Ho una certa, nemmeno poi tanto piccola, titubanza di fronte ai romanzi degli scrittori di cui mi parlano in troppi. Una titubanza che si fa incertezza quando gli scrittori di cui mi parlano in troppi sono americani. Franzen non ha fatto eccezione. Per mesi ho spostato il suo libro in fondo alla torre dei libri da leggere ma ora sono felice di aver letto (finalmente!) “Le correzioni”.
La narrazione, come mi aspettavo, riluce di un’abbondanza tipicamente a stelle e strisce. Una ricchezza di dettagli, di antefatti e di premesse che, lo confesso, tende a sfinirmi. A Franzen, come a molti suoi colleghi, rimprovero tanta prolissità che, nell’economia della storia, diviene una zavorra di parole e circostanze di cui, volendo, si potrebbe fare a meno. Leggendo “Le correzioni” ho rimpianto spesso la sintesi e il detto-non-detto di molti autori europei che riesco ad apprezzare infinitamente.
Compiuta la doverosa premessa tutta personale, confermo pienamente il fascino di questo corposo romanzo familiare americano. Il racconto del tracollo formale e sostanziale di una famiglia perbenista ma per lo più guasta descritto con estrema dovizia ed intelligenza.
Alfred ed Enid Lambert abitano a St. Judas, una tranquilla cittadina del Midwest americano. Sono due persone ormai anziane e vivono tutte le pecche e le difficoltà di un matrimonio lungo decenni. Alfred da gelido e puntualissimo patriarca si è trasformato in una goffa imitazione di se stesso a causa del morbo di Parkinson che gli impedisce di muoversi come vorrebbe e gli procura allucinazioni al limite del ridicolo. Enid è costretta a seguirlo costantemente e a prendersi cura di lui mantenendo intatta la sua speranza in una qualche terapia miracolosa. D’altro canto Enid vive perennemente di illusioni ed ottimismi, quelli legati al suo mondo perfetto ed incorruttibile. Un mondo fatto di convinzioni e tradizioni al quale non solo non pensa minimamente di rinunciare ma nel quale è sicura di poter continuare a relegare i suoi tre figli. In realtà le vite di Gary, Chip e Denise sono per lo più catastrofiche nonostante Alfred ed Enid abbiano imposto loro un’educazione piuttosto diligente e seria in previsione di un futuro più che perbene. Le cose, però, non sono andate esattamente come i genitori avevano immaginato: Gary è un uomo con una carriera brillante ma con una moglie che si comporta in maniera immatura esattamente come i suoi figli adolescenti che, tra un ricatto e un compromesso estorto, potrebbero condurlo irrimediabilmente verso la depressione; Chip è stato cacciato dal suo posto di insegnante per aver avuto una libidinosa relazione con una studentessa e si ritrova catapultato quasi per caso in Lituania con lo scopo di truffare via Internet quanti più investitori americani possibile grazie all’appoggio dell’ex marito della sua ex; Denise è divenuta un’eccellente chef ma la sua vita, dopo il divorzio, barcolla tra relazioni bisessuali confuse e destabilizzanti.
Dedicando praticamente un capitolo ad ognuna delle figure che compongono la famiglia Lambert, Franzen mette in luce gli aspetti più peculiari di ogni personaggio definendone ogni dettaglio caratteriale e molte vicissitudini che, fin dall’infanzia, ne hanno contrassegnato l’esistenza. L’ultimo capitolo si concentra sul quel fatidico Natale che Enid ha tanto desiderato trascorrere insieme alla sua famiglia riunita. Quello che lei considera un “ultimo” Natale, ricorrenza che diventa per la donna un obiettivo vitale e che i suoi figli cercano, come possono, di renderle accettabile nei limiti delle rispettive possibilità. Enid, infatti, si bea del piacere illusorio della riunione natalizia che diviene una vera e propria ossessione. D’altro canto la sua esistenza è sempre stata dedicata a “correggere” tutto quello che non funziona per poter affidarsi totalmente all’illusione che le cose possano cambiare in meglio. In tutto questo, ovviamente, la donna rifiuta di ascoltare e di accettare quelle realtà che possano scombinare le sue certezze o intaccare le convinzioni che è andata formandosi nel tempo.
La critica che Franzen compie nei confronti della società americana è spietata e severa. Il ritratto di tutti i personaggi è compiuto con ironia e realizzando continui parallelismi tra la loro decadenza esistenziale ai facili tracolli dell’economia contemporanea. Come se la fragilità del mondo finanziario non fosse altro che uno specchio o un’estensione della fragilità delle persone, dei loro umori, delle loro debolezze.
Apparentemente la famiglia americana tipo è sana e salva: tornano tutti a casa per Natale. E con essa è salva anche la dignità di Enid che potrà raccontare alle sue amiche e ai suoi vicini di casa che i suoi figli sono stati a St. Jude così come lei desiderava.
Edizione esaminata e brevi note
Jonathan Franzen, “Le correzioni”, Einaudi, Torino, 2005. Traduzione di Silvia Pareschi.
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