Ricapito Francesco

Reportage dal Senegal: l’Area Marina Protetta di Keur Bamboung

Pubblicato il: 17 Marzo 2017

In wolof, la lingua maggioritaria in Senegal, Keur, pronunciato kœr, significa “casa”. Una bella coincidenza vuole che in francese la parola cœur si pronunci allo stesso modo e voglia dire “cuore”. Come spesso accade, il nesso tra questi due concetti l’avevano già capito gli antichi romani, fu infatti Plinio il Vecchio a dire che “La casa è dove sta il cuore”.

In Senegal la casa e la famiglia sono ideali ancora molto forti e non è un caso se numerosi alberghi e campement si chiamino appunto Keur; tra questi c’è pure Keur Bamboung, situato nella regione del Sine – Saloum, all’interno dell’omonima Area Marina Protetta Comunitaria.

Il Sine ed il Saloum sono due fiumi non molto lunghi e dalla portata piuttosto limitata che nascono nell’entroterra senegalese. Nonostante le loro discrete dimensioni, questi due fiumi hanno dato vita ad un delta particolarmente ampio da cui ha poi preso il nome una delle regioni più famose del Senegal e anche il suo secondo più grande parco nazionale, dichiarato proprio qui nel 1976.

Il delta in questione è un intricato labirinto di canali e di bolong: termine senegalese che descrive i tipici bracci di mare della regione. Le acque dei fiumi scorrono piuttosto lentamente e questo, unito alle forti maree atlantiche, permette una maggiore entrata di acqua salata, creando così un ecosistema del tutto particolare, dominato dalle mangrovie, dai baobab e da una notevole varietà faunistica.

Tutta la regione è stata dichiarata Riserva Mondiale Della Biodiversità dall’Unesco e oltre al Parco Nazionale qui esistono anche Foreste Protette, Riserve Naturali Comunitarie e Aree Marine Protette Comunitarie. Una di queste è appunto quella di Keur Bamboung: l’idea nacque nel 2001, quando lo sfruttamento intensivo della pesca aveva ormai raggiunto livelli critici. I quattordici villaggi costieri del distretto di Toubacouta decisero così di associarsi per evitare il disastro e grazie ad un efficace lavoro di sensibilizzazione ed un temporaneo divieto di pesca riuscirono a riportare la situazione sotto controllo.

Fu a quel punto che una ventina d’intraprendenti abitanti dei quattordici villaggi pensarono di creare una struttura per ospitare turisti nell’Area Marina Protetta e poter così avere una fonte di entrate per il proseguimento dei lavori. Venne trovato un luogo idoneo a circa due chilometri dal villaggio di pescatori di Sipo, furono costruiti una decina di bungalow e nel 2003 Keur Bamboung aprì ufficialmente i battenti.

Raggiungere il campement non è facile ma è già di per sé un’esperienza: una volta arrivati al villaggio di Sokone basta seguire la strada statale che porta verso il Gambia, dopo quindici chilometri si svolta a destra e si percorrono cinque chilometri di strada sterrata, arrivando così al villaggio di Toubacouta, dove si trova l’imbarco della piroga che porta a Sipo. Si tratta di un molo fatto di terra e assi che taglia in due una foresta di mangrovie fino ad arrivare ad un piccolo bolong; qui la mattina non è raro avvistare qualche famiglia di scimmie che cammina lungo il limitare delle mangrovie e, se si ha fortuna, si possono anche vedere delle manguste.

Di fianco al molo si trova la reception di Keur Bamboung. Il simpatico Mamadou è di solito l’addetto alla registrazione e alle prenotazioni. Un paio di famiglie abitano nelle case antistanti il molo e tra gli abitanti c’è anche un altro Mamadou, che è l’attuale presidente dell’associazione dei quattordici villaggi: persona simpatica e sempre contenta di fare due chiacchiere con i turisti di passaggio, ultimamente è sempre alle prese con i lavori di costruzione di un piccolo chiosco dove i turisti potranno bere e mangiare qualcosa in attesa della piroga.

La piroga in questione è il solo mezzo di trasporto disponibile per raggiungere Sipo e il campement, di conseguenza è usata sia dai turisti che dagli abitanti e dal personale di Keur Bamboung per trasportare viveri e provviste. Proprio come se si trattasse della teleferica di un rifugio alpino.

