudine alla narrazione (fino ad allora, ero stato più che altro un saggista). Il filosofo francese esorta non solo a sviluppare ed elaborare i propri appunti come una sorta di “palestra” da cui trarre i mattoni che formeranno l’opera finale, ma, più specificamente, dice: “Scriverò i miei pensieri senza ordine alcuno (…) ma non confusamente e senza un disegno. È il vero ordine che contraddistinguerà sempre il mio oggetto per il disordine stesso. (…) È un saggio di raccoglimento interiore, di sincerità con se stessi, unito ad una sorta d’orrore per ciò che è banale e scontato. Questo sforzo di sincerità totale non ammette correzioni né pentimenti. In questo senso, somiglia al lasciar-andare del mostro: ma è un mostro voluto, lucido, sorto nelle nostre viscere” (pagg. 124-125, trad. Maria Meschiari).

Le assonanze con l’impostazione di Mozzi sono notevoli. Controllare senza controllare, lasciar andare senza cadere nel caos. Insomma, la scrittura è scuola a se stessa, e si rivela, fondamentalmente, come un autoapprendimento nel quale il maestro è dentro l’autore, e l’insegnante ‘esterno’ non è niente più che un catalizzatore, una sorta di terapeuta che estrae i contenuti da una mente ancora (parzialmente) inconsapevole.

Infine, un consiglio inflazionatissimo perché si sente sempre ripetere da tutti, ma che Mozzi reinterpreta, vivificandolo:

(pagina di destra) “Ti avranno detto: ‘Show, don’t tell.’ Ma la prima cosa che mostri è la scrittura.”

(pagina di sinistra) “C’è un’antica discussione, se sia più importante la scrittura o la narrazione, la consistenza del testo o la trama. Si tratta di un falso problema. È giusto ricordare sempre il motto: “Mostra, non dire”; ma la primissima cosa che mostri, nel testo, è pur sempre la tua scrittura, la tua lingua, il tuo ritmo, il riverbero della tua idea della forma del mondo che il lettore può percepire attraverso la forma delle tue frasi”.

Ovvero, la forma è sostanza, ma vale anche il reciproco. Alla faccia di certi guelfo-ghibellinismi dell’ambiente letterario, che vorrebbero contrapporre l’importanza di una buona trama a quella di un buono stile, privilegiando nettamente l’uno o l’altro di questi elementi a scapito dell’altro. La scrittura ben formata è scrittura densa (densa come – ricorda altrove Mozzi – dev’essere il tempo stesso della narrazione) e ricca di fatti e percezioni e idee, che traspaiono dalle parole e dalle frasi. È come un’opera d’arte visuale, che veicola in pari misura emozioni e concetti. Il che evidenzia come nello scrivere – e Mozzi lo sottolinea in un altro consiglio – confluiscano sia le imprescindibili letture formative, sia le esperienze di vita in senso lato. Come a dire: ogni consiglio è importante, ma lascia il tempo che trova, se non viene rielaborato personalmente in quel “brodo interiore” che è la fucina delle idee e della qualità di un testo.

Edizione esaminata e brevi note

Giulio Mozzi (Camisano Vicentino, 1960) è autore di diverse raccolte di racconti (tra cui La felicità terrena, Einaudi 1996, Il male naturale, Mondadori 1998, Fantasmi e fughe, Einaudi 1999, Sono l’ultimo a scendere e altre storie credibili, Mondadori 2009), ed è un editor e scout letterario, attività che ha svolto per diverse case editrici, come Sironi, Einaudi e (attualmente) Marsilio. È inoltre coautore (con Stefano Brugnolo) del Ricettario di scrittura creativa (Zanichelli, 2000) e de L’officina della parola (Sironi, 2014). Insegna scrittura creativa e ha fondato, a Milano, la Bottega di Narrazione.

Giulio MozziOracolo manuale per scrittrici e scrittori, Sonzogno, 2019.