Aladdin Muhammad

Cani sciolti

Pubblicato il: 30 Marzo 2016

Per una collana che si chiama “Altri arabi”, un nome che fa pensare davvero al superamento di certi facili stereotipi, “Cani sciolti” di Muhammad Aladdin può rappresentare un bel biglietto da visita: l’idea dell’arabo tutto casa e moschea magari non sarà spazzata via ma si arricchirà di una nuova prospettiva, soprattutto riguardo la parte più giovane della popolazione egiziana. A dirla tutta quanto scritto in quarta di copertina ci aveva fatto immaginare qualcosa di simile a “Medio occidente” di Chiuppani, altro titolo del Sirente: “i cosiddetti cani sciolti, giovani lontani dalla morale tradizionalista, liberi da ogni costrizione di natura sociale e abituati a cavarsela in ogni situazione. Sono i giovanissimi che hanno dato vita alle proteste di piazza e anche quelli che erano in piazza al soldo dei governi, come teppisti e picchiatori. Un ritratto realistico e trasversale dell’attuale società egiziana”. In altri termini la conferma di un’interpretazione del mondo contemporaneo, coerente con un “medio occidente” questa volta egiziano: mentre la cosiddetta società civile italiana diventa di giorno in giorno sempre più evanescente, la nostra tanto decantata democrazia occidentale trasformata nello storytelling di un’arrogante oligarchia che non ha remore a mistificare parole come riformismo e rinnovamento; invece nel vicino Oriente e nel nord Africa, popolazioni che per secoli non hanno conosciuto alcun diritto di cittadinanza, dopo aver alzato finalmente la testa, pur sconfitti, hanno mostrato che anche in quei paesi può farsi strada un modello diverso di vivere civile. In realtà il racconto di Muhammad Aladdin sembra privilegiare innanzitutto la trasgressione, l’indolenza, la mancanza di prospettive di una generazione ai margini, lontana dalla tradizione tanto da sfiorare la blasfemia, suggestionata dai miti del consumismo, disinvolta sessualmente; e nel contempo relegata in un ghetto di precariato, disinteressata di quanto accade nei palazzi del potere: Ahmed si arrabatta a scrivere racconti porno, e con lui troviamo l’ambiguo El-Loul, regista televisivo senza qualità che intende rilanciarsi come manager truffaldino, Abdallah, di famiglia abbiente e ormai tossico senza speranza, Nevìne, traditrice seriale e moglie di un emigrato nel Golfo, Aly Luza, un venditore di frattaglie violento e maniaco, danzatrici del ventre obese, una zia (di Ahmed) ignara dei traffici del nipote.

Tutti questi personaggi sono coinvolti in una vicenda picaresca e surreale, in parte nera in parte grottesca, tra ricatti, piccole truffe ed espedienti per sbarcare il lunario: il finale aperto è quello forse più coerente per una storia che svela la realtà nascosta di un paese ufficialmente conservatore, dove i più giovani si perdono nello sballo e in forme di trasgressione a basso costo, quelle che si credevano appannaggio del più ricco Occidente. Anche la religione rimane sullo sfondo, con qualche sporadico accenno al velo, ai copti, a come ovviare al ramadan, pur nella consapevolezza che l’Egitto, almeno formalmente, è un paese permeato di un diffuso islamismo, con poche vie di mezzo: “Se partiamo dal presupposto che viviamo in un paese per sua natura molto osservante, i cui abitanti si suddividono tra la schiera degli atei e quella dei credenti, i quali – come ben sapete – sono in genere assai ‘eloquenti’, allora ne possiamo dedurre che la maggior parte di coloro che corrono dietro a Nevìne, appartiene alle fila degli atei violenti” (pp.47). Alladin, nel raccontare la piccola borghesia egiziana, attinge a piene mani a una cultura pop che sembra davvero non conoscere confini, con frequenti citazioni di cantanti, attori e attrici di area mediorientale e internazionale. Resta l’impressione di un linguaggio che ha molto a che fare col cinema e col fumetto: lo possiamo cogliere sia dai frequenti dialoghi, spesso al limite del surreale, sia dalla rappresentazione disorientante di personaggi tutt’altro che virtuosi e che di tradizionale e “islamico” non hanno nulla. Completa l’opera un approccio apparentemente divertito e ironico di fronte al cinismo della più giovane generazione egiziana, alle prese con droghe fai da te (psicofarmaci, sciroppi per la tosse), pornografia, miti americani, alcol, sessualità promiscua, libera di dare sfogo ai propri istinti e di arrangiarsi. Una rappresentazione di comportamenti sopra le righe che potrebbe essere interpretata in rapporto al sistema politico dittatoriale presente in Egitto: forse proprio grazie alla leva della trasgressione effimera e della precarietà dei sudditi. L’oppio dei popoli che in questo caso non è rappresentato dalla religione ma dall’oppio in quanto tale, ovvero la droga e lo sballo.

Edizione esaminata e brevi note

Muhammad Aladdin, (Il Cairo, 1979) è un autore egiziano di romanzi, racconti e sceneggiature. Ha pubblicato la sua prima raccolta di racconti nel 2003 e ad oggi è autore di quattro romanzi – Il Vangelo di Adamo, Il trentaduesimo giorno, L’idolo, Il piede – e tre raccolte di racconti – L’altra riva, La vita segreta del Cittadino M. e Giovane amante, Nuovo amante.

Muhammad Aladdin, “Cani sciolti “, Il Sirente (collana “Altriarabi”), Fagnano Alto 2015, pp.105. Traduzione di Barbara Benini.

Luca Menichetti. Lankelot, novembre 2015