Ricapito Francesco

8350,6 Chilometri: Viaggio in Auto da Venezia a Lisbona – 4 – I Pirenei, il Castello di Ainsa, il Borgo di Sos del Rey Catolico ed una Notte in Autogrill

Pubblicato il: 23 Giugno 2016

Mappa Spagna

Autogrill Autostrada A-21, poco dopo Pamplona, direzione San Sebastiàn, 16 agosto 2015

Il risveglio è dolce in mezzo alla natura. Sono le otto e mezza quando usciamo dalla tenda e siamo i primi del campeggio. Come al solito durante la colazione stabiliamo il piano per la giornata, vorremmo arrivare a San Sebastiàn, sulla costa atlantica entro domani, ma nel mezzo ci sono numerosi luoghi che dobbiamo visitare. Decidiamo di sacrificare Saragozza e Pamplona in favore di mete più piccole. Il ragionamento è che le grandi città potremmo visitarle in futuro semplicemente prendendo un aereo, i piccoli villaggi isolati invece no. Siamo però entrambi d’accordo che la mattina la useremo per una passeggiata tra i monti. Sono così invitanti che sarebbe uno spreco non goderseli qualche ora in più.

Facciamo la spesa in un minuscolo minimarket a gestione familiare: prendiamo pane e prosciutto crudo, chiamato jamòn, una specialità in tutta la Spagna. Seguendo le indicazioni che ci ha dato la sera prima il ragazzo alla reception del campeggio, seguiamo la strada principale fino ad arrivare ad un ponte, qui troviamo una piazzola dove lasciamo la macchina. Prendiamo un sentiero che s’inoltra nella vallata scavata dal torrente, secondo la mappa dovremmo ormai essere entrati nei confini del Parc Nacional d’Aigüestortes i Estany de Sant Maurici e in effetti non vediamo case, strade o costruzioni di sorta. SAMSUNG CAMERA PICTURESIl sentiero scorre parallelo al corso del torrente e dopo un’ora arriviamo ad un grande prato. La vegetazione è rigogliosa, gruppi di pini si alternano a prati rigogliosi e più in alto a ripidi crinali. Mi sembra d’intravedere un sentiero che sale verso la cresta della montagna sulla nostra sinistra e allora cominciamo a salire. In breve tempo ci ritroviamo incastrati in mezzo alla vegetazione con una pendenza che ci costringe ad avanzare a quattro zampe. Il mio orgoglio da scout è profondamente ferito e ci metto decisamente troppo per decidere di lasciar perdere e tornare indietro. Giorgia che mi aveva seguito fiduciosa per fortuna non infierisce troppo.

Una volta a valle troviamo un piccolo ponte di legno che attraversa il torrente, un posto perfetto per consumare i nostri panini. Il luogo è molto bucolico e regge benissimo il confronto con le nostre splendide Dolomiti.

Purtroppo il tempo sembra veramente sfuggirci di mano, dobbiamo tornare alla macchina e ripartire, la prossima meta è Ainsa, cittadina medievale a circa 100 chilometri da Taüll.

Per un tratto la strada è la stessa di ieri, poco dopo però arriviamo ad una statale molto stretta e tortuosa. Controllo la mappa e capisco che si tratta di una scorciatoia: invece di seguire la statale che passa a nord di un massiccio montuoso, questa passa a sud, accorciando il percorso di qualche decina di chilometri. Sos 2Un cartello ci dice che ci siamo lasciati alle spalle la Catalogna, entriamo così in Aragona.

Guida Giorgia e quasi mi dispiace perché la cornice intorno è veramente unica. Ha uno stile di guida più tranquillo del mio, molto costante e regolare, non sono minimamente preoccupato a lasciarle il volante. Ad accompagnarci c’è un cd di musica jazz, lei studia al conservatorio e quindi ha buon gusto in fatto di musica. Io non ho mai avuto la passione del jazz e ammetto che dopo le prime canzoni comincio a controllare quanto manca alla fine dell’album.

Passiamo per villaggi che altro non sono che una manciata di case, i monti intorno sembrano ancora selvaggi. La traversata dura un’ora e i chilometri sembrano scorrere al rallentatore. Incrociamo ben poche auto e questo aumenta la sensazione di trovarsi in un sogno, una terra onirica, immutabile e sempre uguale. Giorgia sembra avere gli stessi pensieri perché si concentra solo sulla guida e nemmeno lei ha voglia di parlare. Non trovo neanche le forze per scattare qualche fotografia. Quando torniamo sulla strada statale ci sembra di svegliarci da un lungo sonno.

