Nalbone Daniele, Russo Spena Giacomo

Ripuliti

Pubblicato il: 15 Gennaio 2012

“Pronto, so’ Fabio de Roma e  ve volevo dì che so’ un fascio da panico!”. Inizia così il libro  “Ripuliti. Postfascisti durante e dopo Berlusconi”, con la frase di un finissimo ascoltatore di Radio Radicale che in quei giorni –  era il 1993 al tempo del ballottaggio tra Rutelli e Fini –  aveva lasciato aperti i microfoni e mandava nell’etere deliri di ogni risma. Già il titolo “Ripuliti” non presuppone una particolare benevolenza verso la destra dei neofascisti che, in parte diventati post-fascisti, hanno colto l’opportunità, dopo anni di ghetto, di arrivare nelle stanze del potere: sono frammenti del complicato percorso che, dopo Tangentopoli e in collaborazione con Silvio Berlusconi, ha portato la destra antisistema a diventare forza di governo. Frammenti appunto, momenti di cronaca politica, non una storia compiuta: in poco meno di duecento pagine sarebbe stato impossibile raccontare la complessità di un mondo, quello della destra italiana, che in realtà è sempre stato costituito da tante destre al plurale, spesso incompatibili tra loro e unite semmai dall’antagonismo nei confronti del sistema politico-istituzionale e, a volte, dalle nostalgie per il Ventennio. La tesi dei due autori – che peraltro hanno scritto un libro con toni molto più distaccati e meno militanti di quanto il titolo e l’incipit possa far pensare – è che in questi anni il radicalismo nero si sia trasformato in una sorta di avanguardia giovanile e radicale della coalizione berlusconiana, quando non ne sia diventata esplicitamente parte.

E’ la storia del rapporto tra i “ripuliti” ed un “ripulitore”, spesso amato come uomo della provvidenza che con il suo populismo e il suo decisionismo ha fatto cadere i tabù antifascisti, ma che per tanti aspetti era più sporco di chi andava a ripulire e che comunque, sotto il cranio catramato, era ed è caratterizzato da uno sporco molto diverso: uno sdoganamento che, nelle pagine di Nalbone e Russo Spena, ha voluto dire non soltanto presa d’atto da parte di alcuni militanti di un mondo che cambia, quindi della necessità di ingoiare qualche rospo (il cavaliere) per costruire una destra liberale e democratica, ma anche mimetizzazioni, trasformismi, cambiare perché nulla cambi, usare e farsi usare per raggiungere gli obiettivi di sempre che il puro antagonismo ormai non permetteva più.

“Ripuliti” è un libro che grazie alle interviste ed interventi di alcuni “ripuliti”, piuttosto che con la cronaca politica, per forza di cose incompleta, mostra la complessità della galassia della destra assorbita nel Pdl e da questa espulsa (i finiani). A riguardo conviene leggere qualche brano tra i più significativi. La finiana Flavia Perina così si esprime: “La rottura vera è avvenuta sul core business di quelli che sono gli interessi di Berlusconi, le questioni della giustizia. I “no”che hanno pesato sono stati quelli della legge bavaglio, i paletti alla riforma della giustizia e al processo breve” .. […] “Io credo che le idee di Granata non siano poi così isolate. Penso che, come lui, anche un 30 per cento del gruppo parlamentare del Pdl pensi che Paolo Borsellino sia un eroe, e non Vittorio Mangano. Poi, certe cose c’è chi ha il coraggio di dirle e chi no” (pag. 119).

