Nissin Gabriele

Storie di uomini giusti nel Gulag

Pubblicato il: 28 Gennaio 2007

L’interrogativo a cui Gabriele Nissim, il curatore di questo saggio corale, ha voluto rispondere attraversa da sempre la letteratura che si è occupata della tragica esperienza dei totalitarismi contemporanei: cosa resta della dignità umana quando la vita vuol dire gulag e campi di sterminio?
Non è detto che la risposta sia del tutto convincente, viste le interpretazioni che ancora dividono gli storici in merito a molti dei personaggi citati in “Storie di uomini giusti nel Gulag”.
La categoria dei “giusti” è forse una costruzione artificiosa, non fosse altro che coloro che sono stati carnefici sono poi diventati le vittime dello stesso sistema cui avevano dato la loro convinta adesione, ma che ha voluto significare come una singola persona, il più delle volte in solitudine, in circostanze disumane, nei fatti si sia ritrovata a difendere gli ultimi bagliori di una convivenza civile che sembrava ormai totalmente perduta nelle spire del fanatismo totalitario: un uomo segnato dalle sue umane debolezze, lungi dell’essere un superuomo, colui che magari ha vissuto in una sorta di zona grigia ma poi ha scelto di testimoniare il suo impegno nel soccorrere le vittime della violenza.
Una definizione quella di “giusto” che nelle intenzioni di Nissim non ha nulla di religioso e che dimostra come, a fronte di un male radicale, il livello della responsabilità collettiva si debba accompagnare a quella di tipo personale: l’esperienza della Shoa, con i suoi sei milioni di morti e le “distrazioni” interessate delle democrazie contemporanee è lì a dimostrarlo.
Identico concetto, senza dimenticare il genocidio armeno del 1915, viene qui applicato ai settanta anni di totalitarismo sovietico; viene però rilevata una differenza sostanziale con la Shoa dove i suoi testimoni, le sue vittime per lungo tempo non furono credute proprio perché quel male appariva inimmaginabile ed irrazionale.
I testimoni del Gulag furono isolati, tacciati di essere dei mentitori al soldo del capitalismo, perché mettevano in dubbio il bene assoluto che i comunisti, e non solo loro, avevano identificato con l’Unione Sovietica: “chi denunciava il gulag era colpevole di uccidere la speranza”.
Per dirla con Franco Fortini, pur di salvaguardare la purezza del Dogma, vi fu chi non volle o non seppe guardare in faccia la realtà: si preferì “amare le proprie speranze più che la verità”.
Da qui un’altra forma di negazionismo che si è affiancato a quello della Shoa, notoriamente sostenuto da una cultura maggioritaria di estrema destra neonazista e da una, al momento ancora minoritaria, costitutita da integralisti pseudocristiani ed estremisti marxisti: prima una palese ed arrabbiata rimozione di quanto avveniva nella Russia sovietica e poi una furbesca mistificazione e minimizzazione in merito alle colpe e all’entità del genocidio comunista; un massacro perpetrato non per sterminare un gruppo etnico, una razza, bensì un gruppo sociopolitico definito secondo parametri mutevoli: i “borghesi”, i controrivoluzionari, i contadini, gli “insetti nocivi” (Lenin), subito eliminati (vedi le “grandi purghe staliniane”), oggetto di forzate delazioni da parte degli stessi loro familiari, deportati, usati come bestie da lavoro fino alla loro morte.
Nessun fine autenticamente nichilista, nessuna volontà di fare un “deserto” come era nelle intenzioni dei neonazisti nei confronti delle “razze inferiori”, bensì l’obiettivo di un uomo nuovo, “sovietico” da costruire forzatamente con l’eliminazione delle “piante infestanti”.
E qui un’avvertenza di carattere “umanitario”.
Nissim nell’introduzione al volume va oltre la riflessione sul gulag e si lancia in affermazioni che potrebbero irritare molti potenziali lettori, magari politicamente schierati su posizioni radicali.
Alcuni esempi: “Negli anni che portarono alla crisi del mondo bipolare c’era molta più curiosità intellettuale di comprendere il meccanismo che aveva portato al Gulag [….] Oggi questo pensiero sembra di nuovo debole, sottoposto alla duplice pressione dei fondamentalismi islamici e dei no-global che ripropongono la visione ideologica e manichea secondo la quale il bene sulla terra si ottiene solamente attraverso la sconfitta degli oppressori americani e la lotta alle classi capitaliste […] Quando i pacifisti parlano del conflitto mediorientale vedono sempre e solamente il male dentro Israele e non si chiedono mai quale tipo di società abbiano in mente i terroristi che misurano la loro gioia sul numero delle vittime dei kamikaze. E’ come se guardassero il mondo senza alcuna memoria delle tragedie del Novecento ..[… ] i fondamentalisti ripropongono ancora una volta l’idea di un giardino fiorito ripulito dalla presenza delle erbacce”.
