Mutarelli Donato

Fazzoletto verde marcio

Pubblicato il: 3 Agosto 2013

Tra i tanti libri dedicati alla Lega Nord e al suo vate Umberto Bossi “Fazzoletto verde marcio” rappresenta forse uno dei più espliciti e impietosi pamphlet che abbiano preso di mira i secessionisti padani (ma pur sempre ben incollati alle poltrone romane). Una volta tanto il termine – pamphlet appunto – non è usato a sproposito, se risponde al vero quanto leggiamo su wikipedia: “Tendenzialmente, l’autore del pamphlet presenta il proprio testo come uno sfogo estemporaneo, come una reazione viscerale di fronte a una situazione non più sostenibile”. Nel caso di “Fazzoletto verde marcio”, titolo che continua con “Da Umberto Bossi a Belsito. Tutte le vergogne della Lega Nord, un partito nemico in patria”, probabilmente questo intento di “attacco frontale”, come scrive lo stesso autore, ne rappresenta però anche il suo limite: Donato Mutarelli ha sicuramente ben sintetizzato gli innumerevoli episodi politici e di cronaca, spesso noti, che da anni mostrano le assurdità leghiste e la malafede di ladroni e truffatori che hanno speculato sull’ignoranza e l’intolleranza del prossimo; ma non molto più di quello che un lettore informato e con buona memoria non possa ricordare.

Avevamo già intuito che il “Fazzoletto verde marcio” non rappresentasse chissà quale ricettacolo di ulteriori informazioni su un tema già molto frequentato, quello delle rodomontate bossiane e delle truffe del cosiddetto “cerchio magico”, ma l’abbiamo letto comunque con interesse soprattutto in relazione ad un’altra opera di Mutarelli: “Montanelli visto da vicino”. Il ritratto, o biografia che dir si voglia, del giornalista toscano risale al novembre del 1992, ovvero almeno un anno prima della rottura con l’editore Berlusconi e ancor prima che i confini ideologici tra gli schieramenti politici fossero del tutto scardinati con la nascita di una destra più in sintonia col mito del presidente nordcoreano Kim Il Sung che con quello di De Gasperi. Con questo saggio Mutarelli, oltre a rendere omaggio al giornalista, e nel contempo negando intenti agiografici, descrivendo la realtà politica e culturale dell’Italia ha mostrato un approccio piuttosto inconsueto. Nelle pagine di Mutarelli frequenti sono i riferimenti alla natia Istria, con tutta la conseguente rabbia e frustrazione dell’esule. Non sorprende quindi che proprio alcune pagine di un libro pur dedicato a Indro Montanelli abbiano avuto come bersaglio polemico il “croato” Enzo Bettiza, rievocando quelle che a suo dire erano state le sue furbizie, le manovre contro il direttore del Giornale, la sua ambiguità nei confronti del regime di Tito e via dicendo. Un attacco frontale di quelli pesanti, con parole impietose, dove si coglieva una cifra di viscerale anticomunista e un profondo sentimento nazionale, se non nazionalista. Appariva quindi evidente la propria condizione di esule, con tutto quanto ne conseguiva in termini di rancore e di repulsione verso il comunismo nazionalista del regime jugoslavo. In questi venti anni, dal 1992 di “Montanelli visto da vicino” al 2012 di “Fazzoletto verde marcio”, sono cambiate molte cose e probabilmente anche alcune delle posizioni di Mutarelli. Rimane però un filo rosso che mi pare unisca questi due libri: un approccio spesso molto polemico, non privo di parole “forti”, impietose, e dove spicca sempre un rivendicato orgoglio nazionale che, nel caso della Lega nord, significa anche nessuna indulgenza nei confronti delle istanze separatiste e delle sparate bossiane, soprattutto quando si tratta di difendere l’onore e l’integrità di questa nostra martoriata Italia. Un pamphlet che potremmo forse considerare una critica “da destra” (costituzionale ed aliena da nostalgie autoritarie) verso una destra contemporanea così poco in sintonia col codice penale. Non è quindi un caso che nelle pagine di “Fazzoletto verde marcio” anche l’ex premier pregiudicato sia descritto alla stregua di quanto diceva l’ultimo Montanelli, quello da alcuni considerato ormai invecchiato, rincoglionito e preda di rancori senili.

