Hofland Tom

Il cannibale

Pubblicato il: 12 Aprile 2024

Didier Lombard, già sotto accusa e poi condannato recentemente per molestie, quando nel 2006 era presidente di France Telecom, impose una grande riorganizzazione aziendale evidentemente condotta con metodi talmente brutali, fatti di intimidazioni, tanto che tra il 2007 e il 2009 tra i suoi dipendenti sono stati registrati 60 suicidi. Ispirato da questa vicenda, Tom Hofland, giovane talento olandese – non a caso vincitore del BNG Bank Literature Prize 2022 – ha voluto denunciare in maniera ancora più macabra e surreale un sistema in cui – citiamo un’intervista all’autore de “Il cannibale” – “le persone che ricoprono ruoli dirigenziali non riescono a vedere le persone di cui sono responsabili come esseri umani veri e propri” ma soprattutto un mondo in cui i manager “vogliono credere in una separazione netta tra il mondo degli affari, dove si può essere duri e crudeli […] e il mondo normale, dove dobbiamo essere gentili gli uni con gli altri”. Un’evidente contraddizione che ritroviamo nel romanzo di Hofland – si pensi ai modi gentili dei personaggi più diabolici – che lo rende ricco di sarcasmo e di episodi tragicomici.

Romanzo sicuramente da intendersi come una grande metafora e che, subito dopo una sorta di prologo in cui appare una scena del crimine a dir poco surreale, con un apparente cambio di prospettiva, ci immergiamo nelle tribolazioni di Lute, impiegato presso l’Aletta, un’azienda farmaceutica dei Paesi Bassi, a cui è stato assegnato l’ingrato compito di convincere tutti i suoi colleghi a dimettersi. La società è stata rilevata da un investitore straniero e, come sempre accade, a farne le spese sono i lavoratori, nonché Lute che proprio non ha l’indole per portare a termine questa cinica operazione. Tuttavia, per un apparente – che presto scopriremo molto apparente – colpo di fortuna Lute si imbatte prima in Reiner e poi nel suo capo Lombard, due cosiddetti cacciatori di teste freelance che subito gli offrono i loro servizi. I due sono molto particolari sia nell’aspetto che nei modi, ma al disperato Lute questo inizialmente passa in secondo piano. Soltanto che giorno dopo giorno le cose tendono a farsi decisamente più inquietanti ed anche funeste. Funeste come il racconto in prima persona di Lombard del lontano San Valentino di sangue del 1349 a Strasburgo quando, su istigazione dello stesso Lombard, furono sterminati un numero imprecisato di ebrei. Le autentiche motivazioni del pogrom, quando gli ebrei erano ricchi e i feudatari indebitati, sono presto dette: “Avrei potuto indicare chiunque come capro espiatorio – in realtà era puramente casuale, non ce l’avevo con gli ebrei, volevo solo costruire un sistema e provarlo” (pp.113).

In sostanza Lombard e Reiner si scopriranno ben presto come personaggi demoniaci senza tempo e senza una definita identità, ma soprattutto disinvolti e felici al servizio dell’aziendalismo più spietato e disumanizzante.

Disumanizzazione che coinvolgerà i dipendenti in predicato di essere “licenziati”, predisposti così a tradire il prossimo; ed anche il buon Lute, di fronte ai tranquilli e divertiti sicari aziendali, perennemente con atteggiamento tra il perplesso e il terrorizzato. Disumanizzazione e desolazione morale che si traducono in situazioni che diventano sempre più surreali, macabre, senza mai tralasciare il paradosso dell’ironia. Tra l’altro Hofland prende di mira l’intero sistema umano – o forse meglio dire disumano –  del nostro tempo, anche nella sua declinazione ipertecnologica: “A detta del proprietario era tutto molto efficiente: modernissimo e tecnologicamente avanzato. Lute si era chiesto a voce alta se il sistema non fosse magari talmente intelligente da essere stupido. Non sarebbe stato più pratico poter semplicemente aprire una finestra quando avevi caldo e poterla rinchiudere quando avevi freddo? Ma il proprietario non l’aveva trovato affatto divertente” (pp.43).

“Il cannibale” probabilmente non è definibile come “thriller”; semmai come moderno romanzo allegorico, con molti elementi di gotico, ricchissimo di invenzioni; ma soprattutto il suo pregio principale è proprio aver predisposto una combinazione molto ben riuscita di ironia, assurdo e suspense. Ovvero, grazie a dosi massicce di irriverenza, la capacità di ridere sopra fatti a rigore moralmente spaventosi.

Edizione esaminata e brevi note

Tom Hofland, classe 1990, è uno scrittore e podcaster olandese. Nel 2018 il quotidiano “de Volkskrant” lo ha definito il più grande talento letterario dei Paesi Bassi. “Il cannibale” è il suo terzo romanzo, vincitore, per «la sua sperimentazione formale, il suo senso dell’umorismo e la sua originalità», del BNG Bank Literature Prize 2022.

Tom Hofland, “Il cannibale”, Carbonio Editore (collana “Cielo stellato”), Milano 2024, pp. 250. Traduzione di Laura Pignatti.

Luca Menichetti. Lankenauta, aprile 2024