Le piroghe tradizionali senegalesi sono lunghe, strette, hanno un fondo a “V”, sono colorate di bianco e azzurro e sono decorate con i motivi più disparati. Oggi sono tutte dotate di motore, ma come anche per le auto, la grande maggioranza di queste sembra aver percorso un po’ troppi chilometri senza essere stata riparata e quella di Keur Bamboung non fa eccezione: le giunture tra le assi, chiuse solo da strisce di canapa imbevute di pece, sono ormai fradice d’acqua e gocciolano. Nulla di grave, ma una goccia segue l’altra e di conseguenza il fondo della piroga presenta sempre qualche centimetro d’acqua. Con la naturale flemma che caratterizza i senegalesi, ogni tanto il piroghiere svuota il fondo usando un secchio, sotto gli occhi divertiti e un po’ preoccupati dei turisti.

Il tragitto dura circa venti minuti ed offre subito una panoramica della zona: stretti canali circondati da bellissime mangrovie sulle cui radici vivono le ostriche, aironi e cormorani che volano via infastiditi dal rumore del motore, pesci che saltano intorno alla prua e, se la marea è bassa, si possono addirittura incontrare gruppi di donne che raccolgono vongole e molluschi dalle zone emerse.

L’approdo è sulla spiaggia di Sipo: piccolo villaggio di pescatori abitato da qualche decina di anime e dove la prima cosa che si nota è una montagnola di gusci d’ostrica alta tre metri. Una sorta di “discarica” locale senza però impatti negativi sull’ambiente. Prima d’intraprendere la passeggiata che porta a Keur Bamboung è quasi obbligatorio fermarsi a salutare la Regina di Sipo, al secolo Fatou Mané, un’arzilla signora di almeno novant’anni e di etnia mandingue che molti anni fa arrivò qui con il suo precedente marito e fondò il villaggio. Dopo che questo morì, lei si risposò e oggi tutti gli abitanti di Sipo sono suoi nipoti o pronipoti.

In Senegal, visitare il capo, o comunque l’abitante più anziano del villaggio è considerata semplice educazione. Il villaggio è come una casa collettiva e uno non entra in casa degli altri senza salutare. Anche portare un piccolo omaggio è visto come un bel gesto di rispetto e di gratitudine per l’accoglienza. Una piccola offerta in denaro può andare bene, ma anche sacchi di riso, zucchero, farina e altri generi alimentari di base vanno più che bene.

La regina è abbastanza abituata a ricevere visite: stringe la mano agli ospiti (alcuni li bacia sulla guancia), li fa entrare nella sua piccola stanza da letto, chiede da dove vengono, gli dà il benvenuto e si presta volentieri a fare qualche foto.

Keur Bamboung dista circa due chilometri da Sipo: un sentiero sabbioso parte dal villaggio e s’infila tra la vegetazione: erba secca, cespugli e qualche albero, tra cui anche manghi e baobab. Per gli ospiti è previsto anche un servizio di trasporto bagagli tramite carretto trainato da un asino.

Il campement si trova su un lungo e stretto spiazzo sabbioso leggermente rialzato e a pochi metri dall’ansa di un grande bolong. Al momento sono disponibili undici bungalow, costruiti usando materiali prettamente locali: mattoni di terra seccati al sole, tetti di paglia e legno di alberi della zona. Ognuno è stato dotato di pannelli solari per l’illuminazione serale e di cisterne indipendenti per l’acqua. Al centro poi c’è pure una struttura più grande che funge da ristorante, bar e punto di ritrovo. Per il futuro si sta pensando di costruire altri tre bungalow, in modo da averne quindi quattordici e di poterli chiamare con i nomi dei quattordici villaggi membri dell’associazione.

Soggiornare nel campement vuol dire praticamente immergersi in un’oasi di pace dove il tempo è scandito dalle maree del bolong e dai versi dei vari animali. Un paio di passaggi permettono di scendere sulla spiaggia per fare il bagno: l’acqua ha un colore tra il blu e il verde ma si capisce subito che è pulita, soprattutto quando la marea sta salendo ed è l’acqua dell’oceano che sta entrando. A parte qualche granchio non ci sono animali da temere, bisogna solo stare attenti a non sottovalutare la corrente. Certe volte è anche possibile vedere un varano passeggiare sulla spiaggia, ma è del tutto innocuo.

Le casette sono molto semplici ma dotate di tutto il necessario: letti comodi, coperte (la sera fa fresco), zanzariere, un paio di lampadine e asciugamani. Il bagno è in genere una stanza separata, in un paio di casette però questo è a cielo aperto e c’è solo un recinto intorno che garantisce comunque un po’ d’intimità. Potrebbe sembrare una scomodità, ma in verità farsi la doccia la sera sotto un cielo stellato è un’esperienza assolutamente da provare. Bisogna solo fare attenzione a non lasciare cose da mangiare negli zaini perché durante la notte potrebbe arrivare qualche topolino a rosicchiare la tela (qui parlo per esperienza).