Il resto della strada fino ad Ainsa è rapido e diritto. Attraversiamo grandi vallate e ci lasciamo alle spalle le cime più alte dei Pirenei. Sos 3Il fondovalle è caratterizzato da grandi campi, molti di questi hanno covoni di fieno già diviso in mucchi rettangolari e pronti per essere portati via. Guido io adesso e la strada larga e regolare sembra quasi incoraggiarmi ad andare veloce. Curiosando tra le frequenze radio, Giorgia ne trova una che attira subito la nostra attenzione: si chiama Rock Fm e, come suggerisce il nome, trasmette solo musica rock. In cinque minuti ascoltiamo due grandi classici come Cocaine di Eric Clapton e Highway to Hell degli AC/DC e ci basta per capire che non dobbiamo cercare altre radio. Seguono un paio di canzoni rock spagnole piuttosto orecchiabili e poi un spot della radio stessa che tradotto dice:”Rock Fm, dove Pitbull, è ancora solo un cane”. Riferendosi naturalmente al famoso rapper americano.

Arriviamo ad Ainsa sulle quindici e lasciamo la macchina in un parcheggio sotto la città vecchia. Questa sorge sulla sommità di una collina, una strada pedonale ci porta oltre le mura, tra i vicoli di pietra che l’hanno resa famosa in tutta la Spagna. Sos 4Lo stile delle case è molto simile a quello di Taüll, pietre a vista tenute insieme da malta, piccoli balconi che si affacciano sulla strada e strade pavimentate con ciottolato.  Molte delle abitazioni sono decorate con piante e fiori e mi piace pensare che sia perché qualcuno ci abita ancora e non perché sono state tramutate in alberghi e hotel.

Proseguendo si arriva alla Iglesia de Santa Marìa, in stile romanico e dotata di un austero ma elegante campanile. La chiesa c’introduce su una grande piazza rettangolare. I due lati lunghi sono caratterizzati da porticati, uno dei lati corti ospita un edificio più grande degli altri che credo sia il Municipio, l’altro lato corto invece continua e si apre in un piccolo giardino oltre il quale vediamo le mura della fortezza. Nella piazza si sta esibendo un gruppo di musicisti di strada, sono in quattro: un tamburo, un basso elettrico, una chitarra acustica ed una ragazza con un clarinetto. Suonano melodie folk jazz molto orecchiabili. Giorgia da brava musicista si ferma ad ascoltare e quando finiscono di suonare scambia due parole con loro. Alla fine compra pure il loro cd, mi confessa quasi come se fosse un segreto che a casa ha un’intera collezione di dischi comprati da artisti di strada.

Sos 5La fortezza altro non è che un perimetro murato, per entrare nell’edificio vero e proprio, dove è stato allestito un museo, c’è da pagare un biglietto ma decidiamo che possiamo farne a meno. Passeggiamo sulle mura e ammiriamo il paesaggio circostante. Ainsa è in una posizione molto strategica perché è stata costruita vicino alla confluenza tra due fiumi, il Rio Ara e il Rio Cinca, che sfociano poi in un lago artificiale, formatosi dopo la costruzione di una diga che in effetti vediamo in lontananza.

Oltre i due fiumi vediamo le ultime propaggini dei Pirenei. Nelle immediate vicinanze però notiamo un bizzarro assembramento di volatili: da alcuni cartelli capiamo che sono una specie di grifoni tipica della zona. Nonostante i molti turisti, l’atmosfera è rilassata, quasi pigra. Si tratta pur sempre di un borgo medievale molto frequentato, ma non c’è la stessa frenesia di Carcassonne, viene voglia di camminare lentamente, guardarsi intorno e non pensare ad altro se non a gustarsi la visita.

Prendiamo un gelato per ricaricare le energie e ripartiamo alla volta della prossima destinazione della giornata, un altro borgo medievale famoso per la sua bellezza: Sos del Rey Catòlico.

Ascoltiamo subito il cd comprato da Giorgia; musica folk con alcuni brani di clarinetto molto orecchiabili, si adattano bene al contesto in cui ci troviamo. La strada è una normale statale fortunatamente poco trafficata, i chilometri scorrono veloci, continuiamo a costeggiare la linea dei Pirenei, stabilmente sulla nostra destra. Una serie di colline sulla nostra sinistra crea una larga vallata dal fondo piatto molto simile a quella dove si trovano Trento e Bolzano.

