Cordero Franco

La tredicesima cattedra

Pubblicato il: 25 Maggio 2020

L’ultimo libro di Franco Cordero, La tredicesima cattedra, esce già orfano: il suo Autore non potrà goderne il successo, né autografarne copie, né leggerne le recensioni. Se ne è andato pochi giorni fa, dopo averlo dato alla luce: lo pubblica La Nave di Teseo, casa editrice dal catalogo sontuoso. Peserà questa assenza nel panorama letterario e culturale italiano. Cordero è stato penalista stimato e studiato, autore prolifico di saggi storici, filosofici e letterari, narratore raffinato. Da accademico, si è battuto contro un sistema di privilegi legati alle cattedre, da pensatore libero ha preso posizione contro il clericalismo (forse non nell’ambiente più consono a esprimere le proprie opinioni sul tema), da collaboratore di importanti testate giornalistiche ha manifestato il suo dissenso verso un sistema giudiziario “orientato” dalla politica.

Qualcosa di tutto questo si respira tra le pagine di un’opera assai difficile da incasellare in un genere determinato: reminiscenze di vita vissuta, trasposizioni di libri masticati a lungo, invenzioni narrative, ricerche filosofiche sul senso ultimo dell’esistenza, ricerche di prove sulla reale natura di Dio a partire dai testi sacri e da chi li ha commentati: una evidente ossessione antireligiosa (anticristiana soprattutto) che nelle declinazioni della tomistica e della scolastica occupa buona parte del testo, perfino là dove non se ne parli apertamente.

Scrittura affascinante quella di Cordero, cui non si accede comodamente. Bisogna essere un poco allenati al linguaggio frammisto di latinismi e francesismi e soprattutto ai salti narrativi. È un po’ come salire una vetta: occorrono attrezzatura e fiato, resistenza e scarpe adatte. Il paesaggio intorno lascia incantati, ma si rischia di perdere tempo attardandosi, mentre il giorno trascorre.

Entriamo nel libro, ma parlare di trama qui è piuttosto fuorviante: il filo conduttore è in realtà il pretesto per parlare d’altro, di moltissimo altro. Un ultracinquantenne professore di filosofia, in scadenza di contratto, viene chiamato – in un’epoca che potrebbe corrispondere all’inizio del nuovo millennio, gli indizi sono nella cronaca letta dal protagonista – al prestigioso Collegio della Rocca di Monteferro per occupare, dopo opportuno periodo di prova, una cattedra vacante, la tredicesima. Il tempo antecedente le elezioni (“dai Santi al solstizio d’inverno”), già fortemente combattute tra frange opposte, diventa anche lo spazio di ricordi personali della preadolescenza, segnata dalla scomparsa della madre, di creazioni narrative, di elucubrazioni sulla materia insegnata, di divagazioni oniriche e di vere lezioni filosofiche. Le sette settimane devono essere occupate da altrettante lezioni che “ipotecano il posto”. Dietro tutti i membri dell’Istituto, l’Astrea, misteriosa entità collegiale di stampo clericale i cui poteri sono tenuti dall’ultima erede di colei che fondò il Collegio. Tresche, colloqui non richiesti, sgambetti: tutto è possibile fino all’ultimo giorno.

La prosa è breve, fulminea, a tratti paralizzante; il materiale da cui Cordero attinge è tutta la cultura Occidentale, dagli albori ai giorni nostri. Periodi storici e vicende che ne sottendono altri, soprattutto sottendono conoscenze, perché davanti agli occhi scorrono l’universo degli antichi classici, l’Apocalisse, la filosofia scolastica, la logica, la Chanson de geste, il ciclo arturiano e la Commedia, i Templari, il Seicento, la Francia illuminista, Edgar Allan Poe, Puškin, il nazismo dall’ascesa alla caduta, e moltissime storie nelle storie, materiale narrativo fornito dai sogni, da una passeggiata, da un incontro. Richiama una specie di “Unendliche Geschichte” per adulti, mi si passi il paragone. O Umberto Eco. Tertium non datur, ma forse per ignoranza del recensore.

Il professore in pectore vorrebbe scrivere un romanzo storico, ambientato in un “principato vescovile lambito da guerre croniche”, durante la guerra dei Trent’anni: il protagonista, Alessio, è un chierico i cui studi si compiono presso una casa della Societas Iesu: compendia Agostino e Pelagio, studia Tommaso e giunge a conclusioni pericolose: il libero arbitrio non esiste.Il ragazzo è figlio di un’eretica finita sul rogo e il rischio d’essere scoperto è alto. Il suo creatore (la minuscola è d’obbligo, parliamo di finzione narrativa) lo salva. Scampato alla professione religiosa si “converte” alla spada.

Il tempo al Collegio, tra una lezione e l’altra, va impiegato (bene) leggendo. A Monteferro infatti, accanto a luoghi convenzionali di ritrovo, come la palestra (con sauna) e il bar, c’è la straordinaria libreria di Tibaldo, quasi misteriosa dépendance della Bibliothèque Nationale Française, oggi direi del sito Gallica: tutte le rarità più ghiotte per il professore (preferibilmente scritte in francese o in latino) vengono fornite in edizione originale o comunque antica (notevole la presenza della Monstrorum Historia di Ulisse Aldovrandi, tra le numerosissime chicche per bibliofili). Ricostruire lo scaffale non è difficile, ma occorre qualche ricerca. Cordero semina indizi, chi vuole approfondisca. Così, a titolo esemplificativo, il réportage dell’avvento di Hitler (chiamato – secondo la lezione di Jünger – Kniebolo) e le vicende del regime nazista, fino al termine della Guerra, sono frutto della lettura delle memorie di Schellenberg, dei diari di Ulrich von Hassel e di un saggio di Irving. La vicenda artistica e umana di Edgar Allan Poe è quella narrata da Marie Bonaparte e da Krutch tra gli anni Venti e Trenta. Al termine del libro mi aspetterei una bibliografia, tante sono le opere ricordate.

