Stefan Zweig amò molto il breve romanzo “Jarmila” di Ernst Weiss, tanto da considerarlo l’opera migliore del medico/scrittore boemo. “Jarmila” venne scritto nel 1937 ma, dopo la morte per suicidio di Weiss, avvenuta nel 1940, il testo andò smarrito. Il suo ritrovamento è avvenuto alcuni decenni più tardi, infatti “Jarmila” fu pubblicato per la prima volta, e in lingua tedesca, solo nel 1998.
Il sottotitolo, “Una storia d’amore boema”, è piuttosto eloquente. “Jarmila” è una bellissima donna ceca. E’ sposata ad un ricco allevatore di oche molto più vecchio di lei, rozzo ed ignorante. Quando il giovane ed affascinante Bedřich, un orologiaio che giunge nel villaggio di Jarmila, la vede, si innamora follemente della bionda e prosperosa ragazza. Anche lei si lascia trasportare dalla passione e i due divengono presto amanti. L’attraente boema ha un figlio da Bedřich ma lascia credere al marito che sia suo. Il destino, più forte e di sicuro incontrollabile, prende il sopravvento sui protagonisti della vicenda spingendoli verso una serie di decisioni sconsiderate e di atti impulsivi e fatali.
La storia d’amore divorante e tragica tra Bedřich e Jarmila viene raccontata dallo stesso Bedřich in una locanda in piazza Venceslao a Praga. A raccogliere le sue parole un commesso viaggiatore incontrato per caso a cui Bedřich vuole aggiustare un orologio che, seppure nuovo, si ostina a non voler funzionare. Ed è proprio la voce dell’uomo d’affari proveniente da Parigi (io narrante) a riportare la triste storia d’amore e morte di Bedřich che, ora, a distanza di anni, vive vendendo giocattoli per le strade di Praga.
Ciò che colpisce di “Jarmila” è il grande fatalismo di cui Weiss pervade l’intera storia, quella di Bedřich e Jarmila prima e quella dell’incontro di Bedřich col commesso viaggiatore poi. Il caso, ineluttabile, imprevedibile ed indecifrabile riesce, sempre e comunque, ad avere la meglio sulla ragione e sui sentimenti. Il lieto fine non è affatto scontato, anzi è del tutto improbabile. Per quanto ci si sforzi di “aggiustare” la propria vita, qualcosa di più grande, ingovernabile ed indifferente può, in ogni momento, far fallire propositi e mortificare desideri.
Questo alone di pessimismo sembra però squarciarsi con la frase che conclude il romanzo: Ma fu davvero tanto infelice? Aveva amato per tutti gli anni della sua virilità, ed era forse meglio morire di un amore così piuttosto che di podagra.
Alla fine, dunque, anche nelle vicende più tragiche e dolorose può essere individuata una scintilla logica che ne giustifichi il senso, un minuscolo appiglio che permetta di scovare una spiegazione favorevole. Anche se, spesso, sembra una pratica vagamente consolatoria mai del tutto convincente.
“Jarmila” è scritto come fosse parlato: si ha quasi la sensazione di udire la voce dello sfortunato Bedřich che, tra esitazioni, domande, semplificazioni, racconta ad un estraneo (e a noi) la propria vicenda. Quando a prendere la parola è l’uomo d’affari, il linguaggio cambia, si fa più preciso, pulito e raffinato.
E’ una storia forse un po’ ingenua, romantica e lontana dai nostri schemi, eppure certe amarezze e certi motivi rimangono gli stessi perché identici sono e saranno i sentimenti che ispirano gli esseri umani indipendentemente dall’epoca in cui vengono vissuti.
Edizione esaminata e brevi note
Weiss nasce nel 1882 a Brno, in Moravia, al tempo nel territorio dell’Impero austro-ungarico ed attualmente Repubblica Ceca. Suo padre era un ricco commerciante di stoffe ebreo. Ernst Weiss, dopo aver completato gli studi secondari a Brno, si reca a Praga per studiare medicina. Si ammalIn 1908 he finished his studies in Vienna and became a surgeon.a di TBC ma, una volta guarito, nel 1912, decide di imbarcarsi come medico su navi che arrivano in India e Giappone e, durante la I Guerra Mondiale, è al fronte a prestare la sua opera clinica. Nel 1936, dopo la morte di Rahel Sanzara, la ballerina ed attrice da lui amata, Weiss stringe amicizia con Franz Kafka e frequenta altri scrittori del Circolo di Praga. Con l’avvento del nazismo è costretto a rifugiarsi a Parigi ma quando l’esercito di Hitler invade la città, il 14 giugno 1940, Weiss tenta il suicidio avvelenandosi. Muore in ospedale solo un giorno più tardi. E’ autore di diversi romanzi e varie commedie. Purtroppo in italiano sono stati tradotti pochissimi suoi libri.
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