Avevo già letto un libro di Kader Abdolah. Si trattava di “Scrittura cuneiforme”. Arrivavo a “Il viaggio delle bottiglie vuote” con gli occhi e la testa pieni della magia, della bellezza e della suggestione di quel libro. E sono rimasta delusa. Perché “Il viaggio delle bottiglie vuote”, scritto prima di “Scrittura cuneiforme”, non mi ha trasmesso le stesse sensazioni o, quanto meno, non mi ha conquistato né convinto come era accaduto con il libro precedente. La scrittura di Kader Abdolah è e rimane molto delicata e sentita, ma manca tutto il resto. Ed è un peccato. A grandi linee si può anche dire che “Il viaggio delle bottiglie vuote” è ciò che viene dopo “Scrittura cuneiforme”. Perché le due storie, in certi momenti, si sovrappongono e si accavallano. Il protagonista è sempre e comunque l’alter ego di Kader Abdolah. Ne “Il viaggio delle bottiglie vuote” si chiama Bolfazl ed è esattamente ciò che è stato Kader: un rifugiato politico fuggito dall’Iran che arriva in Olanda assieme a sua moglie.
L’integrazione non è semplice. Per colpa di una lingua ostile che si fa fatica ad imparare, per una cultura che non ha niente a che fare con quella islamica, per un’indifferenza comune ed apparente che in Iran non esiste neppure. “Noi eravamo i nuovi arrivati. Degli stranieri. Non contavamo ancora. Dovevamo aspettare a lungo prima di poter essere messi al corrente dei segreti del quartiere. Era ormai qualche mese che abitavamo in quel quartiere, in quella via. I vicini ci passavano accanto come se non esistessimo. Come se non ci fosse nessuno straniero nella loro strada. Neppure io li guardavo, perciò non sapevo ancora chi abitasse in quale casa e chi fosse la moglie di quale marito. In realtà tutto il vicinato ci teneva accuratamente d’occhio“. Ma in questo microcosmo tanto simile a quello di una qualsiasi cittadina occidentale, Bolfazl riesce a farsi almeno un amico. Si tratta di René. Il vicino olandese. Un uomo alto, biondo e di una quindicina di anni più grande rispetto a Bolfazl.
Bolfazl si sforza di abituarsi a tutto. Ad una lingua da imparare daccapo, ai canali e alla diga, alle mucche perse nella nebbia, alla pioggia che può cadere per giorni interi, alla nudità delle persone e alle stranezze che l’Olanda contiene. I contatti con il vicino René diventano gradualmente più regolari e costanti. E presto Bolfazl scopre che l’uomo vive con un altro uomo, un piccoletto con gli orecchini che lui, non ricordando il nome, inizia a chiamare Moka Moka. Eppure nella casa di René c’è anche una ragazza. Chi è? Solo Miranda, o Mietra come lui si ostina a chiamarla, la figlia di René e della donna che ormai è la sua ex moglie.
La vita olandese di Bolfazl non è semplice. Lui si pone domande in continuazione, persino in maniera morbosa. Ma sa che in questa terra è meglio non eccedere per questo non può far altro che cercare di tacere e dedurre. La sua radice persiana rimane in lui con tutte le leggende, i personaggi e i ricordi che porta con sé. Intanto il rapporto con sua moglie sembra vacillare, lei non è più la donna remissiva ed accondiscendente che ha portato via dall’Iran ma somiglia sempre di più alle donne olandesi che frequenta e con le quali ha iniziato a parlare con maggiore confidenza: un altro equilibrio viene meno per Bolfazl. Così come viene meno la presenza di René. L’uomo sparisce misteriosamente e dopo molto tempo, nella sua casa, viene a vivere un altro olandese, Jacobus, un personaggio dai modi bizzarri e un po’ scorbutici.
“Il viaggio delle bottiglie vuote” racchiude il viaggio di un bottiglia vuota: Bolfazl. Suo nonno conservava in cantina delle bottiglie vuote in ricordo di uomini di famiglia scomparsi nel corso dei secoli. Lui rappresenta una di quelle bottiglie, l’unica che ha preso il largo.
Edizione esaminata e brevi note
Kader Abdolah, “Il viaggio delle bottiglie vuote”, Feltrinelli, Milano, 2008. Traduzione dal nederlandese di Elisabetta Svaluto Moreolo. Titolo originale: “De reis van de lege flessen” (1997).
Pagine Internet su Kader Abdolah: Sito ufficiale (nl) / Wikipedia / Scheda Iperborea
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