Wilton Robert

L’oro dell’Imperatore

Pubblicato il: 4 Novembre 2012

La fascetta applicata sul libro “L’oro dell’Imperatore” di certo non lesina elogi: “Appassionante come O’Brian, emozionante come Cussler: suspence, azione e avventura sui mari in un unico romanzo”. Soltanto una trovata pubblicitaria o davvero la sviolinata risponde a verità? Al termine della lettura viene da pensare che le parole “suspence, azione, avventura” siano proprio quelle più azzeccate, a differenza dei riferimenti a O’ Brian e Cussler. L’esordio nel romanzo storico, o d’avventura che dir di voglia, da parte di un saggista come Robert Wilton – diciamolo subito – non ci lascia affatto delusi e ci fa pensare ad una futura e felice carriera come autore di best seller: pur in un’opera di esordio, abbiamo colto in Wilton una cifra stilistica personale anche che se per alcuni aspetti potrà pure ricordare qualcosa di alcuni noti autori, tra i quali i citati O’ Brian e Cussler.

La vicenda si svolge tra il luglio e l’agosto del 1805, quindi poco prima della battaglia di Trafalgar, quando l’Inghilterra governata da Giorgio III degli Hannover (nel romanzo citato soltanto come “lo straniero”) viveva giorni di caos, tra le rivendicazioni dei radicali, le rivolte degli irlandesi e Napoleone intento a conquistare il Canale della Manica. Le prime pagine si aprono con la descrizione di un devastante naufragio proprio sulle coste britanniche: una nave di contrabbandieri distrutta, equipaggio morto, tranne un sopravvissuto di nome Tom Roscarrock. Questi, trascinato dalla corrente sulla spiaggia di un villaggio di pescatori, è un energico e prestante personaggio la cui identità rimarrà a lungo poco chiara. Curato e preso in custodia da sir Kenneth Kinnard, capo del Comptrollerate-General for Scrutiny and Surveil, un non ben definito servizio per la difesa dello Stato, sconosciuto ai più, diventerà, forse suo malgrado, agente segreto. Roscarrock si ritroverà a dover fronteggiare una missione dai contorni confusi tra compagni ambigui e poco fidati. L’incarico di rintracciare due pericolosi rivoltosi si accompagna con l’indagine su di una misteriosa flotta personale di Napoleone, pronta ad approfittare del clima di caos creatosi nel Regno Unito, incentivato dalle disuguaglianze presenti nella società britannica e dagli ideali della rivoluzione francese. Roscarrock si troverà immerso in un tale intreccio di intrighi politici che dovrà aspettare a lungo per capire chi erano i traditori, chi lavorava per salvare l’Inghilterra e chi invece era sul libro paga di Napoleone. Oppure magari chi lavorava soltanto per se stesso. Personaggi come Jessel, Kenneth Kinnard, James Fannion, Virginia Strong, de Boeldieu, Lord Hugo Bellamy, i rivoltosi radicali, si muovono tutti in un contesto che è ben rappresentato dal pensiero ossessivo di Roscarrock, descritto con un corsivo: “Sto vivendo in un mondo di oscurità e di specchi. Fatti e identità sono inconsistenti come le identità e le appartenenze” (pag. 320).

Coerentemente il racconto di questa ricerca e indagine si dipana con continui colpi di scena, sul filo di un’ambiguità che non risparmia neppure Roscarrock. Fino appunto allo svelamento finale, sorprendente, che riporta il lettore alle prime pagine e al perché dell’arruolamento di Roscarrock. Avrete capito come l’ambiguità, intesa quanto meno come doppia faccia, incertezza, enigma, rappresenti uno degli elementi portanti del romanzo, e non solo in riferimento a personaggi che fino all’ultimo non si capisce da che parte stiano, ma anche in riferimento alla situazione politica e sociale dell’Inghilterra. A fronte di un popolo vessato, con pulsioni rivoluzionarie, si scontra l’inconciliabile esigenza di salvare il regno dall’invasione napoleonica; e quindi, per difendere l’integrità territoriale dell’Inghilterra, reprimere le manifestazioni di coloro che  pure avevano buone ragioni per reclamare giustizia ed un nuovo ordine sociale. Una repressione ai danni delle classi meno privilegiate mentre le stesse idee radicali venivano tranquillamente discusse nei salotti dei ricchi borghesi e della nobiltà: in questo senso le pagine di Wilton, forse scritte pure con qualche perfidia, ci ricordano qualcosa di molto vicino ai nostri “radical-chic” contemporanei. Dicevamo poi di O’Brian e Cussler. Il riferimento al padre di Jack Aubrey non è del tutto campato in aria vista la parziale ambientazione marittima del romanzo e agli anni delle guerre napoleoniche. Per quanto riguarda Cussler invece non mi pare che nell’opera di Wilton, malgrado la presenza di un prestante Roscarrock, si possa rintracciare un Dirk Pitt con le sue mirabolanti avventure. Oltretutto la scrittura dell’autore britannico appare più curata, meno elementare rispetto quanto possiamo leggere in romanzi come “Recuperate il Titanic”, apprezzabili semmai per una struttura narrativa ben collaudata.

Probabile invece che Wilton, funzionario del governo britannico, conosca bene i romanzi di Le Carrè; e difatti leggendo “L’oro dell’Imperatore”, malgrado sir Kenneth Kinnard non appaia assimilabile ad un George Smiley, ho pensato proprio a certe atmosfere presenti in “Chiamata per il morto” o “La talpa”, per un certo approccio allo spionaggio che privilegia il possibile doppio o triplo gioco dei protagonisti, che concentra grande attenzione ai documenti riservati dei servizi segreti e alle prassi burocratiche, e meno agli aspetti sensazionalistici ed eroici dell’attività di spione. Wilton, prima di congedarsi, racconta di aver tratto l’ispirazione del suo romanzo dalla scoperta, nell’archivio del War Office, di carte segrete, rimaste sepolte per quasi due secoli, che fanno riferimento proprio alla misteriosa e secolare Comptrollerate-General for Scrutiny and Surveil, ovvero l’Organizzazione generale di indagine e controllo, “sconosciuta al grande pubblico e sottovalutata dagli storici”. Probabile ne sapremo di più, ma l’epilogo in fondo risulta coerente: dai misteri dell’invenzione romanzesca ai misteri, forse autentici, forse no, della storia britannica.

Edizione esaminata e brevi note

Robert Wilton, ha lavorato per anni in diversi dipartimenti del governo britannico. È stato consigliere del primo ministro del Kosovo durante il processo di indipendenza ed è tornato in patria come ufficiale decorato. Saggista apprezzato nel mondo accademico, vive tra il Kosovo e la Cornovaglia.

Robert Wilton, “L’oro dell’Imperatore”, Longanesi (Collana: La Gaja scienza), Milano 2012, pp. 444, trad. Paola Merla

Luca Menichetti. Lankelot, novembre 2012

Recensione già pubblicata il 4 novembre 2012 su ciao.it e qui parzialmente modificata.