Per tornare più specificatamente alle vicende della repressione sovietica: ” Negli anni sessanta Jean Paul Sartre aveva ben sintetizzato il pensiero dominante nella cultura progressista quando aveva raccomandato di tacere sugli orrori del Gulag per non infrangere le speranze dei lavoratori nella lotta contro il capitalismo”.
Come dire: il sottoscritto approva e sottoscrive, ma mi rendo conto per molti possa rivelarsi una lettura da assumere a dosi omeopatiche, pena sgradevoli e poco salutari sbocchi di bile.
Meglio prevenire che curare.
“Storie di uomini giusti nel Gulag” prosegue con una raccolta piuttosto eterogenea di saggi, tutt’altro che lievi (poteva essere altrimenti?), che sicuramente necessitano di una pregressa cultura storica; e magari di una sana disintossicazione da tanti luoghi comuni che puzzano di ideologia più che di idee.
Questa a grandi linee la struttura del libro:
– Prefazione di Gabriele Nissim
– Introduzione: No, l’anima non ve la do! (Gabriele Nissim)
– La difesa della verità e della memoria:
Completezza della memoria e coscienza storica. Il secolo dei totalitarismi e la metanoia di Vasilij Grossman (V. Strada); Il sistema Gulag: 1918-1991. Jacques Rossi e il suo straordinario “registro della memoria” (S. Rapetti); Osip e Nadezda Mandelstam: insieme, al servizio della poesia e della verità (di N. Struve); “Aria rubata”. Il Requiem di Anna Achmatova e le riviste poetiche giovanili degli anni sessanta (N. Gorbanevskaja); Contro la rimozione del Gulag. Il caso di Gustaw Herling (F. M. Cataluccio).
– La difesa della dignità umana nel Gulag:
Responsabilità e moralità della parola in Varlam Salamov (I. Sirotinskaja); La resistenza dei credenti: gli esempi di Pavel Florenskij e Aleksandr Men’ (G. Guaita); La resistenza all’interno dei lager negli anni settanta-ottanta: l’esempio di Anatolij Marcenko (S. Kovalëv); La repressione psichiatrica del dissenso: Petro Grigorenko, un ribelle della nomenklatura (J. Mal’cev).
– La resistenza nella società:
La solidarietà delle persone comuni e il soccorso alle famiglie dei detenuti (S. Chodorovic); Aleksandr Solzenicyn. Dalla denuncia della censura alla testimonianza sull’Arcipelago Gulag (E. Cukovskaja); Aleksandr Ginzburg: da “Sintaksis” al “Gruppo Helsinki” (A. Ginzburg); Il caso Sinjavskij-Daniel’: la rivoluzione psicologica degli anni 1965-1966 (A. Daniel’); Gli anni settanta-ottanta del 1900: la “Cronaca degli avvenimenti correnti”, la pubblicazione “V” e l’Occidente (V. Tol’c); La resistenza dello spirito umano contro i totalitarismi (di S. Boyanov).
– Il caso armeno:
Gli armeni e il Gulag (P. Kuciukian); I tentativi di resistenza alle repressioni staliniane in Armenia negli anni trenta (A. Manukyan); Episodi di resistenza e di difesa dell’identità nazionale: le repressioni staliniane contro gli armeni rimpatriati dopo la seconda guerra mondiale (1946-1950) (A. Virabyan).
– Il caso italiano
I giusti che in Occidente e in Italia hanno denunciato il Gulag. Alcune storie esemplari (E. Dundovich); Il Gulag in Italia: la battaglia della verità contro il negazionismo (P. Battista)
Edmondo Peluso, una vittima del Gulag (D. Gnocchi); L’odissea di Emilio Guarnaschelli (F. Bigazzi).
– Il Gulag e la Russia postsovietica:
Il lager Perm’-36, un luogo della memoria del Gulag (V. Smyrov); Mantenere viva la memoria del Gulag nella Russia d’oggi (A. Roginskij); Il Martirologio di Leningrado: la memoria popolare delle vittime del “Grande Terrore” (A. Razumov).
Appendice 1 – Omaggio ad Andrej Sacharov
Ricordo di Andrej Sacharov. Un uomo sempre degno del proprio destino (E. Bonner Sacharova); La cerimonia in onore di Andrej Sacharov al Giardino dei Giusti del Monte Stella a Milano.
Appendice 2 – Allegati
Gulag: i lager sovietici. Alcuni dati e cifre.
Il volume si chiude con le note biografie degli autori, “le figure esemplari di resistenza al totalitarismo sovietico” e dei “comunisti italiani perseguitati in URSS”.