In un libro che – ripetiamo – onestamente non aggiunge molto in termini di informazione politica a quanto avevamo già letto in opere come “The Family” o “Lega e Padania”, ci ha comunque fatto piacere leggere alcune parole di buon senso e di verità riguardo il cosiddetto federalismo all’italiana, soprattutto in questo 2013 nel quale, tardivamente, sempre più italiani hanno colto quanto sia stata raffazzonata e maldestra la cosiddetta riforma del titolo V della Costituzione (ma una meraviglia a confronto di quello che poteva accadere con la nuova Costituzione voluta dal duo Bossi-Berlusconi e poi bocciata col referendum del 2006). Un’argomentazione semplice semplice, a rigore del tutto ovvia, ma che invece, ad andare a spulciare gli editoriali e la pubblicistica di questi anni, in presenza di una classe politica con colpe spesso simili e speculari, appare molto poco citata: “Sennonché l’indiscutibile successo ottenuto dalla Lega Nord in una tale riproposta federale, portata avanti in modo ossessionante, aveva turbato gli altri partiti, tant’è vero che uno dopo l’altro, pur di non farsi sorpassare dalla Lega Nord, s’eran trovati tutti federalisti, terrorizzati com’erano, al pensiero che le idee riattualizzate da Gianfranco Miglio – personaggio eretico e scismatico – e veicolate, per di più, da una scapestrata Lega Nord, potessero aver successo. Dalla Sinistra dunque, sino alla Destra, “tutti insieme per il Federalismo” e non importava quale faccia esso potesse mostrare. Era un qualunquismo applicato alla “idea federale” che dura ancora oggi, un consenso che, pur essendo stato unanime, “puzzava” di opportunismo, nascondendo un’autentica resa di fronte a chi – per quanto istrione e maleducato potesse essere, cioè Umberto Bossi – aveva saputo giocare d’anticipo […] i nostri politici avevano preferito compiere una, meno faticosa, fuga in avanti giocando sul concetto di Federalismo. E quella fuga in avanti era stata la riforma della Costituzione, frettolosamente votata, a due passi dalle elezioni politiche del 2001, dal governo di centro sinistra” (pag. 41).

Il libro è uscito nel 2012 e in poco meno di un anno anche per la Lega sono cambiate un po’ di cose, tra processi, oranghi ed altre parole in libertà dei padani. Quello che rimane – agli atti della magistratura e, si spera, della nostra memoria – sono le intercettazioni, le indagini che hanno rivelato la Lega Nord come partito dal dna tutto italiano. Le pagine in appendice al libro di Mutarelli sono quelle che probabilmente informano di più ed anche quelle più attuali: la pubblicazione di parte delle intercettazioni telefoniche tra la responsabile amministrativa Nadia Dagrada e il tesoriere Francesco Belsito nelle quali si attesta come rilevanti somme di denaro pubblico siano state utilizzate per le esigenze personali della famiglia Bossi. E poi le indagini sulle infiltrazioni, il riciclaggio della ‘ndrangheta nelle regioni settentrionali, dove la presenza di esponenti “padani” appare tutt’altro che casuale. Bossi diceva “La Lega ce l’ha duro”. Passano gli anni e non sappiamo quanto sia rimasto di quel turgore – la verifica proprio non c’interessa –  ma di certo abbiamo capito che c’è bisogno di un bel bidet. Troppa sporcizia da quelle parti.

Edizione esaminata e brevi note

Donato Mutarelli, giornalista e scrittore, è nato a Pola, in Istria, quando era ancora italiana. Oggi vive e lavora a Milano. Si e’ laureato in Scienze politiche proprio con il professor Gianfranco Miglio, ideologo della Lega Nord, senza però condividerne le idee separatiste. Dopo anni di giornalismo su quotidiani e periodici nazionali, da tempo si dedica alla saggistica politica. Ha scritto libri e saggi. Dopo i pamphlet Francesco Cossiga tra Shakespeare e Pirandello (1991), Il Trattato di Osimo spiegato a tutti (1991), Indro Montanelli visto da vicino (1992), Com’e’ difficile essere italiani (1993), Sterminetor. Controbiografia di Umberto Bossi (1998), Silvio Berlusconi e il senso dell’estate (2003), questo sulla Lega è il settimo titolo che punta la sua attenzione sui temi e personaggi più discussi della vita nazionale. Ha scritto anche – con lo pseudonimo di Veruda – un romanzo storico “La terra rossa” (2010) che narra le vicende della sua terra natale, l’Istria.

Donato Mutarelli, “Fazzoletto verde marcio. Da Umberto Bossi a Belsito. Tutte le vergogne della Lega Nord, un partito nemico in patria”, Termidoro Edizioni, Milano 2012, pag. 240.

Luca Menichetti. Lankelot, agosto 2013