Se “Pasti chiari” fosse semplicemente un ricettario avrebbe poco senso scriverne in un portale letterario, che pure non disdegna di ospitare articoli su pubblicazioni scientifiche e cronaca giornalistica. In realtà il sottotitolo “proposte, consigli, ricette per una cucina più naturale” potrebbe risultare un po’ fuorviante. In appendice del volume è vero che troviamo la “Biocucina”, ovvero (tutto con metodo e ingredienti “bio”) il risotto alla mantovana, il riso alle erbe aromatiche, la zuppa di farro con zucchine, il polpettone di saraceno e cavolo, le polpette di miglio al forno, il tortino di finocchio, la gelatina di agar agar, la vellutata di ceci con alga kombu, il sushi di nori, riso e carote, gli spiedini di seitan e tofu, i cannelloni ripieni di seitan, la torta rovesciata di mele e castagne, la crema di latte alla vaniglia, il budino di mandorle, la crostata di zucca di mele alla liquirizia ed altro ancora; ma appunto come appendice di un libro che di fatto riprende molti temi del precedente “Fango nero”, una sorta di autobiografia, forse un po’ romanzata, del mantovano Mambrini, già impiegato alla Montedison, poi convertito ad una filosofia di vita lontana anni luce da quella grande industria – avvelenatrice – che gli aveva dato lavoro: oltre trent’anni che lo hanno visto prima pionere della macrobiotica in Italia, poi, anche grazie alla vicinanza del medico vietnamita Albert, con approccio magari meno integralista e sulla scorta dell’adagio “siamo quello che mangiamo”, sempre impegnato per la difesa dell’ambiente (ha fondato e diretto il primo circolo Legambiente di Mantova). Una vera e propria militanza, a quanto pare aliena da tentazioni estremistiche, che ha voluto dire tenere lezioni nelle nascenti Università Verdi, promuovere corsi e seminari sulle tematiche ambientali, partecipare alla fondazione della Fiab (Federazione italiana amici della bicicletta) e, dal lato più strettamente professionale, un Mambrini antesignano del commercio di prodotti naturali con l’Aratro di via Cavour e vicolo Nazione (Mantova), e poi, insieme a Giuliana Cunegatti, chef nel suo ristorante “Cortaccia” biocucina (sempre Mantova, in quel di Corte Dei Sogliari).
“Pasti chiari” è quindi nel contempo filosofia di vita ed esperienza sul campo: pagine che specificano, con linguaggio chiaramente divulgativo, come ci si possa riappropriare di una vita sana “con pasti corretti dal punto di vista nutrizionale, accettabili sotto l’aspetto ecologico e sociale, gradevoli al gusto e senza contraffazioni che servono solo a imbrogliare il palato”. Una prima parte nella quale Mambrini ha voluto dirci la sua in merito a quelle che ritiene le informazioni indispensabili sull’alimentazione, sulla catena alimentare e come si possa intraprendere un coraggioso ma non impossibile lavoro di disintossicazione del corpo e della mente “dai prodotti di sintesi chimica, dai farmaci, dai metabolici tossici”. Il libro prosegue con nozioni sul cosiddetto “cibo dimenticato”, sugli ingredienti più utilizzati, ma spesso poco conosciuti, dell’autentica cucina biologica, e con consigli su come preparare, con cognizione di causa, piatti che mantengano intatte le sostanze nutritive e che nel contempo non si riducano ad asfaltare ed anestetizzare le papille gustative. L’approccio di Mambrini a questi argomenti – ricordiamolo ancora – non c’è sembrato integralista; e probabilmente lo dimostra il fatto che il suo ristorante non è meta soltanto di vegani e di vegetariani: esiste una chiara varietà di scelta (anche pollo, fesa di tacchinella, luccio), ferma restando la scelta del biologico e della qualità dei prodotti base. Potremmo pensare in parte alla filosofia del Km0, con la “Cortaccia” ancora più rigorosa rispetto ai tanti seguaci dello slow food: la volontà di conciliare il mantenersi sani con lo spirito che anima i buongustai; non fosse altro che biologico – purtroppo a volte l’abbiamo sperimentato – non è sempre sinonimo di buono. Tra le pagine del libro si riaffaccia ancora “Giorgio”, l’alter ego dell’autore, che ripercorre, proprio come in “Fango nero”, incontri ed episodi che hanno felicemente condizionato le scelte professionali e personali di Mambrini. Quel tanto che non permette al nostro “Pasti chiari” di essere classificato come “libro di ricette” e che non permette nemmeno di essere assimilato a quelle furbette operazioni editoriali, a firma di noti e incompetenti personaggi, che si scoprono improvvisamente chef e dietologi. Trattare argomenti come l’alimentazione, soprattutto se intesa (anche) come medicazione, è operazione delicata, che espone a contestazioni, ma in questo caso Mambrini dovrebbe stare tranquillo. Decenni di lavoro dedicati al biologico e ad una filosofia di vita in armonia con la natura, al di là del possedere un titolo di studio dedicato e dell’appartenenza ad un ordine professionale, rappresentano di per sé un curriculum di tutto rispetto.
Edizione esaminata e brevi note
Sergio Mambrini (Mantova, 1946), ha lavorato alla Montedison che in seguito ha abbandonato per dedicarsi ai problemi della salute, dell’agricoltura biologica e dell’ambiente, fondando il primo Circolo di Legambiente nella sua città e tenendo corsi nelle Università Verdi. Ha aperto un ristorante La Cortaccia, dove lavora usando solo materie prime provenienti da agricoltura biologia o naturale, con pane, pasta e dolci fatti in casa.
Sergio Mambrini, “Pasti chiari”, Iacobelli, Pavona di Albano Laziale 2014, pag. 192
Luca Menichetti. Lankelot, novembre 2014
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