Un testo metanarrativo – l’etimologia la potete trovare sulla Treccani – rappresenterebbe una letteratura che scandaglia i processi dello scrivere, oppure addirittura una letteratura autoreferenziale, in cui è evidente l’intervento diretto dell’autore all’interno dello stesso testo che va componendo. Struttura metanarrativa che possiamo ritrovare in “Marcel ritrovato” di Giuliano Gramigna, romanzo del 1969 e adesso ripubblicato da Il ramo e la foglia edizioni; ma limitarsi ad una definizione così sbrigativa di metanarrativa potrebbe apparire quasi fuorviante e svilente per un’opera di cui è invece facile cogliere il pregio non soltanto stilistico. Più indovinata la definizione di Ezio Sinigaglia, autore dell’illuminante nota critica: “Un romanzo pre-postmoderno”.
Romanzo che, è vero, racconta di Bruno, un pubblicitario affetto da nevrosi in una Milano volgarotta e in piena ascesa economica, che viene incaricato da Roberta, un suo vecchio ma sempre presente amore, di andare a Parigi per cercare il marito, Marcello, di cui non sa nulla da giorni; ma, come intuibile, l’interesse del lettore non si concentrerà sulla fine di Marcello, semmai su quelle che sono state giustamente definite le “proiezioni dell’autore”. Quel tanto da considerarlo a tutti gli effetti un metaromanzo, con una vistosa vocazione sperimentale. Sperimentalismo che si traduce, di primo acchito, in originali trovate grafiche, nei frequenti slittamenti dalla terza alla prima persona, nelle note a piè di pagina dell’autore Giuliano Gramigna che si fa critico di sé stesso; nonché con tutte le considerazioni sulla forma romanzo: “Se invece provassimo a immaginare che il romanzo non ha direzione ma polarità […] E la logica tradizionale della narrazione? On s’en fiche pas mal” (pp.184).
Espedienti tutti immersi in un linguaggio complesso, anche questo indubbiamente con finalità sperimentali, che alterna innumerevoli vocaboli ricercatissimi, elitari ad altrettanto innumerevoli vocaboli dialettali dal suono quasi onomatopeico.
Romanzo, o metaromanzo che dir si voglia, originalissimo anche nel raccontare i protagonisti; a cominciare da Bruno, le cui velleità letterarie, già ampiamente frustrate, vengono messe in crisi dalla lettura di un appunto critico del genitore defunto, il quale vede nel figlio un epigono particolarmente superficiale di Proust: “che purtroppo nel libro di Bruno sono soltanto delle povere e sbiadite reminiscenze” (pp.46). Quel tanto da scatenare nuovamente in Bruno quella nevrosi che sarà uno dei caratteri sostanziali in “Marcel ritrovato” e che Ezio Sinigaglia ha inteso come un equivalente dello schiaffo ricevuto da Zeno Cosini. Anche in questo caso quindi ritroviamo un elemento metanarrativo.
Come troviamo, più di ogni altra cosa, Proust, la sua “recherche”: nelle descrizioni meticolose; nel raccontare, con fare spasmodico, la memoria nevrotica e frustrata del protagonista; nelle frequentissime espressioni francesi che, di volta in volta, si integrano con un italiano spesso disorientante; nel ripercorrere il ricordo della giovinezza di Roberta, di Marcello e quindi anche di Bruno che alla fine si ritrova forse con una diversa consapevolezza: “I soprassalti della giovinezza erano durati un bel po’; una giovinezza vecchia cioè prolungata oltre il suo limite naturale è quasi una malattia, certo una malattia diversa, meno pulita, di questa nevrastenia con la quale sono venuto a patti e abbiamo deciso di vivere insieme. Sarà la maturità, finalmente l’età adulta?” (pp.281).
Flussi di pensieri che, nel loro continuo oscillare di identità in identità, creano un disorientamento che potrebbe davvero essere considerato una sorta di gioco letterario. Gioco che vive di innumerevoli espressioni, descrizioni ed elaborazioni tra l’allucinato, l’ironico e il satirico. Pensiamo all’incontro parigino di Bruno con due ambigui personaggi, subito battezzati il Porco e il Verme; oppure quando al tavolo del Biffi Scala – anche in questo caso con un’autentica trasformazione della prosa romanzo in testo commedia – Bruno ascolta le voci dei suoi commensali che si intrecciano tra loro, creando così un effetto di paradossale sarcasmo.
Di sicuro un romanzo sperimentale, appunto pre-postmoderno, come “Marcel ritrovato” non permette facili definizioni, tanto più che il disorientamento, inteso sotto molteplici aspetti, rappresenta una delle sue caratteristiche più felici.
Edizione esaminata e brevi note
Giuliano Gramigna, (Bologna, 31 maggio 1920 – Milano, 15 aprile 2006) è stato un critico letterario, scrittore e poeta italiano. Dopo la laurea in giurisprudenza, esordisce come giornalista per un periodico milanese, finché, nel 1952, inizia a collaborare alle pagine culturali del “Corriere della Sera”. Ha scritto romanzi, raccolte di versi, saggi e ha tradotto dal francese opere di Alain-Fournier e Charles-Louis Philippe. Marcel ritrovato, pubblicato con Rizzoli nel 1969, è il suo terzo romanzo e ha ricevuto, nello stesso anno, il Premio Selezione Campiello e il Premio Campione d’Italia.
Giuliano Gramigna, “Marcel ritrovato”, Il ramo e la foglia edizioni, Roma 2023, pp. 296. Con una nota di Ezio Sinigaglia: Un romanzo pre-postmoderno.
Luca Menichetti. Lankenauta, marzo 2024
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