Sturloni Giancarlo

L’atomo diviso. Storia, scienze e politica dell’energia nucleare

Pubblicato il: 23 Febbraio 2014

Meno di duecento pagine per un argomento sterminato come la scienza e la politica nucleare di primo acchito potrebbero apparire davvero poche anche agli occhi di un profano. Ma si tratterebbe soltanto di un’impressione perché Giancarlo Sturloni col suo piccolo libro ha raggiunto il suo obiettivo di divulgatore scientifico: dalla storia della scoperta dell’energia nucleare, ai suoi impieghi militari e civili, per giungere poi agli incidenti di Chernobyl, di Fukushima ed al conseguente dibattito sulla sicurezza e percezione pubblica del nucleare. L’intento divulgativo ha voluto dire innanzitutto un linguaggio estremamente chiaro e che, seppur lontano dalla banalità e superficialità, ha reso comprensibili anche per i non addetti ai lavori quelle scoperte scientifiche che, tra fine Ottocento e inizio Novecento, sono scaturite dagli studi sulla struttura interna degli atomi e sulle proprietà fisiche dei loro elementi costitutivi. E di conseguenza molti di quegli aspetti, a volte poco considerati, che, tra scienza, storia e politica, hanno significato la possibilità di liberare l’energia racchiusa nei nuclei degli atomi.

Il significato di quest’opera lo spiega lo stesso Sturloni nell’introduzione: “questo libro intende offrire al lettore una mappa a più dimensioni per orientarsi nell’intricata querelle sull’impiego dell’energia nucleare, in cui si mescolano questioni scientifiche, tecnologiche, storiche, sociali e geopolitiche. L’opera è stata scritta cercando di restituire la pluralità di punti di vista, pur nella consapevolezza che l’imprescindibile componente politiche insita nel dibattito indurrà ciascuno di noi – autore e lettori, esperti e profani – a schierarsi. Del resto, il dibattito sull’energia nucleare non può essere ridotto agli aspetti tecnico- scientifici (e perciò tanto meno risolto in quest’ambito) ma esige il coinvolgimento della società civile a ogni livello, nazionale e internazionale. Si tratta, in altre parole, di un problema sociale, su cui ciascuno è chiamato a esprimersi e a esercitare il proprio diritto di cittadinanza” (pag. 12). Un discorso tutt’altro che ovvio, soprattutto nel contesto di un libro di divulgazione scientifica. E’ vero che l’argomento è molto particolare ma, in virtù delle tante verità dispensate da scienziati tipo Veronesi (non a caso ricordato per una delle sue frequenti uscite spavalde in tema di nucleare), memori di una divulgazione targata Cicap, di Angela padre e figlio, e – tanto per dire – di personaggi come Salvo Di Grazia, era lecito aspettarsi l’ennesimo pippone fatto di affermazioni categoriche. Niente di tutto questo. E noi, probabilmente privi di mentalità scientifica (per fortuna o per sfortuna?) e che viviamo con ben poche certezze, l’approccio di Sturloni, giornalista e scienziato, l’abbiamo apprezzato. A riguardo, nel riconoscere dei nuovi diritti di cittadinanza scientifica, possiamo citare altri passaggi significativi del libro che – credo – difficilmente avremmo potuto leggere in articoli di divulgatori schierati dalla parte della “verità” e propensi ad accantonare ogni principio di precauzione: “Nelle società democratiche, il modo peggiore di cercare una soluzione ai problemi posti dalla tecnologia sembra proprio quello di affrontarli nel segreto delle stanze degli esperti […] La necessità di coinvolgere i cittadini nelle decisioni di ambito tecnico- scientifico, oltre a soddisfar un’esigenza di democrazia, è un tentativo di fare fronte a problemi che, a causa della loro complessità, risultano caratterizzati da un elevato grado di incertezza […] Rispetto a questi problemi, l’incertezza o l’ignoranza sulle cause e sugli scenari di rischio non sempre permettono di fondare le scelte su evidenze scientifiche indubitabili. In altre parole, oggi ci troviamo di fronte a problemi che – anche quando sono definibili in termini tecnico-scientifici – non sempre possono essere risolti dai soli esperti sulla base delle conoscenze disponibili. Sembra dunque necessario affidarsi a una maggiore condivisione delle scelte, attraverso una più estesa partecipazione ai processi decisionali” (pag. 183). Anche qui si torna al concetto che avevamo colto fin dall’introduzione. Del resto che l’argomento energia nucleare non si presti più di tanto alle spavalderie dispensate da certi eminenti scienziati viene ricordato anche grazie alle parole della sociologa Bruna De Marchi. Nel paragrafo “Il mondo dopo Chernobyl”: “l’incapacità della comunicazione scientifica di fornire spiegazioni credibili e condivise di quanto stava succedendo in quei giorni e dei possibili rimedi da adottare finì per incrinare l’idea stessa di scienza come sapere certo e neutrale […] Per la prima volta in modo tanto eclatante, tale dibattito si svolse sotto i riflettori, mostrando ad un vastissimo pubblico come lo stesso fatto si pesti a valutazioni differenti e come la passione non sia estranea alla comunità scientifica, che è solitamente considerata il reame della sola ragione” (pag. 129).

