Seitz Stephen

Sherlock Holmes e il morbo di Dracula

Pubblicato il: 7 Marzo 2013

“Pastiche” – leggiamo sullo Zanichelli – vuol dire “opera letteraria o artistica il cui autore ha imitato lo stile di altri autori, o vi si è ispirato”. E difatti proprio la parola “pastiche”, non so quanto a ragione, è stata spesso associata, fin dalle prime recensioni e presentazioni, all’opera prima dello statunitense Stephen Seitz: “Sherlock Holmes e il morbo di Dracula” fin dal titolo svela come l’autore abbia voluto far incontrare i personaggi ideati da Arthur Conan Doyle e Bram Stoker per un romanzo forse poco impegnativo come lettura ma erudito ed ambizioso nei fini. Seitz – lo confessa lui stesso – nel prendere i personaggi e gli eventi del Dracula di Stoker trasferendoli nell’universo di Sherlock Holmes, si è proposto di essere fedele ad entrambi, proprio come un creatore di apocrifi che si rispetti, ma nel contempo con la ferma intenzione di creare qualcosa di inedito ed originale.

La sfida, che credo davvero sia riuscita, prende le mosse inserendo nell’antefatto del “Dracula” di Stoker la ricerca dell’avvocato Jonathan Harker da parte di Sherlock Holmes e del dottor Watson, su incarico della fidanzata Mina Murray. E’ il 1890 e il celeberrimo detective, insieme al suo amico e biografo, partono per la Transilvania, dove il giovane Harker si era recato per concludere la vendita delle proprietà di un aristocratico, il conte Dracula. Reduci dai terrificanti racconti della gente del luogo, i due si recano al castello, apparentemente disabitato dopo la partenza di Dracula per l’Inghilterra. Ma solo apparentemente: Sherlock Holmes viene attaccato da tre creature d’aspetto femminile e si ritrova vittima di uno strano morbo che gli allunga i canini. Guarito – forse – grazie al suo fedele Watson, tornerà in Inghilterra in tempo per vedere in azione la strana coppia Dracula-Moriarty e ad incontrare, vivi, morti o apparentemente non-morti, alcuni dei personaggi conosciuti nel romanzo di Stoker. Non aggiungo altro per non svelare una vicenda nel quale in realtà lo scioglimento di un terrificante mistero è in parte rivelato (ma come?) dallo stesso titolo del romanzo. E’ opportuno però rassicurare da subito i lettori che l’aver voluto mettere insieme Sherlock Holmes e Dracula non ha niente a che vedere con quelle operazioni tipo “Dracula contro Frankestein” oppure “Frankestein contro l’Uomo Lupo”, alle quali ci ha abituato la cinematografia di genere più disastrata. In questo caso la letteratura, grazie ad uno stile che riesce a non trasformarsi in parodia – anche se ci ricordiamo Ezra Pound col suo “La buona arte prospera in un’atmosfera di parodia” – ha nobilitato qualcosa che poteva altrimenti rivelarsi una “boiata pazzesca”, anche grazie ad un forma “pastiche” in Seitz rivelata non tanto nel perseguire un linguaggio datato, ma semmai nella struttura: il romanzo è costruito, proprio come nel “Dracula” di Stoker, mettendo insieme un epistolario e con delle ritrovate pagine di diario nelle quali Watson si racconta e racconta l’incredibile vicenda. Un altro aspetto da rilevare è la fedeltà di Seitz a quelli che credo proprio consideri dei sacri testi: “Sherlock Holmes e il morbo di Dracula” si inserisce tra le pieghe del romanzo di Stoker e dei racconti di Conan Doyle ma non crea qualcosa di incompatibile. Tutto torna, compresi i tempi, con alcune note indagini di Sherlock Holmes: dal “problema finale”, dove il nostro fu spacciato per defunto dopo una furiosa lotta con Moriarty vicino alle cascate del Reichenbach, nelle Alpi svizzere, per approdare al cosiddetto “Grande Iato” (tra il 1891 e il 1894 Arthur Conan Doyle fece sparire il detective dalle scene letterarie sperando di poter archiviare il personaggio, mentre i fans attendevano con ansia una sua resurrezione). E proprio nei tempi del “Grande Iato” si inserisce la fase finale del racconto, con la spiegazione del “morbo”.

Niente di incompatibile con i romanzi classici anche la vicenda del sodalizio Dracula-Moriarty, dove peraltro l’opera di Seitz si apre al racconto di una possibile destabilizzazione finanziaria dell’Europa causata dalla diabolica coppia in combutta con alcune banche. L’abbinamento banche -vampiro ricorda qualcosa di molto attuale e potrebbe apparire a qualcuno anche un parallelo facile facile, quant’anche banale, se non fosse che poi l’autore, con questo complotto vampiresco-finanziario sventato da Sherlock Holmes, non insiste poi tanto. E’ semmai altro l’aspetto che caratterizza il romanzo di Seitz dalla prima all’ultima pagina: il continuo confronto tra l’irrazionale e il demoniaco, rappresentato dal non-morto Dracula, e le doti deduttive di Holmes, fino all’ultimo paladino della razionalità scientifica anche di fronte alle efferatezze e gli orrori dei vampiri. Avrà partita vinta l’orrore o la razionalità, con tanto di spiegazione scientifica anche per i più spaventosi fenomeni? Questo è il vero mistero che accompagna tutti i personaggi fatti incontrare da Seitz. Se inizierete a leggere il romanzo, visto che difficilmente smetterete, lo saprete presto.

Edizione esaminata e brevi note

Stephen Seitz (1954) è giornalista e scrittore. Ha lavorato per il Dipartimento di Giustizia e dell’Energia del Governo Federale. Sherlock Holmes è il morbo di Dracula è il suo primo romanzo. www.stephenseitz.net.

Stephen Seitz, “Sherlock Holmes e il morbo di Dracula”, (traduzione di Francesco Riezzo), Gargoyle, Roma 2013, pag. 200, euro 12,90.

Luca Menichetti. Lankelot, marzo 2013