Abate Carmine

Il mosaico del tempo grande

Pubblicato il: 27 Agosto 2013

L’epopea di un popolo – gli Arbëreshe, gli italo-albanesi – trova qui la sua voce, in un romanzo in cui s’intersecano vicende private e storia collettiva, mito dell’eroe albanese Scanderbeg e formazione di un giovane moderno, passioni del passato e del presente, vendette, odi, ritorni alla terra d ‘origine. La Patria. Una realtà complessa per chi discende dagli albanesi, vive in Italia da secoli, parla una lingua propria, l’Arbëreshe, e spesso è costretto a emigrare per trovare lavoro e fortuna. O per amore. Sarà la sorte di Antonio Damis: fugge dall’Italia, da Hora in Calabria, va in Albania e poi ad Amsterdam con la donna che ama. Infine, ritorna e chiarisce alcuni fatti, si riconcilia con il passato e con i suoi errori, ma ad attenderlo c’è una vendetta, un rancore coltivato per anni e anni.

Carmine Abate ha costruito un romanzo come un mosaico, dove le tessere sono i capitoli che alternativamente si spostano dal presente al “tempo grande”, quel periodo tra Quattrocento e Cinquecento in cui gli albanesi lottavano contro i turchi e alcuni di loro, sotto la guida del papàs Dhimitri Damis, presero il mare e fuggirono, approdando sulle coste della Calabria.

È nata così Hora, la nuova Hora, il paese in cui è ambientata la vicenda, terra di migranti, ancorata ad antiche mentalità e a voci contraddittorie riguardo Antonio Damis.

Gli albanesi giunti in Italia costituiscono gli Arbëreshe, l’etnia cui appartiene anche l’autore, che diviene qui il narratore dell’epopea di un popolo, utilizzando un efficace plurilinguismo, che unisce lingua italiana, dialetto calabrese e arbëreshe.

Nella realtà di Hora si muove Michele, il giovane appena laureato che si gode l’estate, ultimo periodo di transizione verso l’età adulta prima dell’emigrazione al Nord in cerca di lavoro.

Un giorno Michele vede scendere dall’autobus nella piazza assolata della cittadina, una bellissima ragazza, Laura, con il suo fratellino Zef. Viene dall’Olanda ed è la figlia di Antonio Damis, un uomo fuggito da Hora molti anni prima, per tornare in Albania a cercare l’affascinante ballerina di cui si era innamorato follemente e fuggire poi con lei in Europa, lontano dal terribile regime comunista, che opprime l’Albania e ne blocca i confini.

Damis però si lascia alle spalle altri affetti e molte voci corrono sul suo conto, su un favoloso tesoro “del tempo grande”, di cui si sarebbe appropriato, compreso un pugnale d’oro appartenuto a Scanberbeg, l’eroe liberatore dell’Albania. Michele viene a conoscenza delle antiche vicende tramite Gojari, cioè Boccadoro, il mosaicista albanese che sta realizzando una grande opera con tutti i personaggi del passato.

“… le storie le abbiamo dentro e attorno a noi, io non faccio altro che raccoglierle come frutti da un albero e poi le fisso nel mosaico perché durino il più a lungo possibile. Questo hanno di buono i mosaici: che durano più degli affreschi, più dei quadri e delle parole, più di noi.Minuscole tessere turchine e violacee brillavano in una mano di Gojari”.

Il romanzo si muove così su più piani: è vicenda di formazione e passaggio all’età adulta di Michele, è conoscenza del passato e delle proprie origini, è storia di un popolo migrante e storia dell’Albania. Alle migrazioni di ieri, sfumate ormai nel mito, si aggiungono quelle di oggi, le fughe con i gommoni negli anni Novanta, via da un regime liberticida che aveva condannato il paese a una terribile arretratezza e all’isolamento dal resto del mondo. S’intrecciano le drammatiche storie dei migranti, la perdita della patria, ma anche dei propri cari durante il naufragio dei gommoni, sovraccaricati fino all’inverosimile da scafisti delinquenti.

Abate si preoccupa da dare voce a una minoranza e di mostrare un popolo forte e sanguigno, ricco di tradizioni, generoso, ma capace anche di grandi rancori e di vendette covate per anni nel cuore.

Le passioni, arroventate come il sole del mezzogiorno, si conservano vivide e sfociano poi in un’esplosione di violenza inaspettata, che tinge di sangue una storia apparentemente a lieto fine.

La presenza di numerosi personaggi e storie lascia aperto lo spazio per ulteriori sviluppi e ad altri romanzi ambientati a Hora, che infatti Abate ha scritto.

Articolo apparso su lankelot.eu nell’agosto 2013

Edizione esaminata e brevi note

Carmine Abate (Carfizzi, Calabria 1954), scrittore arbëreshe, emigrato da giovane in Germania, oggi vive in Trentino, dove insegna. Ha esordito nel 1984 in Germania con i racconti “Den koffer und weg!”, tradotto in italiano in edizione ampliata “Il muro dei muri”. Tra i suoi romanzi “Il ballo tondo” (1991, riedito da Fazi e Mondadori nel 2005), “La moto di Scanderbeg( (Fazi 1999), “Tra due mari” (Mondadori 2002) e “La festa del ritorno” (Mondadori 2004).

Carmine Abate, Il mosaico del tempo grande, Milano, Mondadori 2006.

Links: http://it.wikipedia.org/wiki/Arb%C3%ABresh%C3%AB

http://it.wikipedia.org/wiki/Carmine_Abate