Robeson Paul

Sings Spirituals, Folksongs and Hymns

Pubblicato il: 27 Luglio 2008

Veramente un gran personaggio Paul Robeson. Afroamericano, classe 1898, è stato cantante, attore, avvocato, intellettuale impegnato a difesa dei diritti civili, atleta dalle eccezionali doti fisiche…
Malgrado le evidenti caratteristiche da fuoriclasse, la sua carriera musicale risultò da subito in salita; e non soltanto per il colore della sua pelle: le sue tendenze politiche di sinistra radicale furono un ostacolo ulteriore alla sua definitiva affermazione artistica. In Italia sono scarse le pubblicazioni sul gigante di Princeton e non è facile trovare informazioni coerenti, se non fare riferimento a volumi pubblicati negli USA e ad un tv movie del 1979 “Paul Robeson. A portrait of the artist” interpretato da James Earl Jones.

Non mi dilungherò in premesse sulla sua vita, complesse da ricostruire anche per il sottoscritto. Mi limito alla prima sensazione avuta tempo addietro nel leggere le sue note biografiche: nelle comuni difficoltà ad emergere proprie degli afroamericani, pare sia in qualche modo ravvisabile un parallelo con la leggendaria contralto Marian Anderson, la quale varcò le soglie del Metropolitan, nelle vesti di Ulrica, soltanto nel 1955, quando ormai cinquantenne era in pieno declino vocale: nei civilissimi USA i motivi razziali non avevano risparmiato neppure l’Opera.
A Robeson le cose andarono meglio, non fosse altro che il suo orizzonte non era limitato alla musica: approdato al teatro musicale nel 1928, dopo essersi esibito come cantante di spirituals e folk – songs, è stato uno dei primi interpreti di Porgy and Bess, si è distinto anche come attore di prosa nell’Otello di Shakespeare e nelle pieces di ‘O Neil ; pare proprio che Kern abbia scritto “Old man river” per lui, il prototipo ideale del personaggio di Joe in “Show Boat”.
Un successo in campo artistico, almeno fino agli anni ’50, che non ha impedito una triste parabola: le sue posizioni politiche di sinistra, le ambigue simpatie per l’Unione Sovietica (visitata più volte dal 1934, con premio Stalin assegnatogli nel 1952), in epoca maccartista gli furono fatali, tanto da convincerlo nel 1963, dopo la restituzione del passaporto, a lasciare gli Stati Uniti per viaggiare in Europa e nella amata Gran Bretagna.
Ormai malato, in preda a crisi depressive, ridusse progressivamente le sue performaces artistiche, senza però mai dimenticare le battaglie per i diritti civili e dare, pur nei limiti della sua condizione, sostegno alla nascente contestazione; fino alla morte nel 1976, poco dopo essere tornato in attività: fu una sorta di canto del cigno.
Non dobbiamo dimenticare il Paul Robeson attore cinematografico, attivo fino agli anni ’40. Tra le sue interpretazioni: “The Emperor Jones” (1933), “Bozambo” (1935) diretto da Zoltan Korda, “Show Boat – La canzone di Magnolia” (1936) diretto da James Whale (film con Irene Dunne, forse meno noto del remake con Ava Gardner), “Le miniere di Re Salomone” (1937) diretto da Robert Stevenson e prima versione cinematografica del romanzo di Haggard, “Destino – Tales of Manhattan” (1942); finché, ormai saturo degli stereotipi che facevano gli uomini di colore come dei bagonghi zi buana, si convinse ad abbandonare Hollywood.

Quelle di attore e cantante sono sempre state attività complementari: ne è testimonianza “Spirituals, Folksongs, Hymns” edito dalla Pearl, che, oltre ad un florilegio di spirituals, ci offre alcuni brani che poi troveremo in suoi film di successo:
1. Down in Lovers’ Lane (Cook)
2. Swing Along (Trad.)
3. Bear de Burden: All God’s Chillun Got Wings (Trad.)
4. Witness – with Lawrence Brown (Trad.)
5. Joshua Fit de Battle of Jericho with Lawrence Brown (Trad.)
6. De ‘Ole Ark’s A-Movering (Trad. Arr. Brown)
7. Ezekiel Saw de Wheel with Lawrence Brown (Trad.)
8. Scandalise My Name (Trad; arr. Burleigh)
9. Sinner, Please Don’t Let This Harvest Pass (Trad.)
10. Work All de Summer (Trad.)
11. Didn’t My Lord Deliver Daniel? (Trad.)
12. Dere’s a Man Goin’ Roun’ Takin’ Names (Brown)
13. Shenandoah (Trad; arr. Perry)
14. Little Pal {From “Say It With Song”}(De Sylva/Brown/Henderson)
15. Lonesome Road {From the “Show Boat”} (Austin/Shilkret)
16. Roll Away, Clouds {From “Virginia”}(Waller/Tunridge)
17. Ho! Ho! {From “King Solomon’s Mines”}(Spoliansky)
18. Climbing Up {From “King Solomon’s Mines”} (Spoliansky)
19. Song of Freedom {From “Song of Freedom”} (Ege/Ansell)
20. Sleepy River {From “Song of Freedom”} (Ege/Ansell)
21. Trees (Rasbach)
22. No! John! No! (Coll. Sharp)
23. Song of the Volga Boatmen (Trad; arr. Chaliapin)
24. There Is a Green Hill (Gounod)
25. Nearer, My God, To Thee (Carey)
26. Fat Little Fellow (Stanton/Gordon); Mama’s Little Baby-Love (Wood/Wolfe).

Un’antologia, forse non molto coerente, in cui spicca il repertorio d’elezione di Robeson: lo spiritual, la canzone folk. Supportato da una vocalità degna della sua fama, il cantante interpreta con autorevolezza, e senza sforzo apparente, brani molto più complessi di quanto possano sembrare nella loro orecchiabilità cosi poco “operistica”. Uno strumento vocale il suo, tipicamente di basso baritono, con ampia estensione, bel timbro, evidente morbidezza e soprattutto un’impostazione naturale: nessuna cavernosità artefatta ma una brunitura che ben si coglie nei duetti con la vocetta gradevole ma un po’ querula di Lawrence Brown. Doti che non sono offuscate dagli inevitabili fruscii presenti in “Spirituals, Folksongs, Hymns”: malgrado siano tutte performances che vanno dal ’29 al ’36 (il suo periodo migliore) la Pearl è specialista in riesumazioni sonore; e si sente. Un gran bell’ascolto, che alla fine può lasciare una certa malinconia.
Il pensiero va all’uomo incartatosi su posizioni politiche più che discutibili, che inevitabilmente lo isolarono e ne condizionarono la sua attività di cantante.
All’ascolto di “Song of the Volga Boatmen” o di Gounod è legittimo un rimpianto: è il pensiero di quanto ancora avrebbe potuto dare alla musica, magari in un repertorio più classico, pur senza rinnegare le proprie origini.

Edizione esaminata e brevi note

Folk, Folksongs, Lawrence Brown, Musica, Robeson Paul, Show Boat, spiritual

Recensione pubblicata su ciao.it il 30 settembre 2004 e qui parzialmente modificata

Luca Menichetti. Lankelot.eu, 27 luglio 2008