Dopo circa ottanta chilometri il navigatore ci fa prendere quella che la mappa conferma essere una scorciatoia, la seconda della giornata. Oltrepassiamo un grande lago e la strada si fa improvvisamente più stretta e sconnessa, una di quelle vie di campagna dove bisogna rallentare se s’incontra qualcuno che arriva nel senso opposto, ma su cui è molto piacevole guidare. Non ci sono cartelli e quindi dobbiamo basarci solo su quello che ci dice Zita e sulla buona vecchia mappa cartacea. La linea d’asfalto ci porta dritti verso le colline che fino a poco fa erano sulla nostra sinistra e comincia pian piano a salire. Ogni tanto vediamo un cartello blu con una conchiglia gialla, indica il percorso del Camino de Santiago, probabilmente il più famoso pellegrinaggio del mondo: esistono vari percorsi, quello classico parte da Roncisvalle, nei Pirenei al confine tra Spagna e Francia, me ce ne sono diverse versioni ed evidentemente una di queste passa per di qua.

Io ho avuto la fortuna di fare un tratto di questo pellegrinaggio: nel 2008 con il gruppo scout di cui facevo parte abbiamo deciso che per il campo estivo avremmo percorso gli ultimi cento chilometri del Camino. Cento chilometri sono il numero minimo richiesto per poter ottenere il certificato da pellegrino, un vero e proprio documento ufficiale che viene rilasciato pellegrini una volta arrivati a Santiago. Per dimostrare di aver effettivamente percorso i chilometri necessari, prima di partire è necessario procurarsi la Carta del Pellegrino, un foglio dove bisogna apporre i timbri di tutti i villaggi, ostelli e località in cui si transita.

Nel complesso posso dire che è stata un’esperienza veramente preziosa: non è necessario essere credenti per fare il Camino, alla fine ognuno può dargli il significato che vuole, quello che veramente colpisce è il senso di condivisione: migliaia di persone, ognuno con la sua storia e le sue motivazioni, che camminano verso la stessa meta. Può sembrare impossibile, ma il semplice fatto di darsi un obiettivo e di condividerlo con tante persone è una sensazione che ti fa riflettere e ancora oggi ricordo l’intensità della soddisfazione di arrivare a Santiago dopo aver tanto faticato.

Sos 6Per molti chilometri non troviamo neanche un edificio e così quando vediamo spuntare un paio di case diroccate ci fermiamo per una sosta. Il Camino ci passa esattamente in mezzo e in una di queste case è stato allestito un piccolo bar. Ormai sono le diciotto e c’è nell’aria quella tipica quiete serale che caratterizza le calde giornate estive di tutto il mondo.

Non abbiamo idea di quanti chilometri manchino e soprattutto di dove passeremo la notte, la cosa m’inquieta ma Giorgia sembra più rilassata e questo mi tranquillizza. La strada prosegue serpeggiando tra le colline, vediamo un cartello di legno che indica un camping ma lo ignoriamo e dopo poco arriviamo sul versante opposto e davanti a noi l’Aragona si mostra in tutto il suo fascino: una splendida vallata, ampia come quella che ci siamo lasciati alle spalle, ma molto più colorata e “rurale”. Grandi campi coltivati sono divisi tra loro da strisce d’erba o di alberi, un paio di antichi borghi svettano sul paesaggio circostante dominati dal loro immancabile campanile, le poche strade presenti sono strette e talmente piccole che sembrano quasi volersi nascondere tra le pieghe del paesaggio per non disturbare l’osservatore. La luce del sole al crepuscolo dona a tutta la vallata un colorito tra il giallo e l’arancione.

La strada scende in fretta verso la valle, all’ultimo tornante passiamo di fianco ad un’osteria davanti alla quale stanno sedute quattro vecchiette che guardano la nostra macchina con uno stupore tale da farci ridere di gusto. La nostra meta non è lontana ma ancora non la vediamo, non abbiamo comunque fretta, accosto un paio di minuti per scattare qualche foto alla sSos 7trada e ai campi. Tornato in macchina decido che la colonna sonora perfetta per questo momento sono i cari vecchi Eagles, passati alla storia per Hotel California ma anche autori di molte altre belle canzoni che ascoltiamo in rapida successione: Take it Easy, “Non te la prendere, non lasciare che il suono delle tue stesse ruote ti faccia impazzire”, Already Gone, ”E io sono già partito, e mi sento forte e canterò questa canzone di vittoria”, Desperado, “E la libertà, la libertà allora è soltanto qualcosa di cui la gente parla”, Tequila Sunrise,”E un’altra alba di tequila, che si mescola lenta nel cielo”. Rock semplice, con pochi fronzoli, testi a cui ognuno può dare la sua interpretazione, ritmo tranquillo e tanta, tanta gioia di vivere.

