Ispirata alla pièce teatrale di Pierre Barillet e Jean-Pierre Grédy, la nuova commedia del regista francese François Ozon, Potiche – La bella statuina, arriva in sala dopo aver incontrato il consenso sia di pubblico che di critica nella sua passerella al Festival di Venezia. Ambientata nel 1977, ma pensata con un occhio all’attualità politica di molti paesi occidentali nei quali le donne al potere cominciano a farsi largo (Hilary Clinton e Sarah Palin negli States, Angela Merkel in Germania, tanto per fare alcuni nomi), la pellicola di Ozon si concentra, in chiave divertente e farsesca, sull’emancipazione improvvisa della moglie di Robert Pujol (Fabrice Luchini), un facoltoso capo d’azienda, fino ad allora relegata a un ruolo di piacevole, rilassante e disimpegnata subalternità al marito. Una bella statuina, insomma, che fa finta di non vedere le innumerevoli scappatelle del consorte, che non mette bocca su nulla e che dovrebbe dedicarsi solo all’ozio e alla famiglia, ornata dei tanti bei gioielli che le vengono regalati. Suzanne (Catherine Deneuve) d’improvviso assume nuova coscienza di sé, quasi per caso, in corrispondenza del sequestro del marito da parte di un gruppo di operai della fabbrica da lui guidata che rivendicano adeguamento dei salari ed estensione dei diritti. La donna si trova costretta a trattare, aiutata da un acerrimo nemico del marito, il deputato comunista Maurice Babin (Gérard Depardieu), con il quale peraltro aveva tradito il consorte 25 anni prima. Accoglie le rivendicazioni e in pochi giorni diventa lei il capo dell’azienda, la quale un tempo era stata del padre. Qui cominciano una serie di piccoli intrighi e di imprevisti equivoci, per mezzo dei quali ognuno cerca di portare acqua al suo mulino: Robert Pujol vuol riprendersi l’azienda, mentre Maurice Babin non ha ancora dimenticato Suzanne. Nella disputa entrano in gioco anche i figli della coppia, l’uno schierato con la madre e l’altra, suo malgrado, col padre. Ma Suzanne oramai ha in mano la sua vita. Convinta di poter battere Babin nel suo collegio e di emanciparsi del tutto dall’ombra del marito, si candida alle elezioni politiche.
Commedia dagli snodi abbastanza consueti ma solida e brillante, valorizzata da attori in stato di grazia, Potiche – La bella statuina dimostra ancora una volta le capacità dell’eclettico François Ozon di saper spaziare tra i generi come pochi altri registi europei. Dopo l’interessante e originale Ricky – Una storia d’amore e libertà, delicata e surreale metafora della diversità con un bimbo alato come protagonista, il regista francese ci regala un frizzante divertissement che riprende la stagione calda delle lotte operaie e del femminismo per raccontarci una realtà molto più prossima al tempo in cui viviamo, quella delle donne in politica non solo come riempitivo di lista o ornamento partitico ad uso mediatico, ma come serie candidate alla vittoria. La figura di Suzanne, pur concepita in chiave comica e all’interno di una farsa godibile e piena di brio, è sicuramente più sfaccettata di quello che l’apparenza di genere sembra mostrarci a prima vista. L’evoluzione del suo personaggio, peraltro, va di pari passo con il declino delle figure maschili, il cui ruolo egemone verrà progressivamente ribaltato fino a divenire, a conti fatti, subalterno a quello della “bella statuina”.
Nei panni di Suzanne c’è una splendida Catherine Deneuve, che dona al suo personaggio piacevoli sfaccettature, dominando la scena a più riprese. Giganteggia sulla ribalta – in tutti i sensi, vista la pesantissima mole – l’ottimo e abbondante Gérard Depardieu, col passare degli anni sempre più a suo agio nella commedia. Note di merito anche per lo scatenato Fabrice Luchini, nei panni del padrone della fabbrica, che regge decisamente il confronto con due mostri sacri del cinema francese. L’opera di Ozon ha i suoi indubbi punti di forza, oltre che nella già lodata recitazione degli attori, nei serrati tempi cinematografici e in una scrittura vivace che diluisce sapientemente le battute ad effetto e le situazioni paradossali in cornici di più ampia degustazione del contesto filmico. Tutti gli elementi sembrano essere ben sincronizzati, nonostante un meccanismo che, pur ben oliato, non può nascondere una struttura generale non proprio originalissima. Considerato il valore delle commedie in sala, comunque, Potiche è un’opera godibilissima che vale il prezzo del biglietto. E poi Ozon è un regista in continua crescita, ed è raro restare delusi se si sceglie di vedere una sua pellicola.
Federico Magi, novembre 2010.
Edizione esaminata e brevi note
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