Caporali Giulio

Uno sguardo dai ponti

Pubblicato il: 23 Luglio 2017

E’ probabile che ancora oggi molti alunni delle scuole italiane non abbiano ben chiaro che la vicenda di Romolo e Remo, pur tramandata dagli storici più antichi, è in realtà una pura e semplice favola, neanche troppo originale. Ce lo ricorda Giulio Caporali che, grazie alla sua professione, ha scritto “Uno sguardo dai ponti” proprio con una particolare attenzione ad aspetti “tecnici” sicuramente più consueti nelle analisi di un ingegnere che in quelle di uno storico accademico. Il libro intende appunto districare “la matassa di quel falso e fare un po’ di luce sulle reali origini di Roma” (pp.9). Niente a che vedere con eroi, animali e dèi, ma qualcosa di molto meno epico, che di certo non avrebbe fatto piacere a molti degli apologeti della Città Eterna.

L’ipotesi di fondo – ma diciamo pure la constatazione – è che Roma, a rigore situata in una zona strategicamente infelice, sia stata fondata, e poi sia diventata un’autentica potenza, grazie ad un evento tutto sommato banale: “il varo sul Tevere, ad opera di un costruttore di origini etrusche di un paio di manufatti finalizzati a uno scopo […]: fare soldi” (pp.9). I manufatti di cui parliamo – facile intuirlo – non sono altro che i ponti sull’isola tiberina, costruiti in un tempo remoto che non era caratterizzato da raffinate tecniche ingegneristiche. I ponti e l’isola permettevano infatti un guado non troppo difficoltoso, sicuramente uno sfruttamento commerciale lungo importanti correnti di traffico; e da qui lo sviluppo del primo nucleo urbano di Roma.

Così scrive Caporali, col rischio di scandalizzare qualcuno: “fu proprio quell’insediamento, che molto banalmente e un po’ irriverentemente si può definire come l’antenato di un autogrill dei nostri giorni, il vero nucleo attorno al quale si sarebbe sviluppata l’Urbe” (pp.97). Del resto anche Ranuccio Bianchi Bandinelli, in tempi non sospetti, scrisse: “Roma non nasce sul colle Palatino come ci hanno insegnato a scuola … I nuclei di abitazione su quel colle e su quelli prossimi si sono andati formando, sarebbero rimasti un villaggio, un centro secondario, se non ci fosse stato il Tevere e, in quel punto dove oggi è l’Isola Tiberina, una possibilità di attraversare il fiume […] Essa nasce soprattutto come centro di traffico, di commercio, non tanto come centro agricolo, come volevano le memorie degli avi” (pp.29).

Il libro, quindi, supportato da un buon numero di fonti antiche e recenti, ripercorre sia la plausibile espansione dell’autentica Roma, sia gran parte dei falsi imbastiti dagli annalisti e dagli storici più moderni. Ma non soltanto Roma. A volte prevale l’ingegnere sullo storico e lo svolgimento del libro magari potrà apparire non troppo organico, svariando tra la Roma propriamente detta e una sorta di storia dei ponti costruiti lontano dal Tevere: ad esempio il Ponte del diavolo a Borgo a Mozzano, il ponte di Mostar sulla Neretva, il ponte di Traiano. In compenso un libro che si fa leggere bene, divulgativo e capace di approfondire appunto cosa si è voluto nascondere dietro la costruzione di falsi plateali. I progenitori dei due ponti Cestio e Fabricio avrebbero avuto a che fare infatti con gli etruschi, con evidenti interessi commerciali e con un pontifex – ingegnere, titolo poi assurto al vertice della gerarchia ecclesiastica. Le origini furono evidentemente molto meno spirituali e – si intuisce dal nome – avevano tutto a che fare con i ponti.

Il racconto di Caporali prosegue nel tentativo di spiegare, non tanto la preesistenza di quei ponti rispetto la città di Roma, quanto la ragione del loro oblio a vantaggio “della immeritata primogenitura del Sublicio” (pp.104). Ripercorrendo la storia di Porsenna, per lo più falsificata sia nei testi scolastici sia in quelli storici antichi e recenti, il nostro autore giunge ad affermare che “il ponte Sublicio agli annalisti faceva sicuramente comodo per un’altra ragione non proprio nobile: avrebbe consentito loro di imbastirci sopra una favola altrettanto bella che quella di Romolo. Solo che bisognava collocarne il varo prima e non dopo la guerra con Chiusi” (pp.141). Preso atto oltretutto che quel ponte non fu affatto costruito da Anco Marzio nel VII secolo a.C. (al tempo erano ancora funzionanti i “manufatti” etruschi dell’isola Tiberina). Lo scopo fu quello semmai di mascherare la sconfitta nella guerra con Chiusi, un’occupazione militare e relativo costo di una pace. Confutando la scrittura di una Storia per fini non proprio ortodossi, Caporali così replica alle leggende imbastite dagli annalisti: “La motivazione del ponte Sublicio con le travi e l’impalcato assemblati senza utilizzare chiodi e staffe metalliche è in realtà di una semplicità addirittura disarmante. Non fu utilizzato del ferro perché a Roma al momento della realizzazione del manufatto, decisa dopo la guerra con Chiusi, non c’era ferro disponibile. E non c’era ferro disponibile, nell’Urbe, perché il trattato di pace, dato da Porsenna a Roma, lo aveva proibito” (pp.155). Sostanzialmente  l’autore di “Uno sguardo dai ponti”  ha voluto ricostruire un percorso di avvenimenti plausibile rispetto i falsi macroscopici di antichi annalisti, più fedeli alla politica del momento che ai fatti. Vizi che, temiamo, non siano stati esclusiva soltanto degli storici più antichi.

Edizione esaminata e brevi note

Giulio Caporali, ingegnere, vive in Toscana. Ha tradotto dal latino medievale gli “Statuti Comunali di Montepulciano del 1337” e, insieme con Gabriella Bartolini le “Peregrinationes”: diario del pellegrinaggio in Terrasanta nel 1483 di Bernard von Breydenbach, decano della cattedrale di Magonza. Il libro “Montepulciano, l’ultima reggia” è una sorta di divertissement nel quale ha abbozzato una ricerca etimologica sulla vexata quaestio del nome della città, che dovrebbe significare Monte di Porsenna. Nel volume “Alla ricerca della poesia perduta”, ha assemblato i componimenti che gli studenti della vecchia scuola erano “costretti” a mandare a memoria. Il libro “I poeti del vino”, di qualche anno dopo, ne è stato il seguito.

Giulio Caporali, “Uno sguardo dai ponti. La vera storia della nascita e dello sviluppo di Roma”, Iacobelli (collana “Guide”), Pavona di Albano Laziale 2017, pp. 177. A cura di Amedeo Vitale.

Luca Menichetti.  Lankenauta, luglio 2017