Con il morale alle stelle arriviamo finalmente alla meta e parcheggiamo poco fuori dal borgo. Sos del Rey Catòlico è considerato uno dei più bei borghi di tutta la Spagna e si chiama così in quanto luogo di nascita di Ferdinando II d’Aragona, il sovrano che insieme ad Isabella I di Castiglia (Los Reyes Catòlicos appunto) unificò la Spagna, portando a termine nel 1492 la Reconquista, strappando ai mori l’ultimo regno che ancora controllavano sulla Penisola Iberica, il Regno di Granada.

Sos 8Come tutti i borghi della zona, Sos del Rey Catòlico si trova sopra una collina e domina tutta la vallata. La nostra guida lo descrive così:”se si trovasse in Toscana sarebbe famoso in tutto il mondo”. Il centro storico si è conservato benissimo, i suoi edifici, i vicoli e le stradine sono ancora intatti e, forse anche a causa dell’ora, ci sono pochissimi turisti. Non avendo una mappa vaghiamo senza meta e seguendo solo l’istinto arriviamo nel palazzo dove nel 1452 nacque Ferdinando II e che oggi ospita un museo a lui dedicato. Il punto più elevato di Sos del Rey Catòlico è occupato dalle rovine del castello: da qui il panorama sui tetti del borgo e sulla campagna circostante è veramente unico.

Non sappiamo ancora dove passare la notte e questo comincia ad innervosirmi seriamente. Giorgia ostenta tranquillità e propone di cenare qui per poi ripartire, arrivare all’autostrada, fare qualche altra decina di chilometri avvicinandoci alla costa e poi dormire nel parcheggio di un autogrill. La proposta mi coglie di sorpresa e all’inizio non mi entusiasma per niente. Riflettendoci però mi rendo conto che è la cosa più Sos 9sensata da fare e quindi acconsento.

Per cena troviamo un graziosissimo bar posizionato sotto un grande portico e con molti tavoli all’aperto. Ci sono molti avventori ma sembrano essere persone del posto e questo mi rassicura. Per la prima volta da quando siamo arrivati in Spagna possiamo finalmente provare le gioie delle tapas: una tradizione spagnola molto simile ai cicchetti veneziani. Si tratta fondamentalmente di antipasti preparati con ingredienti tipici della regione e che si consumano insieme ad una birra o ad un bicchiere di vino. In alcune regioni, quando si ordina una bevanda le tapas vengono addirittura servite insieme a questa senza sovrapprezzo. Qui sperimentiamo una specie di panino con salsiccia di maiale locale, un pezzo di pesce fritto simile al baccalà e delle ottime patatas bravas, patate tagliate a cubetti, fritte e servite con maionese e ketchup. Accompagniamo il tutto con un’eccellente birra ambrata appena spillata.

C’è una bella atmosfera nell’aria. La televisione trasmette una partita e qualcuno la guarda. Gli altri clienti chiacchierano ad alta voce; il tono della gente in Spagna è più elevato di quello a cui siamo abituati. Lo spagnolo è una lingua squillante, sonora, allegra e uno se ne rende conto proprio quando si trova in mezzo alle persone. Nel complesso Sos del Rey Catòlico è tutto quello che uno straniero si aspetta da un borgo spagSos 10nolo.

Bevo un caffè per evitare colpi di sonno improvvisi e torniamo alla macchina. Ripartiamo alla volta dell’autostrada, ventidue e trenta e il cielo non è ancora del tutto scuro. Per un paio di volte prendiamo la strada sbagliata ma alla fine troviamo l’entrata. Percorriamo una cinquantina di chilometri, oltrepassiamo Pamplona, la città della famosa corsa dei tori ed infine la stanchezza mi fa capire che è giunto il momento di fermarci. Troviamo un autogrill, il parcheggio è piccolo ma ci sono solo altre due auto oltre alla nostra. Spingo il sedile più indietro che posso e cerco il modo più strategico per sistemare il sacco a pelo. Giorgia nel frattempo è già crollata come se per lei dormire in auto fosse normale. Apro leggermente il finestrino per far passare un soffio d’aria e chiudo gli occhi. Il sedile è più comodo di quel che pensassi, la soddisfazione per una giornata piena e ricca di emozioni mi fa addormentare col sorriso.

P.S Si ringrazia Giorgia per le foto senza le quali non ci sarebbe documentazione visiva del nostro passaggio per l’Aragona dal momento che le mie fotografie si sono andate perdute nel tentativo di trasferirle dalla macchina fotografica al computer.

Links:

https://it.wikipedia.org/wiki/A%C3%ADnsa-Sobrarbe

https://it.wikipedia.org/wiki/Sos_del_Rey_Cat%C3%B3lico

Francesco Ricapito Giugno 2016