Kondo Yoshifumi

I sospiri del mio cuore

Pubblicato il: 18 Luglio 2012

Alternando l’uscita in sala e l’ingresso sul mercato direttamente in dvd, prosegue negli ultimi mesi in Italia il recupero delle opere dello Studio Ghibli che gli appassionati nostrani non avevano avuto ancora la possibilità di vedere. Tra di esse, l’inverno appena trascorso ci ha portato in dote, grazie alla sempre ottima Lucky Red, ma solo per l’home video, l’unico lungometraggio diretto dal talentuoso e purtroppo prematuramente deceduto (nel 1998, a soli 47 anni) maestro dell’animazione giapponese Yoshifumi Kondo, già character design e animatore di serie di successo e film, in cui aveva collaborato con Hayao Miyazaki e Isao Takahata, come Conan il ragazzo del futuro, Anna dai capelli rossi, Porco Rosso e Una tomba per le lucciole. Tratto dall’omonimo manga di riferimento, I sospiri del mio cuore è arrivato in Italia oltre 15 anni dopo il grande successo ottenuto in madrepatria, andando a colmare, pur con considerevole ritardo, un vuoto che gli appassionati di genere, trattandosi di uno dei lungometraggi che hanno fatto la fortuna dello Studio Ghibli, avevano quanto meno la curiosità di riempire. A dispetto del titolo da romanzo rosa e del taglio dichiaratamente adolescenziale, la pellicola diretta da Kondo e sceneggiata con estrema sensibilità e delicatezza da Miyazaki dimostra una volta di più come la magia e l’incanto, nelle opere dello Studio, attingano sempre dai sentimenti più puri che nascono dall’esperienza comune – in questo caso, l’innamoramento – ad ognuno di noi. Dunque i successivi passaggi dal fisico al metafisico, dal reale al fiabesco, sono sempre un lampo, oppure proprio un sospiro, per restare al titolo, che ci trasporta in men che non si dica in un universo in cui non solo è lecito, ma è sostanzialmente inevitabile immergersi nella fabbrica di sogni che quell’ora e mezza o poco più di visione ci regala ogni volta.

Risultati immagini per i sospiri del mio cuore

Protagonista della storia è Shizuku, una ragazza di 14 anni in procinto di finire la scuola media e appassionata di romanzi, tutta presa dallo studio ma proprio all’ingresso di quell’età in cui l’innamoramento arriva in modo imprevisto e fulminante. Shizuku trascorre molto tempo in biblioteca, sempre pronta ad immergersi ed immedesimarsi nelle storie che legge: leggendo senza sosta un volume dopo l’altro scopre che c’è un ragazzo che prende in prestito i suoi stessi libri. La curiosità di conoscere qualcuno con la medesima passione la porta inevitabilmente a favoleggiarci su e un giorno, seguendo un gatto paffuto saltato sopra un vagone della metropolitana, si ritrova all’interno del negozio di un anziano antiquario che le mostra i suoi preziosi tesori. Tra di essi, Shizuku rimane colpita dalla bambola di un uomo dal volto felino chiamato “Il Barone”. Il destino, come logico, è in agguato, poichè l’anziano antiquario non è altro che il nonno di Seiji, il ragazzo che leggeva i suoi stessi libri. Tra i due adolescenti nasce un candido sentimento, ma Seiji, che vuol lasciare gli studi per diventare liutaio, è in procinto di partire per Cremona, dove può apprendere l’antica arte e misurare il suo reale talento. La lontananza di due mesi del ragazzo farà si che Shizuku, fino ad allora confusa sui suoi reali obbiettivi nella vita, si lanci nell’impresa di scrivere il suo primo romanzo, proprio in ossequio all’idea, infusale da Seiji, di sperimentare le proprie abilità, di coltivare le proprie aspirazioni, di dare respiro ai propri sogni. Sfidando se stessa. Nell’attesa del suo ritorno.

