Dopo aver recensito il suo “L’ubbidiente democratico”, ho deciso di rivolgere alcune domande all’autore, Luigi Iannone:
Ciao Luigi, probabilmente fra coloro che leggeranno questa intervista ci saranno persone che non hanno ancora letto il tuo “L’ubbidiente democratico”(Idrovolante Edizioni) e per questo comincerei proprio col chiederti chi é questo “ubbidiente democratico”?
Siamo tutti quanti noi. Quando utilizziamo un aggettivo invece di un altro, non utilizziamo taluni termini per paura di offendere l’interlocutore, non ci esprimiamo su taluni valori e scelte ideali fondamentali per timore di essere attaccati e di passare dalla parte dei barbari brutti e cattivi, diventiamo ‘ubbidienti democratici’. Quando per esempio a chi ci augura ‘in bocca al lupo’, non rispondiamo con ‘crepi il lupo’, per paura delle tirate moralistiche dell’animalista di turno ci stiamo comportando da ‘ubbidienti democratici’.
Il sottotitolo del tuo libro recita “Come la civiltà occidentale è diventata preda del politicamente corretto”. Cos’è secondo te il politicamente corretto? E il buonismo? Esistono veramente queste due categorie?
Esistono eccome. Sono la forma esteriore, più visibile, dell’unica ideologia che sovrintende il nostro tempo e a cui tutti siamo più o meno asserviti; quella del pensiero Unico. Quella che, per esempio, da una parte ci invita a sostenere la precarietà del lavoro e dall’altra la relatività dei valori; che da una parte esalta il capitalismo finanziario e dell’altra i diritti civili.
Nel libro ricostruisci per certi versi la tua formazione culturale che ha spaziato spesso fra autori non conformi, considerati come dei reietti, assolutamente da non leggere. Quali sono gli autori fondamentali nella tua formazione e perché ancora oggi li si definisce “non conformi”? Non conformi a cosa? Esiste ancora la possibilità di non essere conformi?
Ogni fase ha avuto i suoi autori. Quelli cosiddetti ‘non conformi’ risaltano più degli altri perché non riconosciuti dal Pensiero Unico e quindi ritenuti alla stregua di pazzi scriteriati o cose simili. Ernst Jünger, Carl Schmitt, Martin Heidegger sono una triade che ancora oggi fa paura. Certo vengono citati da tanti ma, in linea di massima, solo per essere confutati o criticati. E nel luogo dove il loro pensiero dovrebbe essere approfondito, cioè all’università, non c’è traccia alcuna, tranne forse per Heidegger che però viene accompagnato sempre da una correlazione al nazismo. Ma a modo loro sono stati ‘non conformi’ il nostro Giuseppe Prezzolini oppure lo storico Ernst Nolte, o ancora lo scrittore Céline.
Più in generale ti scagli in maniera veemente contro il conformismo della cultura in Italia. Qual è lo stato attuale della cultura italiana? Te la prendi con gli intellettuali degli appelli, dei circoli elitari che si parlano continuamente addosso.
E che peraltro sono sempre gli stessi. Qualunque tema o approfondimento scientifico, questione teologica o argomento di natura economica deve passare al setaccio delle loro analisi. Io non capisco come facciano ad essere privi di dubbi, ma anzi ad avere certezze in ognuno di quei campi.
Sei un giornalista, che giudizio dai del tuo mondo? A me certe volte sembra che i giornalisti siano diventati quasi solo dei pubblicitari, molto spesso megafoni e servi del padrone di turno. Quando vedo un giornale, per esempio come Il Fatto Quotidiano, che é una specie di prigione granitica al servizio di un partito, io storco il naso.
Si tratta di un lavoro come un altro che, però, in una epoca di così forte immobilismo intellettuale potrebbe avere una funzione dirompente. Invece accade che spesso il narcisismo preda il sopravvento sui contenuti.
Condivido con te la critica al mondo della scuola. Tu da dove ripartiresti? Abbiamo alle spalle decenni di pseudo riforme che l’hanno devastata e probabilmente in futuro ce ne aspettano delle altre. Io per esempio rabbrividisco di fronte all’alternanza studio-lavoro e agli studenti che fanno la prova da McDonald’s.
