Ogawa Yōko

Vendetta

Pubblicato il: 29 Luglio 2018

Il primissimo pensiero l’ho rivolto ad Agota Kristof e alla sua raccolta di racconti brevi intitolata “La vendetta”. Titoli quasi identici e quasi la stessa inquietudine. Anche “Vendetta” di Yoko Ogawa raccoglie dei racconti. Undici racconti, per essere esatti. “Undici racconti di lutto” li definisce la stessa autrice nella postfazione. Undici storie che, seppur narrino frammenti di esistenza comune, possiedono il seme di un’indecenza, la macchia di una perversione, il cupo anelito della sofferenza e della morte. Dietro o attorno all’innocenza o al candore dei personaggi si cela sempre qualcosa che li conduce a mostrare il lato più osceno di sé, a celare un segreto incoffessato, a tracciare la strada di un’ossessione. Perché, in fondo, nessuno è mai completamente innocente. Perché l’uomo può diventare un perfetto strumento di aberrazione, nonostante un’apparente normalità o una banale superficialità.

Le undici storie di “Vendetta” non sono unità distinte e separate ma ognuna di esse è collegata, fosse anche per un unico dettaglio, al racconto che segue. Un fil rouge che pare tramutare i racconti in un’entità più complessa, quasi in un romanzo fatto a pezzi e poi ricomposto, insomma uno stesso oggetto narrativo osservato e poi raccontato da undici punti di vista differenti. Per cui si può generare in chi legge, una volta afferrato il meccanismo che la scrittrice giapponese ha messo a punto, la vivace curiosità nel voler rintracciare e capire quale sia il nesso tra il racconto appena terminato e quello che sta per cominciare. Ad aumentare il pathos e la bellezza della lettura c’è anche il nitido contrasto tra la scrittura pacata e luminosa della Ogawa e l’aspetto spesso lugubre di quanto è stato scritto. Un po’ come ammirare un’opera d’arte che ritrae soggetti terribilmente inquietanti ma elaborata con materiali rari e preziosissimi.

Volendo addentrarsi nel nucleo di “Vendetta” ci si potrebbe soffermare sulla storia di una scrittrice che vive in una casa di proprietà di un’anziana massaggiatrice nel cui orto crescono stravaganti carote a cinque dita, un orto nel quale viene rinvenuto il cadavere del marito della massaggiatrice scomparso misteriosamente molti anni prima e ritrovato senza mani. C’è la storia di una cantante nata con il cuore fuori dal petto che vorrebbe farsi realizzare una borsa capace di contenere quell’organo così delicato ed esposto al mondo ma che diviene l’ossessione dell’artigiano che quella borsa vuole realizzare e che è disposto a tutto pur di non perdere il contatto con un cuore vivo e pulsante come quello della cantante. C’è la storia di una tigre che vive nel giardino di una villa ormai quasi dimenticata e trasformata da uno strano vecchio in un museo della tortura.

La morte, la follia, l’anomalia si fanno strada a modo loro. Arrivano a manifestarsi nella maniera più banale e, forse proprio per questo, più angosciante: due fette di torta di panna e fragole o una cesta di pomodori maturi o dei camici da dover lavare o un criceto ritrovato nel cesto della spazzatura. I dettagli più ordinari possono diventare uno strumento per raccontare una perversione o per manifestare un luttuoso smarrimento. Gli indizi disseminati in ogni storia sono numerosi e a prima vista persino innocui per cui, proprio come avviene quando si legge un giallo o un thriller, ogni elemento potrebbe annunciare una catastrofe, ogni oggetto potrebbe condurre alla perdizione. La fragilità di una mente e di un’anima può far sprofondare le persone in abissi di follia che non hanno tempo né spazio, proprio come accade in questi racconti. Non ci sono nomi, non ci sono città, non ci sono date. Gli eventi si presentano in tutta la loro asettica, pungente ed angosciante essenza ed è esattamente in tale caratteristica che risiede il fascino tetro ma deliziosamente lucente di “Vendetta”.

Edizione esaminata e brevi note

Yōko Ogawa è nata a Okayama nel 1962 ed è considerata una delle più importanti scrittrici giapponesi contemporanee. Si è laureata in Lettere nel 1984 presso la Waseda University ed ha iniziato a lavorare per la segreteria della facoltà medica di Kawasaki. Il suo primo romanzo, ancora non tradotto in italiano, viene pubblicato nel 1988. Negli anni a seguire scrive altre opere e, grazie al suo talento, conquista vari premi letterari nazionali ed internazionali. Uno dei suoi romanzi più importanti è “La formula del professore” divenuto in Giappone un best seller da cui è stato tratto anche un film. Le opere della Ogawa tradotte in italiano sono: “Hotel Iris” (Tropea, 2005); “La Casa della luce” (Il Saggiatore, 2006); “L’anulare” (Adelphi, 2007); “La formula del professore” (Il Saggiatore, 2008); “Una perfetta stanza d’ospedale” (Adelphi, 2009); “Profumo di ghiaccio” (Il Saggiatore, 2009); “Vendetta” (Il Saggiatore, 2014); “Nuotare con un elefante tenendo in braccio un gatto” (Il Saggiatore, 2015).

Yōko Ogawa, “Vendetta“, Il Saggiatore, Milano, 2014. Traduzione di Laura Testaverde. Titolo originale “Kamokuna Shigai Midarana Tomurai” (1998).

Pagine internet su Yōko Ogawa: Wikipedia