Nonostante gli innumerevoli capolavori conosciuti e celebrati distribuiti dallo Studio Ghibli alle nostre latitudini, ci si sorprende ogni volta nel constatare come il livello medio di questi lungometraggi animati sia di una qualità complessiva da far invidia alle più grandi produzioni occidentali di genere. Ciò che è dirimente, nella fattispecie, è proprio la scrittura. Eh sì, nonostante salti immediatamente all’occhio la pregevolezza delle animazioni (è stato il primo film Ghibli a sperimentare l’utilizzo del computer per la realizzazione di alcune sequenze), a parere di chi vi parla il gap sta proprio nella sceneggiatura, qui non a caso firmata da un maestro come Miyazaki, il quale riesce a tenere in piedi una struttura lineare del racconto ricca di cliché di genere con improvvise spruzzate di magia, misurando con un metro empatico spontaneo e naturale dialoghi e lunghezza d’insieme, seguendo un’ ideale sentiero narrativo basato su un’armonica progressione dei tempi emotivi. Non ci sono strappi né digressioni, se non un vago accenno alla storia di Baron e del nonno di Seiji, ma diversi rimandi alle opere dello Studio, omaggi e auto citazioni (Porco Rosso, Il mio vicino Totoro, La ricompensa del gatto) che amplificano le fascinose suggestioni della vicenda.

Immagine correlata

Ne I sospiri del mio cuore risulta centrale, come d’evidenza, l’amore adolescenziale, qui declinato in forma tanto pura e casta da non precludere la possibile visione anche dei giovanissimi. Ma è tutto il contorno dei sottotemi proposti a render potente e immaginifica la pellicola, peraltro volutamente scevra da ogni possibile sovrastruttura, proprio per favorire un’adesione diretta e immediata degli stessi adolescenti. A guardar bene, però, l’accoppiata Kondo-Miyazaki partorisce un’opera che strizza l’occhio a chi adolescente non lo è più, ricordandogli la magia e l’incanto di un tempo sospeso tra il non so cosa sarò e il cosa vorrei essere, laddove i sentimenti non conoscevano ostacoli e barriere, dove tutto era bianco o nero ma soprattutto possibile e in continuo divenire. Kondo e Miyazaki lo significano così bene tanto da andare a scalfire le incerte certezze dell’età adulta, fino a trovare ideale consonanza con la celebre invocazione del Faust di Goethe: “Rendimi il tempo della mia adolescenza, quando non ero ancora me stesso se non come attesa”. Ecco che I sospiri del mio cuore si palesa, per gli spiriti ingrigiti dalle scorie del presente e per i nostalgici del tempo andato, come una sorta di specchio in cui riflettere la propria immagine d’adulto trasfigurata dalle convenzioni interiorizzate crescendo e dalle scelte più o meno corrette compiute lungo il tragitto. Per ritornare con la memoria al tempo in cui vivere l’emozione dell’attesa era anche più importante che consumare l’attimo. L’adolescenza diventa così un tempo dell’anima che sfugge alle regole della naturale progressione lineare; un tempo in cui lo spazio improvvisamente si sovradimensiona nel quale Miyazaki, con l’ausilio della toccante regia di Kondo, fa scivolare come consuetudine le tematiche tanto care al suo cinema: l’armonia tra l’uomo e gli animali, l’elogio degli spiriti liberi (il gatto Moon che vaga di casa in casa essendo un po’ di tutti e di nessuno ne è l’esempio più lampante), il potere della creazione, la forza di volontà e il sacrificio per una causa giusta; il viaggio, onirico o reale, interiore o esteriore che sia come ricerca di sé e scoperta del mondo (o sarebbe meglio dire: dei mondi) che sovente accostiamo senza mai realmente vedere.

Curiosità: Il tema musicale principale, reinterpretato nel film da Shizuku, è la famosa ballata di John Denver Take Me Home, Country Roads, ricantata in giapponese con un testo che presenta alcune differenze di significato. I sospiri del mio cuore è stato campione d’incassi, per l’home video, in Giappone. Il film di Yoshifumi Kondo è stato inserito da Timeout London e Terry Gilliam al 21esimo posto della classifica dei migliori lungometraggi animati di sempre.

Federico Magi, luglio 2012.

Edizione esaminata e brevi note

Regia: Yoshifumi Kondo. Soggetto: tratto dal manga “Sussurri del cuore” di Aoi Hiragi. Sceneggiatura: Hayao Miyazaki. Art director: Satoshi Kuroda. Character design: Kitaro Kosaka. Montaggio: Takeshi Seyama. Musica: Yuji Nomi. Produzione: Studio Ghibli. Titolo originale: “Mimi wo sumaseba”. Titolo internazionale: “Whispers of the Heart”. Origine: Giappone, 1995. Durata: 111 minuti.