Accanto a contributi dal carattere più generale sulla storiografia dell’URSS, le sue comprensibili ed interessate carenze, altri più specifici sulla repressione religiosa e del libero pensiero ancora violenta nei tanto decantati anni ’80 di una incompiuta perestroika, la vicenda grottesca di Margarete Buber Neumann, autrice di “Prigioniera di Stalin e Hitler” (internata in un campo di lavoro sovietico e poi ceduta alla Gestapo), “Storie di uomini giusti nel Gulag” propone saggi che rievocano la vita e l’opera di Anna Achmatova, Osip e Nadezda Mandelstam, Alexsandr Solzenicyn, Vasilij Grossman, Lev Razgon, Varlam Salamov e il suo internamento alla Kolima, Andrej Sacharov, Gustaw Herling, Pavel Florenskij e Aleksandr Men’, Jacques Rossi, Petro Grigorenko: l’intento è quello di stimolare una riflessione sui meccanismi specifici della resistenza morale al totalitarismo e nello stesso tempo contribuire alla ricerca storica sia attraverso gli archivi sia raccogliendo le testimonianze di quanti cercarono di porre un argine alla repressione sovietica.
Tra i tanti personaggi, in un modo o nell’altro straordinari, voglio ricordare in “La repressione psichiatrica del dissenso” la figura di Grigorenko, il generale sovietico dissidente, che per aver pronunciato la parola “democrazia” si vide offrire, a gratis, intense terapie a base di internamento, elettroshock, probabilmente iniezioni di aminazin; in “La resistenza dei credenti” la tragica fine di Pavel Florenskij, il “Leonardo russo”, sacerdote, scienziato, teologo, letterato, fucilato insieme a 500 compagni, nel 1937, in un bosco alla periferia di Leningrado.
E poi Grossman che fu “uomo del sistema”, ma poi scrisse la più compiuta riflessione sulle analogie fra totalitarismo staliniano e nazista, ovvero il romanzo “Vita e destino”; Sacharov, anche lui membro della nomenklatura, che divenne dissidente per difendere i valori democratici.
Per non parlare degli italiani emigrati (ad oggi si contano più di 1000 nominativi di connazionali vittime della repressione), comunisti in buona fede, che pensavano di trovare il paradiso in terra ed invece trovarono la morte o (forse) nel migliore dei casi una vita di stenti; e per coloro che riuscirono ad evadere da quella prigione a cielo aperto chiamata URSS, un ritorno in patria fatto di incomprensione ed ostilità da parte degli ex compagni.
Didi Gnocchi ripercorre la biografia e soprattutto la grottesca vicenda processuale di Edmondo Peluso, un comunista convinto e mai pentito, la cui eccezionalità, oltre alla vita avventurosa degna di un coerente rivoluzionario leninista, sta nel fatto di essere stato una delle pochissime vittime delle purghe staliniane ad avere affrontato la morte senza aver prima coinvolto, con le consuete delazioni fasulle, altri innocenti.
Il leit motiv che percorre le 360 pagine del volume è chiaro: la cosiddetta “memoria del bene” non è un meccanismo spontaneo, ma richiede l’opera di istituzioni che la ricerchino e la custodiscano. “Se questo lavoro di indagine e di divulgazione pubblica manca, anche i migliori esempi morali svaniscono nel nulla e si perdono nell’oblio”.
In questo momento, in una Russia con un governo a vocazione autoritaria (“Dobbiamo ripulire la storia dagli scarti. Il nostro era un grande paese”: così W. Putin dopo una serie di incontri con alcuni storici), in cui anche la memoria recente sembra rientrare nuovamente nella sfera della politica statale, pare quasi un’impresa.

Edizione esaminata e brevi note

Gabriele Nissim, saggista, ha fondato nel 1982 “L’Ottavo Giorno”, rivista sul tema del dissenso nei paesi dell’Est europeo.
Tra le sue pubblicazioni: “Ebrei invisibili. I sopravvissuti nell’Europa orientale dal comunismo ad oggi”, “L’uomo che fermò Hitler”, “Il tribunale del bene. La storia di Moshe Bejski, l’uomo che creò il Giardino dei giusti”.

Storie di uomini giusti nel Gulag (introduzione di G.Nissim) – Bruno Mondadori 2004 – euro 22,00

Per maggiori approfondimenti: http://www.gulag-italia.it

Recensione già pubblicata su ciao.it l’8 dicembre 2005 e poi su lankelot.com