Di Marino Stefano

Mosaico a tessere di sangue

Pubblicato il: 23 Giugno 2014

In alcune recenti interviste Stefano Di Marino si è soffermato più volte sull’ambientazione quale premessa imprescindibile per un narratore di genere, che deve essere innanzitutto scenografo delle sue storie. E da lì possiamo partire anche per “Mosaico a tessere di sangue”. E’ vero che le prime pagine del romanzo ci raccontano del ferimento del poliziotto Franco Belli in quel di Milano e poi della tentata fuga della serial killer Moira Rachelli dall’Ospedale giudiziario psichiatrico di Aversa, ma poi la scena, fino all’epilogo, si sposta presso l’hotel “Lungomare”sul litorale pontino: luogo di per sé lontano dalle più frequentate mete turistiche e, ora che l’estate volge al termine, tale da lasciare un’impressione di ancor più profondo isolamento. Qui si ritrovano Belli, ancora zoppicante e malridotto dopo che uno sconosciuto gli ha spappolato il ginocchio, ed altri personaggi in qualche modo tutti legati alla Rachelli, conosciuta come Mantide della Brianza, con alle spalle almeno 23 omicidi, ufficialmente morta dopo un sanguinoso tentativo di fuga dall’Ospedale psichiatrico: il poliziotto, che intanto a Milano ha lasciato l’amica criminologa Vanna Naldi e il collega Germano Bernacchi, è la persona che ha materialmente arrestato la mantide; ed ecco che presso l’hotel “Lungomare”, in presenza di una starlette strafatta e di un personale con alle spalle diversi segreti, si ritrovano, non si capisce per quale strana alchimia, lo psicanalista che per anni ha tenuto sotto osservazione la serial killer, la sua infermiera che ora fa coppia con una remissiva ragazzina, uno showman in disgrazia che, adescato dalla Rachelli in un club privè, poteva essere la sua ultima vittima, la direttrice dell’hotel, pittrice per hobby che tempo addietro la ritrasse quando era già internata ad Aversa. Un legame che risulta ancor più inquietante visto che la serial killer è morta da poco e in circostanze che, almeno in Belli, lasciano molti dubbi: Moira la pazza ha tentato la fuga dopo aver ammazzato un dottore e una infermiera, ma poi la donna viene trovata uccisa con un colpo di arma da fuoco in piena faccia, poco distante dalla struttura ospedaliera. L’analisi del dna sembra confermare l’identità della serial killer e quindi l’ipotesi più probabile è che sia stata uccisa dal suo complice, forse per vendetta, forse perché mitomane o chissà per quale altra ragione.

Comunque siano andate le cose è un dato di fatto che sul litorale pontino di fine estate sia in corso una riunione di personaggi tutti legati da un filo rosso di nome Moira Rachelli: una circostanza che ha già fatto pensare ad una versione aggiornata e tutta italiana dei dieci piccoli indiani di Agatha Christie. In realtà, se è vero che in “Mosaico a tessere di sangue” gran parte degli ospiti dell’hotel saranno uccisi in maniera cruenta apparentemente da una rediviva serial killer, forse la mantide ancora viva o forse no, non possiamo certo considerare il romanzo di Stefano Di Marino come la semplice riproposizione di un poliziesco classico alla Agatha Christie. Semmai è il debito al cinema di genere ad apparire subito evidente, e del resto lo scrive lo stesso autore in una postfazione che sgombra il campo da ogni dubbio: “Oggi si parla di Italian Giallo ed è una tendenza riconosciuta in tutto il mondo (anche se snobbata in casa, come sempre) di cui andare fieri. E’ mia opinione che i giallisti italiani di oggi trovino più le loro radici in questo cinema che nella letteratura di genere italiano o anglosassone. Di certo nella mia produzione quel genere di atmosfere di suspence sono rimaste indelebili” (pag. 153). Da qui più che legittimi i riferimenti al cosiddetto psyco-thriller italiano e allo slasher-movie anni settanta, e quindi, se proprio di letteratura e scrittura vogliamo parlare, meglio citare le sceneggiature dei film di Mario Bava, Umberto Lenzi, Sergio Martino e Aldo Lado, tra i tanti.

