Sciascia Leonardo

Una storia semplice

Pubblicato il: 24 Gennaio 2010

Leonardo Sciascia chiese che “Una storia semplice” venisse pubblicato postumo. Un’esplicita volontà puntualmente rispettata. Infatti il lungo racconto venne dato alle stampe proprio poco tempo dopo la morte dello scrittore siciliano. Con questo breve componimento sembra che Sciascia abbia desiderato lasciarci una sorta di monito e, al tempo stesso, un insegnamento di moralità e civiltà.

La storia è “semplice” forse perché Sciascia l’ha vista ripetersi tante volte, “semplice” perché potrebbe appartenere a qualsiasi tempo e a qualsiasi luogo. “Semplice” perché nient’affatto “semplice”, in una aggettivazione ironica ed amara, perfettamente rispondente allo stile di Sciascia.

Un giallo, se volessimo ridurre la vicenda ai minimi termini. Gli ingredienti ci sono praticamente tutti. Alle ore 9 e 37 della sera di sabato 18 marzo 1989, alla Polizia giunge una telefonata: un uomo, un certo Giorgio Roccella, dice di aver scoperto una “cosa” presso la sua abitazione e chiede che qualcuno si rechi presso di lui, in contrada Cotugno, a poca distanza da Monterosso. Il commissario sta per andare via e dà alla chiamata di Roccella scarsa importanza, rimandando il fastidio al giorno successivo alla festa di S. Giuseppe falegname. Il brigadiere, per scrupolo, la mattina successiva si reca al villino di Roccella e scopre il cadavere dell’uomo riverso sulla scrivania. E’ morto per un colpo di pistola. Il giovane poliziotto nota delle stranezze che lo portato subito a capire che potrebbe trattarsi di omicidio. Il questore, invece, dopo una visita sul luogo del delitto, opta per la soluzione apparentemente più elementare: suicidio. Le indagini proseguono. Un amico della vittima, un vecchio professore di Lettere, Carmelo Franzò, presenta la sua testimonianza, seppur accolta con diffidenza dal commissario: Roccella, un diplomatico da anni fuori dall’Italia, era tornato per recuperare, dalla vecchia abitazione di famiglia, delle lettere scritte a suo nonno da Garibaldi e da Pirandello, ma era rimasto turbato dall’aver scoperto, in casa, un quadro che mai si sarebbe aspettato di trovare. Di quale quadro si trattasse, ovviamente, il professor Franzò non poteva sapere.

Al primo morto se ne aggiungono, stranamente, altri due: il capostazione di Monterosso e un manovale. Chi li ha uccisi? Perché? Si tratta di assassini da ricollegare alla morte di Roccella?
Il brigadiere, con solerzia e cura, continua a seguire, accanto al commissario, l’evolversi della vicenda. Ma inizia anche ad avere dei sospetti abbastanza penosi che lo portano a confidarsi, tra le lacrime, con il professore di Lettere che, agli occhi di chi legge, non è difficile accostare alla figura dello stesso Sciascia. Purtroppo i timori del brigadiere Antonio Lagandara, il cui nome viene scritto un’unica volta in tutto il racconto, sono corretti: il commissario è coinvolto nella vicenda. Nella casa di Roccella si svolgevano traffici illegali che il ritorno improvviso del diplomatico aveva rischiato di far saltare.

Connivenza tra le autorità e la malavita. E’ questo il vero “giallo” che Sciascia racconta. E va anche oltre. Perché, alla fine, si arriva ad una soluzione di comodo, all’insabbiamento, al camuffamento del vero crimine e del reale criminale. Una complicità che porta al silenzio degli ingiusti, al comodo riparo formale che protegge e confonde, anche se dovrebbe scandalizzare e indignare. La soluzione dell’ “incidente” è verosimile, forse anche credibile. Ed è quella che serve e che viene ufficializzata. La verità, ovviamente, è altrove. La giustizia anche. Lo sa la voce narrante, lo sappiamo noi lettori, lo sa il giovane brigadiere Antonio Lagandara, l’autentico eroe della vicenda. Un eroe sconfitto ed annichilito da un sistema guasto e fasullo che Sciascia, ancora una volta, per l’ultima volta nella sua vita, ha voluto denunciare e mostrare attraverso la propria letteratura.

Edizione esaminata e brevi note

Leonardo Sciascia nasce a Racalmuto, provincia di Agrigento, nel 1921. La sua prima opera, Favole della dittatura, risale al 1950. L’attività letteraria di Sciascia tocca vari ambiti, dalla narrativa con opere come Le parrocchie di Regalpetra (1956), Gli zii di Sicilia (1958), Il giorno della civetta (1961), Il consiglio d’Egitto (1963), A ciascuno il suo (1966), Il contesto (1971), Todo modo (1974), La scomparsa di Majorana (1975), Candido (1977); alla saggistica: La corda pazza (1970), Nero su nero (1979); alle opere di denuncia sociale ed episodi veri di cronaca nera: Atti relativi alla morte di Raymond Roussel (1971), I pugnalatori (1976) e L’affaire Moro (1978). Sciascia, nel 1979, accetta di candidarsi al Parlamento Europeo e alla Camera dei Deputati per il Partito Radicale. Riesce in entrambi gli ambiti, ma sceglie l’incarico di deputato, attività che porta avanti fino al 1983 occupandosi in maniera costante dei lavori relativi alla Commissione d’Inchiesta sul rapimento Moro. Le ultime opere di Leonardo Sciascia sono A futura memoria (pubblicato postumo) e Fatti diversi di storia letteraria e civile (1989). Lo scrittore muore a Palermo il 20 novembre del 1989. E’ sepolto a Racalmuto.

Leonardo Sciascia, “Una storia semplice”, Adelphi, Milano, 2006.

Adattamento cinematografico: “Una storia semplice”, di Emidio Greco con Gian Maria Volonté, Massimo Dapporto, Ennio Fantastichini, Ricky Tognazzi, Massimo Ghini, Paolo Graziosi, Omero Antonutti, Gianmarco Tognazzi, Gianluca Favilla, Francesco Gabriele. (1991)