Fatta questa premessa, è bene chiarire come Sturloni, col suo libro, non si sia limitato a proporci riflessioni sui cosiddetti diritti scientifici di cittadinanza, che peraltro sospetto siano ignoti a molti dei suoi colleghi. Il suo “Atomo diviso” è una vera e propria storia delle scoperte sul nucleare, con tanto di analisi scientifiche rese finalmente comprensibili anche per i non addetti ai lavori: un viaggio che, partendo dagli studi di Ernest Rutheford, passando per i Curie, Teller, il progetto Manhattan, Hiroshima e Nagasaki, gli arsenali atomici, la “perdita d’innocenza della scoperta scientifica”, l’equilibrio del terrore, il limitato disarmo, arriva ad analizzare l’uso civile del nucleare, ovvero il funzionamento di un reattore, le centrali italiane, il problema dello smaltimento delle scorie e, tra gli innumerevoli argomenti, i “due incidenti che non potevano accadere”. Con quest’ultima frase, che contraddice già sperimentati atteggiamenti fideistici, ci riferiamo a  Chernobyl e Fukushima, disastri ai quali Sturloni ha dedicato diverse pagine, svelando vicende probabilmente poco pubblicizzate dai media ed ancora ignote ai più. Senza dimenticare altre considerazioni che investono l’economia: “Secondo molti analisti, però, il peggior nemico dell’industria nucleare, più che le paure della gente o le campagne dei movimenti ambientalisti, sono i costi di costruzione delle nuove centrali, sempre più elevati […] In un regime di libero mercato energetico restano diversi dubbi sull’effettiva convenienza del nucleare rispetto ad altre forme di energia. Infatti, se è vero che, una volta attivato l’impianto, le produzione di elettricità per via nucleare è economicamente piuttosto vantaggiosa, al conto complessivo occorre aggiungere l’investimento iniziale, molto oneroso, per costruire la centrale, e i costi finali difficili da stimare, della sua dismissione e dello smaltimento delle scorie radioattive” (pag. 167). “L’atomo diviso” inteso quindi come  il racconto delle applicazioni e delle tecniche che, nella storia recente, hanno preso le mosse dalla “divisione” dell’atomo e che poi hanno “diviso” l’umanità sull’uso della tecnologia nucleare sia nel campo militare che civile. Ed anche un efficace strumento di divulgazione che ha colmato molte delle nostre lacune su argomenti così controversi.

Edizione esaminata e brevi note

Giancarlo Sturloni, nato nel 1973, è fisico, giornalista e scrittore, esperto in comunicazione della scienza, svolge attività di consulenza e formazione in campo tecnico-scientifico, sanitario e ambientale. Insegna Comunicazione del rischio nelle università di Trieste, Udine e Ferrara e Giornalismo scientifico alla SISSA di Trieste. È autore dei libri Energia nucleare (Alpha Test, 2011) e Le mele di Chernobyl sono buone-Mezzo secolo di rischio tecnologico (Sironi, 2006). Con Daniela Minerva ha curato il volume Di cosa parliamo quando parliamo di medicina (Codice, 2007).

Giancarlo Sturloni, “L’atomo diviso. Storia, scienze e politica dell’energia nucleare”, Sironi Editore, Milano 2013, pag. 208.

Luca Menichetti. Lankelot, febbraio 2014