La società ci prepara sin da piccoli ad essere degli automi. Il nostro compito è quello di produrre e consumare. Ogni elemento che potrebbe sfuggire a questa logica viene subito reindirizzato con le buone o con le cattive. La scuola non sfugge a questa logica. L’idea è quella di creare soggetti preordinati a lanciarsi nel mondo del lavoro, con competenze sempre più specifiche, e quindi essere capaci sin da subito di produrre e consumare. Kant, Leopardi, Hobbes o Nietzsche sono considerate inutili cianfrusaglie. E perciò qualunque riforma della scuola mi sembra una contraddizioni in termini; una inutile perdita di tempo.
Critichi anche molti costumi come l’amore quasi pornografico per gli animali. Cosa ti infastidisce di questa modernità quando passeggi per strada o più in generale ti immergi nel mondo?
A me non dà fastidio nulla, tranne quando le idee, i capricci, i tic o le ossessioni degli altri vogliono imporsi come regola generale. Ognuno faccia come vuole; l’importante è non ritenere le proprie scelte di vita regola generale da imporre a tutto il resto dell’umanità. Se uno vuole dormire col cane o col gatto sotto le coperte, lo faccia pure. L’importante è che poi non ‘pontifichi’ sul fatto che la relazione uomo-animale debba avere quei connotati.
Non tralasci nemmeno di criticare la svolta progressista compiuta dalla Chiesa Cattolica. Non credi che questo adeguarsi ai tempi la condurrà all’irrilevanza? La religione dovrebbe porsi su un livello spirituale e invece sembra che di Spirito, di ultraterreno, se ne vergognino gli stessi religiosi.
Il nostro tempo ha perso del tutto la connessione con il senso del sacro ed è fenomeno visibile in ogni campo. Nelle strutture religiose è ancor più appariscente perché essi dovrebbero ‘per mestiere’ occuparsi di questo ma è l’intera società ad essere percorsa da queste anomalie. Noi viviamo un’epoca in cui le forme materiali hanno sommerso totalmente ogni anelito di trascendenza. Non contano più la persona, la comunità, le relazioni umane, i sentimenti di amicizia, riconoscenza, solidarietà. Conta solo il riscontro utilitaristico. Se da una determinata azione ricevo qualcosa di concreto in cambio, allora ci muoviamo in quella direzione. Altrimenti ci facciamo dominare dall’egoismo e dall’indifferenza.
Anche la democrazia finisce al centro dei tuoi strali. Come sta la democrazia? E la democrazia non è un altro di quei feticci usato spesso come clava, aperitivo e digestivo per silenziare e uniformare le coscienze?
Sì, in effetti è così. Sei democratico se la pensi come loro. Appena esci anche di un solo millimetro dal conformismo generale vieni accusato di tutte le porcherie possibili. Se hai opinioni diverse sulla ‘teoria gender’ o sul matrimonio omosessuale sei omofobo; se critichi questa Unione europea sei un populista; se hai idee diverse su taluni fatti storici del passato sei un negazionista, e così via. Desumo, dunque, che essere democratici possa significare solo una cosa: pensarla tutti allo stesso modo. Un tempo lo si chiamava ‘totalitarismo’ ma, evidentemente, mi sbagliavo.
Come giudichi l’attuale quadro politico italiano? Io lo trovo di una pochezza e mediocrità da lasciarmi senza fiato.
Visto che la penso come te, passiamo alla domanda successiva.
Esistono motivi di speranza?
Sul breve termine non ne vedo nemmeno uno.
Vorrei chiudere questa intervista chiedendoti di consigliare un libro o un autore che hai riscoperto o scoperto in questi ultimi tempi.
“Le mille e una notte” (edizione Donzelli) è il libro che sto leggendo questa settimana. Un modo come un altro per speculare su un mondo arabo misterioso e sensuale e che oggi, purtroppo, ci appare molto lontano.
Edizione esaminata e brevi note
Luigi Iannone collabora alle pagine culturali de Il Giornale. Tra i suoi libri ricordiamo: Un conservatore atipico. Giuseppe Prezzolini. Intellettuale politicamente scorretto; Tolkien e Il Signore degli Anelli; Storia, Europa e Modernità. Intervista a Ernst Nolte; Jünger e Schmitt. Dialogo sulla modernità; Il suicidio dell’Occidente. Librointervista a Roger Scruton; Manifesto antimoderno; Il profumo del nichilismo; Sull’inutilità della destra; Umanità al tramonto. Critica della ragion tecnica. Ha curato e prefato La rivoluzione conservatrice di Ernst Nolte e il volume collettaneo Ernst Jünger.
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