Ercolani Paolo

Figli di un io minore. Dalla società aperta alla società ottusa.

Pubblicato il: 22 Agosto 2019

Il nostro tempo è segnato da una rivoluzione di portata epocale: la transizione dalla società aperta a una società ottusa, ovvero estranea alla ragione. Stupida, insomma. Che non tiene conto di quanto è essenziale all’uomo, ma si basa sui valori impersonali del profitto economico e del progresso tecnologico. Quindi, disumana.
La nostra epoca è segnata dal culto dell’ignoranza: movimenti no vax, terrapiattisti, complottisti che negano l’allunaggio… derive ideologiche che raccolgono consensi sempre più estesi e che si basano su dati acquisiti su Internet, ossia estrapolati da quell’opulenza informativa non filtrata, che mai può sopperire allo studio e alla fatica del ragionare.

Nel libro Figli di un io minore (Marsilio), Paolo Ercolani analizza il meccanismo ottundente del nostro tempo, ponendo l’accento sull’uomo contemporaneo, l’uomo che ha sostituito il pensiero con lo schermo della finzione virtuale, o per meglio dire: l’uomo senza pensiero.
Plasmato dalla forza di banalizzazione delle nuove tecnologie, l’uomo del nostro tempo ha perso la capacità di elaborare quanto vede, si è sottomesso agli obiettivi di un sistema tecnico-finanziario che afferma abitudini (selfie, post, condivisioni…) a cui è chiamato a omologarsi. È diventato, in definitiva, un accessorio della tecnologia.
La Rete lo mette in comunicazione con l’intero globo, nel momento stesso in cui lo inchioda alla solitudine della sua stanza. Confinato in una “solitudine comunicante”, l’uomo senza pensiero è compulsivamente intrattenuto, sempre più distratto dalla riflessione sulla condizione umana. Investito a una velocità inaudita da un profluvio di informazioni infondate e superficiali, si illude di sapere tutto e si sente legittimato a intervenire su ogni argomento, fino a contestare teorie scientifiche, scagliandosi contro scienziati e giornalisti, che accusa di essere al servizio dei poteri forti. Si convince così delle cose più impensate e si batte per esse, mosso da incompetenza pari solo al suo furore ideologico. Di fatto, il web lo sospinge in una bolla in cui circolano perlopiù le idee che già lo trovano consenziente. Ed è in questa bolla che si coltiva l’ignoranza, il pregiudizio, l’aggressività verso ogni opinione difforme.

In Rete l’essere umano sbraita, si sfoga, inveisce, si abbrutisce, si indebolisce cognitivamente ed emotivamente, cessa di conoscere e approfondire, smarrisce le più elementari regole dell’educazione”.

Per giunta, i poteri forti, a cui sarebbero asserviti gli scienziati, beneficiano proprio del sistema di Rete. Basti pensare alle grandi società dell’industria informatica (Google, Apple, Facebook, Amazon…) che dirigono le azioni di milioni di individui, e il cui potere si regge, appunto, sul meccanismo di omologazione della Rete, la quale esalta i soggetti mediocri, e rende possibile quell’incessante cicaleccio in cui vero e falso sfumano nell’indistinto.
Tutto ciò ci sta conducendo in una dimensione dementocratica, terreno fertile per il ritorno di fenomeni come populismo, xenofobia e per l’affermazione di regimi liberticidi.

L’autore, tra l’altro, si sofferma sul problema delle giovani generazioni, più esposte agli effetti delle nuove tecnologie. Sempre più ego-riferiti, i nativi digitali non alzano lo sguardo dai loro smartphone. Si misurano l’un l’altro in base a una logica quantitativa (like e follower) che genera ansia da prestazione. Investiti dalla dis-alfabetizzazione cognitiva, emotiva e relazionale del nostro tempo, sono figli di un Io minore, di un’identità arida e debole, estranea agli obiettivi intrinseci del vivere umano.

Siamo di fronte, insomma, a una degenerazione antropologica, alla quale è urgente opporre resistenza. Si tratta, dice Ercolani, di riaffermare i valori fondamentali del vivere umano, come la libertà individuale, l’uguaglianza e la giustizia, riportando al centro dell’agire sociale l’elemento che anticipa questi valori: l’uomo pensante.

Da qui, l’autore profila una serie di misure per un’inversione di rotta. Dalla rivalutazione del ruolo di scuola e famiglia, a una riconfigurazione dello Stato, da intendersi come guida dell’economia. Fondamentale, tra le altre cose, rafforzare l’educazione ecologica, recuperare la capacità di introspezione e, in genere, ripristinare una cultura del sentire la vita reale.

Ed eccoci alla proposta finale: una patente per la politica, che certifichi quella conoscenza storico-politica di base, essenziale per poter votare o candidarsi.

Non è più tollerabile la presenza di un’opinione pubblica votante, spesso priva degli strumenti basilari con cui valutare le proposte politiche e quindi in balia del primo imbonitore che passa

È una proposta non priva di rischi.

Un obiettivo pericoloso, che può accendere polemiche e contestazioni feroci, ma non più rinviabile. Perché il circolo vizioso di una classe dirigente inadeguata, e di una popolazione che ne soffre ma non riesce a produrre un’alternativa seria, sta riportando alla luce una situazione che solo un secolo fa è culminata in due guerre mondiali devastanti. Hitler fu eletto democraticamente”.

L’analisi di Paolo Ercolani, di cui qui ho ingenerosamente semplificato i contenuti, si articola in quasi 300 pagine di approfondite riflessioni, che rimandano a una ricca sezione di note; attinge argomenti dal pensiero di grandi filosofi del passato, e ripercorre tappe storiche che evidenziano gli aspetti critici della democrazia occidentale antica e moderna; ricorre a un linguaggio divulgativo, molto chiaro, che la rende accessibile anche a chi non abbia dimestichezza con la filosofia.
Quello di Ercolani è un libro la cui forma è in linea con i contenuti: un libro che richiede attenzione, lentezza; e ci induce a uscire dai ritmi convulsi della società ottusa, dall’abitudine di leggere in maniera tronca, veloce, nei ritagli di tempo.

Consiglio questa lettura, quindi, a chiunque abbia voglia di fermarsi, e soffermarsi a riflettere su un argomento di estrema attualità e sull’essenza di ciò che riconosciamo come umano.

Edizione esaminata e brevi note

Paolo Ercolani (Roma, 1972) insegna filosofia all’Università di Urbino Carlo Bo. Scrive per varie testate, tra cui L’Espresso, e ha collaborato con Il manifesto, MicroMega e La Lettura del Corriere della Sera. Cura il blog L’urto del pensiero e collabora con Rai Educational Filosofia. È autore di vari articoli e libri, tra cui, edito da Marsilio, Contro le donne. Storia e critica del più antico pregiudizio (2016).

Paolo Ercolani, Figli di un io minore. Dalla società aperta alla società ottusa, Marsilio, 2019