A distanza di qualche anno tornano su carta stampata i “precari” di Vanni Santoni: nuova casa editrice, nuovi personaggi stralunati e probabilmente un significato più compiuto proprio per quel “precario” del titolo. Avremmo dovuto leggere anche l’edizione precedente, ormai introvabile, ma l’idea che ci siamo fatti, poi confermata grazie alle puntuali osservazioni di Raoul Bruni, autore della postfazione, è che nel nuovo libro di Santoni, un “Personaggi Precari” ampliato e rinnovato e quindi più di un’edizione aggiornata, non ci sia soltanto “precarietà” semplicemente intesa come incertezza lavorativa o economico sociale, comunque status tale da rendere straniti a prescindere da qualsivoglia predisposizione genetica. Il precario di Santoni oggi ha assunto un significato più universale e letterario, e non potrebbe essere altrimenti se solo consideriamo come il progetto sia nato su un blog e poi negli anni si sia evoluto tra riviste, radio, fumetti e quotidiani. In particolare – ricordiamolo – su Nazione Indiana, dove sono apparse tre ampie selezioni di “precari”, tali da costituire un’evidente continuazione del testo scritto. Certo è che se Santoni si fosse limitato ai pur numerosissimi disperati privi di certezze lavorative, e con la speranza di un grande futuro alle spalle, è probabile che molti dei “personaggi” sarebbero rimasti inespressi e non avremmo avuto neppure l’occasione di leggere istantanee che svariano disinvolte da toni asettici a quelli caricaturali e grotteschi.
Ho scritto “istantanee” ma forse si poteva anche dire monadi letterarie, aforismi in forma di racconto, bozzetti, oppure anche microracconti, non fosse altro che i “precari” del libro ci vengono raccontati appunto grazie ad una sola frase oppure con un dialogo incompiuto come può diventare incompiuta e stralunata l’esistenza nella nostra società. Qualcuno tra i lettori più acculturati potrebbe pensare ad una versione prosaica dell’ermetismo poetico, quello che se la sbrigava con un m’illumino d’immenso. Ad altri, sbagliando, nel sentire di monadi o bozzetti potrebbero venire in mente tipo le formiche che s’incazzano oppure le battute di spinoza. Niente di tutto questo, nonostante spesso, nel leggere come son messi i precari di Santoni, spaesati, spesso crudelissimi, altre volte sfigatissimi, la risata possa comunque venire fuori. Il progetto, vuoi anche per la già citata varietà di stili, non si limita alla battuta ironica, che pure è presente, ma si capisce nasce con ambizioni chiaramente letterarie, non prive di un intellettualismo inteso in senso buono: la creazione di tipi umani pronti per essere immaginati ben oltre la singola frase loro dedicata e subito a disposizione per qualche possibile loro evoluzione dentro o fuori il club dei precari. Coerenti in questo senso le affermazioni di Vanni Santoni – ripetiamolo ancora – che più volte ha chiarito come il progetto abbia trovato la sua piena maturità nel blog e su Nazione Indiana, come se il libro potesse diventare l’apripista per qualcosa di ancora più complesso e compiuto.
Se i personaggi, citati ognuno col loro nome, ci appaiono colti in un universo che, per lo più stranito, si svela a volte malinconico, altre volte grottesco, oppure ironico, oppure ancora glaciale, è altrettanto vero che la toscanità di Santoni, intesa come uso di “toscanismi” e come brillanti cattiverie, appare del tutto evidente nonostante gli intenti quasi sperimentali di ricerca letteraria dell’opera. E proprio perché “Personaggi precari” rappresenta volutamente una miriade di stili diversi, i momenti dove sembrano essere presenti il Perozzi e il Conte Mascetti non stonano affatto ed anzi ci riportano ad una realtà e quindi ad una letteratura che non si limita alla raffinatezza o allo straniamento dello sperimentalismo, ma che vive anche di comicità e grottesco (ovvero non un “alleggerimento” con intenti poetici, ma piuttosto potremmo parlare di “appesantimento” virtuoso).
Anche se non è sempre carino dire troppe cose su chi potremo presto incontrare, qualche presentazione la possiamo fare fin da ora.
“Michela. – E col tuo ragazzo come va? – E’ come avere un figliolo, ma bene”.
“Samuele. Capisce di essere, per così dire, arrivato, un giorno in cui si scopre a scaldare il caffè in padella per sbattersi a lavare una tazza”.
“Vieri. Cerca su internet informazioni su un libro che ha nell’altra stanza”.
“Felicita. Felicita Colombo, sessantun anni. Donna robusta e piuttosto elegante che fonda la sua serenità su una costante, minuziosa falsificazione del proprio passato”.
“Cristina. Cristina, trentadue anni, ingegnera, precaria in uno studio di progettazione. Si indigna perché è un mondo in cui contano più le borse dei libri; soffre perché anche lei, alla fine dei conti, preferisce le borse”.
“Melampo. – Tu gli ‘ha voluto dare un nome così, ci credo che è venuto su finocchio! [Il coming out casalingo di Melampo assume da subito contorni grotteschi]”.
“Elia. Nato biblico da una madre infeconda fino ai cinquant’anni e cresciuto tra gli affetti, si esprime oggi per lo più a cinghiate”.
“Claudio. Un obiettivo: passare a un contratto a tempo indeterminato entro la fine dell’anno. Un timore: che suo fratello torni dalla Germania e chieda la sua parte di casa. Un sogno: la pena di morte su scala industriale”.
Frammenti e micronarrazioni tagliate per artisti falliti, assassini, genitori fuori testa, figli disgraziati, sociopatici di ogni risma che – possiamo giurarci – torneranno ancora a riempire le pagine di Vanni Santoni.
Edizione esaminata e brevi note
Vanni Santoni è nato a Montevarchi nel 1978. È scrittore e giornalista. Laureato in scienze politiche, comincia a scrivere nel 2004, sulle pagine della rivista Mostro; nel 2005 vince il concorso Fuoriclasse della casa editrice Vallecchi con il testo Vasilij e la morte. Ha pubblicato, tra gli altri, i romanzi Personaggi precari (2006), Gli interessi in comune (Feltrinelli 2008), Se fossi fuoco arderei Firenze (Laterza 2011), Terra ignota. Il risveglio (Mondadori 2013) e, da coordinatore, In territorio nemico (minimum fax 2013).
Vanni Santoni,“Personaggi precari”, Voland (collana Libri piccoli), Roma 2013, pag. 157
Luca Menichetti. Lankelot, novembre 2013.
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