Keur Bamboung è l’ideale per rilassarsi ma offre anche alcune interessanti attività, tutte organizzate e gestite da una guida. Una di queste si chiama Biram: distinto signore sulla sessantina, nativo di Sipo, sguardo penetrante e intelligente, modo di fare gentile ma che incute comunque rispetto. Vero esperto della fauna e della flora della regione, ha un particolare interesse per gli uccelli di cui conosce vita, morte e miracoli. Dalla creazione dell’Area Marina Protetta accompagna i visitatori tra le bellezze di questo luogo. Fu lui che alla domanda di un turista sul perché ci fosse una stella particolarmente luminosa proprio sotto la luna, rispose: ”Perché ce l’ha messa Dio”.

Attività da non perdere è la passeggiata ecologica: la si può fare solo con la bassa marea perché prevede di camminare sopra il letto di un bolong e di percorrere un sentiero che passa letteralmente dentro le mangrovie: prima di rendersene conto ci si ritrova con l’acqua alle cosce e si è costretti a camminare aggrappandosi ai rami per non scivolare mentre la guida spiega l’affascinante ciclo vitale delle ostriche. Queste con l’alta marea si aprono per poter catturare il cibo mentre con la bassa marea si chiudono di scatto, producendo un caratteristico “clac” che risuona per tutta la foresta.

Un’altra bella attività è la gita in kayak: sempre accompagnati dalla guida si può remare in mezzo ad alcuni bolong e sentirsi come in un film d’Indiana Jones, alcuni di questi infatti sono talmente stretti che l’unico modo per avanzare è spingendosi sui rami. Avvistare aironi, pellicani, martin pescatori e molti altri uccelli è una certezza, meno probabile, ma pur sempre possibile, è vedere qualche piccola razza. Molto difficile invece è vedere il lamantino, il simbolo dell’Area Marina Protetta, un animale notturno e piuttosto schivo, nonostante le ragguardevoli dimensioni. In genere però si possono vedere alcuni indizi del suo passaggio: le foglie di mangrovia più vicine alla superfice infatti spesso portano evidenti segni di morsi. Non è un caso che il lamantino venga chiamato pure “mucca di mare”.

Tra un’attività e l’altra è assolutamente necessario dedicare una sera alla visita del Réposoir Des Oiseaux: per raggiungerlo bisogna tornare fino a Sipo e da qui prendere la piroga. Il tragitto dura un’ora e passa davanti alla costa, dove si trovano molti dei resort di lusso, quasi sempre gestiti dai francesi.
La prima tappa è l’isola di Diorom-Boumak: l’usanza di accumulare i gusci delle ostriche e dei molluschi pescati risale all’alba dei tempi qui in Senegal e questo ha portato alla formazione d’intere isole di conchiglie di cui questa è la più estesa, con una lunghezza di circa 400 metri ed un’altezza massima di dodici. Il calcio contenuto nei gusci ha permesso la crescita di alberi, tra cui anche molti baobab e questo era anche un luogo di sepoltura, sono state ritrovati infatti ben 7000 corpi seppelliti tra il VII ed il XIV secolo d.C. Insieme alla guida si può sbarcare sull’isola e camminare su un sentiero di conchiglie fino a raggiungere il punto più alto e godere della fantastica vista sul circondario.

Finita la visita il sole sarà q
uasi del tutto calato e quello è il momento giusto per raggiungere il Réposoir Des Oiseaux: un isolotto di mangrovie dove ogni sera centinaia di uccelli trovano riparo per la notte. FOTO 10 Con la piroga ci si avvicina fino a pochi metri, poi si spegne il motore e si resta in religioso silenzio ad ascoltare il piacevole baccano di questi volatili che si contendono qualche ramo o che litigano per una posizione più riparata. Lo spettacolo è veramente unico e il tramonto sulla foresta di mangrovie è esattamente quello che uno si aspetta quando viene in Africa.

Visitare Keur Bamboung è un’esperienza che difficilmente delude: rappresenta quanto di meglio ha da offrire il Senegal e allo stesso tempo permette di sostenere un progetto concepito e gestito interamente dagli abitanti del luogo. Qualora doveste visitare il Senegal, non fatevelo sfuggire.

Links:

http://www.oceaniumdakar.org/-Ecotourisme-.html?lang=fr

Francesco Ricapito       Marzo 2017