Mentre Marcello De Angelis, deputato Pdl (al quale i due giornalisti hanno chiesto conto cosa abbia significato per lui Terza Posizione e di quanto abbiano pesato sulla sua carriera politica i dieci anni di latitanza e i tre anni di galera per associazione sovversiva e banda armata) non la pensa così: “Non so se Berlusconi possa essere definito un capo carismatico. Per me, un capo carismatico è Khomeini. E’ Wojtyla. Berlusconi è stato solo un ottimo capo del governo. Per quanto riguarda la sua lotta contro la magistratura, per me partecipare a questa partita è invitarmi a nozze” […]  “Se devo scegliere da che parte stare non posso che stare con Berlusconi: in fondo la politica non è Tolkien, non è scegliere tra buoni e cattivi, ma scegliere ogni giorno il male minore. E oggi il male minore è Berlusconi, non i giudici” (pag. 96). Quel “law and order” che la leggenda vuole cavallo di battaglia della destra (quale?), a quanto pare è interpretato in maniera molto diversa dall’ex direttore del Secolo e dall’attuale (De Angelis). Destre che un tempo avranno avuto pure in comune alcuni miti di riferimento, ma che oggi non si amano affatto. Quale ulteriore esempio di questa carenza di amore (paradossale in coloro che si dicono vicini al “Partito dell’amore”) leggiamo un brano che riporta le parole di Gabriele Adinolfi, ex Terza Posizione (“il Cavaliere incarna inoltre, al pari del suo amico Putin, quel neocesarismo che, anche passando per il restringimento delle libertà democratiche, può salvare l’Europa dalla corruzione democratica”): “Quello di Fini è il programma del mondialismo avanzato” […] “Nessuno che abbia un minimo di intelligenza, un minimo di mentalità politica e tenga alla libertà può non augurarsi che Berlusconi abbia la meglio sui proci” (pag. 127). Significativa anche l’intervista a Roberta Angelilli, oggi eurodeputata Pdl, dove prima si ricordano gli anni giovanili di militanza, i rapporti con la Destra extra-istituzionale, peraltro con toni alati, evocando i valori nazionali, dell’antiamericanismo, della socialità, del futurismo; e poi, tornando al presente, si arriva alle domande sul berlusconismo dove le risposte si fanno più vaghe: “Berlusconi ha contribuito a modificarci, come – tra l’altro – ha messo a soqquadro la vita politica del Paese: è stato protagonista degli ultimi venti anni di storia italiana e ha lasciato il segno, modificato le cose. Questo è un dato di fatto” (pag. 48). In questo caso la Angelilli si è ben guardata dal dire la sua sulle marachelle dell’ex premier: si è limitata ad un “ha modificato le cose”.

E come? Anche qui l’impressione, proprio nel leggere nella stessa intervista toni diversi da una riga all’altra,  è che qualche ex militante duro e puro, vuoi per convinzione, vuoi per gattopardismo, abbia perso per strada il “futurismo” e quelli che, a torto o ragione, venivano considerati alti valori, per assomigliare ad un Forlani qualunque; usando le parole per non dire nulla. “Ripuliti” è ancora cronaca politica – parziale e a volte forse con qualche lieve imprecisione (si legge a pag. 104 di un Segni che non mi risulta sia mai entrato nella Cdl nonostante l’esperimento maldestro dell’Elefantino) – delle tante quadriglie, aggregazioni, scissioni nella nuova destra italiana, con gli ex colonnelli di An diventati convinti berlusconiani, ma scavalcati dallo stesso Cavaliere che non ha avuto remore ad imbarcare chi stava alla destra di Fini e lo considerava da tempo un rinnegato: un viaggio nel mondo di quello che fu, e che forse è ancora, della destra più radicale, ora  sotto l’ala protettiva del Pdl, con “il chi era” di tutta una serie di personaggi duri e puri, con fedina penale tutt’altro che immacolata,  riciclati nei consigli comunali, nelle municipalizzate (eclatante il caso di Roma). Efficace la frase di Marcello De Angelis, in quarta di copertina, sintesi di quanto spesso è stato detto a mezza voce dagli stessi protagonisti del  lungo e contrastato sdoganamento di quella che un tempo era la destra antagonista: “Per noi Berlusconi ha avuto un ruolo strumentale. Scherzando – ma neanche troppo –  un giorno spiegai a un ex Pci, deputato alla Camera, che per noi Berlusconi è la dittatura del proletariato, quella situazione teoricamente non auspicabile ma necessaria come passaggio, come momento di transizione, per arrivare all’anno zero”. Proprio al termine della lettura di “Ripuliti”, tra le tante domande che non hanno avuto risposta, una in particolare rimane lì appesa: ma dopo questi anni nei quali Berlusconi c’ha salvato dal comunismo sacrificandosi per noi, tra bunga bunga e leggine ad personam emanate “a sua insaputa”, che caspita sarebbe l’auspicato anno zero di De Angelis?

Edizione esaminata e brevi note

Daniele Nalbone, è giornalista di “Liberazione” e autore di: Le mani sulla città. Da Veltroni ad Alemanno storia di una capitale in vendita (2011); In prima persona. Lotte e vertenze dei comitati territoriali del Lazio (2010); Cricca Economy. Dall’Aquila alla B2, gli affari del capitalismo dei disastri (2010).

Giacomo Russo Spena, è giornalista di “Micromega”. Collaborata per “Il Fatto Quotidiano” e “Il Riformista”. E’ stato redattore de “Il  manifesto” e ha lavorato per diverse emittenti televisive.

Daniele Nalbone, Giacomo Russo Spena, Ripuliti. Postfascisti durante e dopo Berlusconi,  Castelvecchi, Roma 2012, pag.192

Luca Menichetti, per Lankelot, gennaio 2012