Seguendo le tracce del celeberrimo Studio Ghibli, nel 2006 uscì in Giappone nelle sale il primo lungometraggio della Gonzo, Origin – Spirit of the Past (il titolo originale, tradotto in italiano, sarebbe Agito dai capelli d’argento), pellicola ad alto budget e dall’ottima resa estetica. Sul solco del cinema miyazakiano, Keiichi Sugiyama immagina una storia ambientata in un futuro remoto in cui centrale è il tema del complicato equilibrio tra l’uomo e l’ecosistema, a seguito dell’immancabile cortocircuito che annienta il vecchio mondo per edificarne uno nuovo. Nella fattispecie, siamo trecento anni nel futuro in un mondo devastato dall’uomo, il quale si ritrova a sopravvivere con mezzi di sussistenza primaria. Un mondo in cui si è tornati al baratto e nel quale ill bene più prezioso di scambio è l’acqua, divenuta carente in conseguenza di un esperimento di manipolazione genetica sfuggito al controllo dell’uomo, che ha portato alla nascita di potentissimi organismi vegetali in grado di dominare la vita sulla terra. Resistono poche comunità di uomini, che interagiscono alla giusta distanza per mantenere il precario equilibrio instaurato. Le due comunità protagoniste della storia sono gli aderenti alla Città Neutrale, che cercano di convivere pacificamente con i Druidi della foresta alberganti nelle cavità del sottosuolo e gestori delle risorse d’acqua, e i Ragna, che al contrario vogliono contendere il dominio del suolo alle forze della natura. A sconvolgere gli equilibri è il risveglio di Taura, ragazza del passato dormiente da secoli, ibernata dal padre prima della catastrofe e in possesso della chiave per ripristinare l’antica civiltà. La giovane si ritrova ben accolta ma disorientata nella Città Neutrale, e per questo facilmente manipolata dal colonnello Shanuck, anch’egli proveniente dal passato e unitosi ai Ragna. Agito, il ragazzo che aveva risvegliato Taura e figlio del fondatore della Città Neutrale, ha ora il compito di potenziarsi, fondendosi con il potere della foresta, nel tentativo di salvare il nuovo mondo e riuscire a far convivere pacificamente gli uomini e la natura.
Nulla di nuovo sotto il Sol Levante, Origine è sostanzialmente un mix di suggestioni delle prime fiabe miyazakiane, nell’ordine Conan, Nausicaa e Laputa. Evidenti i debiti verso queste tre animazioni, in particolare nei confronti di Nausicaa della Valle del Vento, pellicola in cui la natura si ribella all’uomo alterando le sue forme e modificando il grado di tossicità dell’aria (la giungla tossica). In Origin restano le suggestioni, ma la qualità narrativa è molto lontana dalle opere sopra citate: la sceneggiatura è prevedibile, il ritmo un po’ blando e gli approfondimenti di situazioni e psicologie dei personaggi lasciano alquanto a desiderare. Troppi i personaggi, molte le aperture e le evocazioni, nulla o quasi va oltre i tratti di superficie e anche le trovate più interessanti hanno il fiato corto. I due giovani protagonisti hanno poco spessore, soprattutto se paragonati a Conan e Lana, Sheeta e Pazu, Nausicaa e Mito, per restare alle opere in precedenza elencate. Detto ciò, non si può dire che sia un pessimo film, ancorché non memorabile come avrebbe potuto e dovuto essere, visto il budget a disposizione e gli artisti messi in campo, perché tutto l’apparato tecnico è di primissimo livello: bellissime le animazioni, suggestiva la fotografia e non banali le inquadrature, ottima la colonna sonora di Taku Iwasaki e note di merito anche per il doppiaggio italiano, una volta tanto. Riconoscibili i temi principali, già espressi, come detto, in più brillante modo da altre opere d’animazione giapponese, non solo miyazakiane. Ecologismo e pacifismo in primis, con al centro una natura solo apparentemente matrigna e tiranna, che si ribella all’uomo dopo le infinite vessazioni subite nel tempo.
Fanno capolino dunque i culti animisti e la dottrina shintoista, pur se solo accennati in una vaga chiave mistica – qui il riferimento principe, di ben altro spessore, è sempre Hayao Miyazaki, col capolavoro Principessa Mononoke -, nel ritrovare animati gli spiriti della natura che entrano in un vortice simbiotico (il potenziamento di Agito dovuto al suo fondersi con le forze della foresta) e metamorfico con l’uomo stesso. È sempre l’uomo però che altera e modifica l’ecosistema e che in conseguenza di ciò può ritrovare il suo equilibrio solo tornando all’origine, all’armonia tra sé la natura e il cosmo. In questo tipo d’animazione, tipica del Sol Levante, si può notare come la tradizione primordiale sia il fondamento principale delle storie raccontate, fino a immaginare degli epiloghi in cui risulta evidente che il ripristino dell’equilibrio è dato da una necessaria transizione temporale; un perfetto continuum tra passato e futuro, dove il presente è sempre restituito attraverso la costruzione di nuove cosmogonie. Pur apprezzando senza riserve le tematiche proposte dal film, e pur considerando l’indiscutibile resa tecnica ed estetica dell’opera, non posso però considerare Origin (uscito da pochi mesi in DVD anche in Italia, senza passare per le sale) nulla di più che un decorosissimo anime di buon intrattenimento, perché qui manca il pathos, l’emozione, la grazia e il retrogusto malinconico che sono il marchio di fabbrica della grande animazione nipponica. Un’occasione mancata per la Gonzo, che nella serialità animata aveva pur ottenuto buoni successi (Full Metal Panic!, Trinity Blood, Last Exile). Pur non mancando l’impegno e i mezzi, la strada per raggiungere i livelli artistici dello Studio Ghibli si prospetta ancora molto lunga da percorrere.
Federico Magi, dicembre 2009.
Edizione esaminata e brevi note
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