Sade

Diario inedito

Pubblicato il: 30 Marzo 2016

“Il 17 Madame di ritorno da Pechino inzucchera un po’ a Mosè la faccenda delle sue favole. Si segnala il 4 e il 3 (vedere il significato)” (pag. 35).

Una frase apparentemente insensata come questa riassume forse tutta la disperazione e le manie con cui il terribile marchese De Sade convive a pochi anni dalla sua morte, quando si trovava rinchiuso per oscenità in un manicomio nel quale non sarebbe sopravvissuto. Le guardie spesso entravano nella sua stanza e sequestravano i suoi quaderni, li leggevano, si disgustavano, lo schernivano. Perché l’ordine era preciso: quel mostro non doveva scrivere. Per un periodo gli furono negati carta e inchiostro, e non appena gli furono nuovamente concessi, pur di non venire ancora privato dell’istinto naturale della letteratura, il Journal del marchese assunse questa forma: un rebus continuo, con nomi fittizi, città fasulle, parolacce mai scritte per intero, simboli matematici per indicare l’atto sessuale – che ricorre, comunque, assai di rado. Il lussurioso, il vecchio perverso sembra essere scomparso e la grafia frettolosa denuncia il suo bisogno di scrivere, si accompagna ad annotazioni spesso futili, paranoiche, qualche volta al limite della pazzia. Mosè, per esempio, ricorre spesso. E Mosè è lo stesso marchese, che scrive sapendo che da un momento all’altro la polizia potrebbe sequestrare le sue nuove carte, con la scusa dell’oscenità. Quindi depista, elenca, suggerisce indizi indecifrabili. Tuttavia questi abbozzi, fissazioni di un vecchio ribelle addomesticato piuttosto che di un pensatore graffiante, delineano man mano, pur nella loro forma ridondante di numeri e dettagli insignificanti, un universo terribile e angusto, con una scala di personaggi ben definiti che purtroppo talvolta si sovrappongono, ma che danno un’idea verosimile degli ultimi giorni dello scrittore. Un luogo a metà fra il manicomio (le cantine con i corpi dei degenti ammassati sul fieno tra muffa e sterco) e l’ospizio (i piani più alti dove si trovano anziani inquilini, tra cui il marchese) dove vigono regole ferree che tendono ad asprirsi col cambio di direttore dello stabile. “Mosè”, vecchio e obeso, è sorvegliato costantemente, può ricevere visite ma raramente passeggiare in giardino (giusto il primo periodo). Il filosofo del Male, figlio dell’Illuminismo, che ha dichiarato guerra a dio in difesa del raziocinio e del piacere della vita terrena si focalizza su un non bene definito complotto ai suoi danni che riesce a decifrare tramite appunto i numeri e le cifre che ricorrono giornalmente nei suoi incontri, nelle lettere o nel numero di volte che la cameriera entra per rifare la stanza. Come una valanga abbonda un’inverosimile quantità di cifre, che utilizza perfino per indicare i mesi del suo taccuino (non “ottobre” ma “8bre” e così via).
I diari superstiti sono soltanto il primo e il quarto di quelli redatti all’Asilo di Charenton, presumibilmente il secondo e il terzo sono stati distrutti dagli agenti, come lo stesso Sade denuncia spesso riguardo a precedenti lavori, e comprendono gli anni dal 1807 al 1814, quello in cui morì. Il rapporto conflittuale col primo direttore del manicomio, M. de Coulmier, gli offre in realtà delle opportunità artistiche di rilievo che in futuro non potrà neppure sognare: è incaricato Direttore dello spettacolo e maestro di declamazione, nonché attore e cantante in pièce dello stesso Marchese, opere che una volta al mese vengono messe in scena utilizzando i pazienti sani (e anche qualcuno più grave, talvolta) in qualità di attori. Intanto, fuori, i suoi libri continuano a essere ristampati portando solo fango e disonore alla sua famiglia, di conseguenza, pene più severe per l’anziano e stanco scrittore.
I familiari lo detestano apertamente, il figlio che viene a trovarlo non nasconde il disprezzo, anche se in alcune occasioni lo avverte di future imboscate: “quand’ecco il primogenito in persona che arriva: esco un momento per discorrere a tu per tu con lui, e mi avverte che si tratta di una trappola, cioè che appena fatto il matrimonio di suo fratello c’è già il progetto di portarmi via di qui e relegarmi in una di quelle orribili fortezze del tipo della torre di Ham del Mont St. Michel” (pag. 57), e la nota del curatore conferma la veridicità del tranello.
Il timore che le persone con cui dialoga per pochi minuti non siano amici ma spie della polizia lo rendono sempre più sospettoso e l’unico a cui può parlare sembra essere, ancora una volta, solo se stesso. Le preoccupazioni verso un’anziana paziente ammalata, la precisione con cui annota ogni suo miglioramento o ricaduta, fanno emergere poi un lato umano inedito per il mito del Divin Marchese e la sua scellerata poetica. La senilità, l’impotenza, le ali spezzate, sono le sensazioni che emergono con maggior forza. È la disperata solitudine del male, che infonde compassione poiché reso innocuo dalla sua stessa penna. La minorenne Magdalene, la cameriera, che gli si concede spinta dalla propria madre, fa sì che il mito del copulatore continui fino all’ultimo, benché stavolta a sipario abbassato. Le scene di sesso vengono autocensurate sempre, talvolta con le abbreviazioni o più celermente col simbolo Ø. È una censura profonda quella dei suoi quaderni. Scompare Eros, svanisce la rabbia, non c’è traccia di mortalità di dio, ci sono invece numeri, cifre, date, ripetizioni, punti esclamativi, tormenti, speranze, lo spettro della morte, l’umiliazione e la speranza che nonostante tutte le privazioni, una almeno, quella più importante per uno scrittore, non gli sia inflitta: che a un pensatore cioè, fosse pure un degenerato miscredente, non sia impedito di pensare.

Edizione esaminata e brevi note

EDIZIONE ESAMINATA E BREVI NOTE
Marchese de Sade (1740-1814) scrittore, filosofo, drammaturgo francese. Autore di classici come “Le 120 giornate di Sodoma” e “Justine”.
Marchese de Sade, “Diario inedito”, Rizzoli, Milano 1973. Edizione italiana a cura di Luigi Baccolo, prefazione e note di Georges Dumas.
Approfondimento in rete: Critica letteraria
Luca Martello, aprile 2012.