Ma non possiamo limitarci soltanto ai generici riferimenti cinematografici o ad ammettere come Di Martino, forse lo scrittore italiano di genere più prolifico in assoluto, anche in questo suo ultimo romanzo abbia usato al meglio tutto il suo mestiere, costruendo un susseguirsi frenetico di colpi di scena fino allo svelamento finale del o della killer, sia essa la rediviva Moira Rachelli o un altro maniaco omicida. Certo è che, a differenza dei cosiddetti gialli classici o polizieschi dove l’intervento dell’investigatore diventa risolutivo, qui i tanti indizi sono volti a creare appunto un’atmosfera di incertezza e conseguente orrore, ma, il colpevole, a dirla tutta, non viene scoperto dall’eroe della situazione e per merito di particolari deduzioni: proprio come in tanti film anni settanta, si fa scoprire per sua volontà, nel pieno della furia omicida, con un colpo di scena finale che una volta tanto si può definire tale. In virtù anche di questi richiami cinematografici, come le innumerevoli false piste, i rumori improvvisi che rompono il silenzio della desolazione pontina, una tensione che viene foraggiata più efficacemente dal macabro piuttosto che dallo splatter, ci è sembrato che la caratterizzazione psicologica dei personaggi, pure non assente, passi in secondo piano rispetto la trama in quanto tale. Si dice spesso, neanche troppo benevoli, che le opere di “genere” siano  tutta trama. Probabile, ma è proprio grazie  alla trama che “Mosaico” funziona dalla prima all’ultima pagina, salvo qualche inevitabile e veniale forzatura logica, e tale da rispondere efficacemente alla  definizione di “letteratura d’intrattenimento”. “Mosaico”, di nome e di fatto, perché anche i tanti brevi capitoli di una pagina, massimo tre o quattro pagine, ancora una volta risultano coerenti con le sequenza frenetiche di un film psyco-thriller.

Lo stile di Di Marino è stato spesso lodato per i ritmi dinamici e – lo scrive Fabio Novel in Dizionoir – “un salgariano senso dell’avventura”. Il riferimento allo sfortunato scrittore veronese non è poi campato in aria: il creatore del Corsaro Nero a fronte di una produzione ricchissima poteva mostrare ogni tanto la corda dal lato formale, ma poi si riscattava grazie alla fervida fantasia e alla cura nelle ambientazioni. Ugualmente Di Marino, creatore a getto continuo di ogni tipo di romanzi e racconti di genere, anche in “Mosaico a tessere di sangue” qua e là, per i nostri gusti, può avere lasciato appeso al testo un avrebbe di troppo, cosi come qualche avverbio superfluo, per fortuna senza arrivare agli eccessi di un Faletti; ma alla fin fine su tutto è l’invenzione della trama a risultare vincente. E molti si chiederanno se presto potrà tornare in pista il poliziotto Franco Belli, pur traumatizzato da una vacanza a dir poco letale. C’è da pensare che Stefano Di Marino gli potrà presentare qualche altro serial killer, con soddisfazione dei suoi affezionati lettori.

 

Edizione esaminata e brevi note

Stefano Di Marino, (Milano, 1961), scrittore, traduttore, sceneggiatore di fumetti. E’autore di polizieschi, gialli, thriller e fantasy – che firma sia col suo nome, sia con quelle di Steve De Marino, sia ricorrendo a vari pseudonimi – nonché di saggi sulle arti marziali. Tra i suoi romanzi, “Il Cavaliere del Vento”, “Quarto Reich”, “Ora Zero”, la trilogia di Montecristo “Pietrafredda”.

Stefano Di Marino, “Mosaico a tessere di sangue”, Cordero Editore (collana Crimes), Genova 2014, pag. 156. A cura di Daniele Cambiaso.

Luca Menichetti. Lankelot, giugno 2014