Sono pensati e sottendono altro anche i nomi dei colleghi del professore, sebbene non rigorosamente soggetti alla regola del nomen omen: gli avversari Oboe, Liburgo, Asvero (l’unico possibile aspirante alla stessa cattedra, chiamato “abate delle tenebre”), Lilith (la collega che studia il cervello, intelligente e amica, ma, nell’economia misogina di tutta l’opera, sempre assente), e poi Erme, Lios, Gotofredo, tra i favorevoli a cambiare rotta. Lui è Viator, le rare volte che parla di sé in terza persona. Anche in questo caso Cordero lascia tracce per il lettore curioso. In realtà, mano a mano che la lettura prosegue, l’impressione è che lo sfondo di tutte le elucubrazioni storico-letterarie-filosofiche sia poco più che un alibi narrativo, non troppo vigoroso, o forse indebolito dalle continue “entrate in scena” di storie diverse.

La tredicesima cattedra interessa davvero al protagonista? È un’opportunità, non una questione di vita o di morte: è più importante riflettere sul ruolo del Creatore e della Creazione, parlare di archetipi, di causa ed effetto, di paradossi teologali, di giustizia umana, certamente non peggiore di quella divina. Sono più interessanti le vicende di Arnold, un onesto avvocato misteriosamente scomparso, forse ucciso nei pressi di Monteferro: vorrebbe il professore indagare? E poi c’è Alessio da mandare avanti, riaffiora a tratti la vicenda seicentesca, il narratore si dice che deve crescere da sola: “lambiccata, varrebbe meno”. Il lettore non è dello stesso avviso, ma gli tocca sopportare tutte le interruzioni, perdere il filo e riprenderlo quando piaccia a chi scrive.

Hitler tiene protervo le redini della Germania ed è circondato da correi assetati di potere: Valchiria fallisce miseramente, ma sarebbero cambiate di molto le cose? In Francia Robert-François Damiens attenta alla vita del re con un temperino che non potrebbe uccidere nessuno, la pena è talmente orribile che Giacomo Casanova, presente all’esecuzione, non può sostenerne la vista. Tristano è tradito dalla gelosia dell’Isotta sbagliata, il genio di Poe da una mente debole. Catone accoglie Dante sulla soglia del Purgatorio, Artù uccide il figlio e ne è ferito a morte. Gli dèi dell’antichità sono più accettabili e coerenti del Dio cristiano, lo dimostra l’Apocalisse, coacervo delle efferatezze divine. Lo dimostra l’apparato clericale di ogni tempo e luogo, ci si può cucire intorno una storia di stregoneria moderna (Cordero qui ricalca suoi antichi percorsi) e farne persino teatro. La vita quotidiana del protagonista, per quanto claustrale, offre sempre nuovi spunti narrativi, intrecciati alle letture onnivore.

Uscire da un labirinto del genere non è impresa facile: lo stile dei dialoghi-monologo e dei continui intermezzi spiazza, e affatica. Occorre una memoria capace per non perdere la rotta.

Alla fine resta un senso di smarrimento: vale la pena vivere? “…purché i mali siano tollerabili, la giostra terrena offre motivi d’interesse; in sede estetica e morale, conviene adempiere l’intera parte. Ogni suicidio ragionevolmente evitabile vìola regole del gioco”. Un gioco intessuto, lo si è visto, da un Onnipotente vendicatore, giudice ingiusto che condanna ab initio la creatura. Di qui un sotterraneo processo al Creatore, tra i tanti processi di superficie: nei testi sacri e in tutta la filosofia medievale e moderna si producono null’altro che prove schiaccianti della sua esistenza dispotica, capricciosa, e crudele, poiché ha plasmato un’umanità da soggiogare e gettare all’inferno tra i patimenti. I difensori, da Paolo ad Agostino, da Tommaso a Leibniz nulla possono per convincere la giuria del contrario, ché i fatti stessi, lungo tutta la storia dell’umanità, lo contraddicono. Il male, più evidente e chiassoso del bene (un penalista lo conosce meglio di altri), deve avere un’origine che travalica l’organo pensante di cui la razza umana è dotata. Se l’uomo è cattivo, la colpa è di Dio.

Cordero combatte fino all’ultimo respiro, fino all’ultima pagina, quelle “potenze del secolo” che si nascondono dietro l’idea di superiorità di una razza, o della presunta sacralità del re, che prendono a prestito miti e religioni per i loro giochi di potere omicidi, potenze assassine non tanto (non solo!) dei corpi, quanto delle anime e della dignità dell’uomo. Così voglio leggere questo “testamento” letterario e umano, al di là di tutte le implicazioni filosofiche e religiose. Così voglio pensare che il penalista si interroghi e interroghi la coscienza di ciascuno, mostrando il volto più difficile e disturbante dell’esistenza.

Edizione esaminata e brevi note

Franco Cordero è stato professore emerito di Procedura penale presso l’Università La Sapienza di Roma e tra i più insigni giuristi italiani. Autore di numerosi testi scientifici, tra cui un manuale di Procedura penale costantemente ristampato, ha esordito nella narrativa con Genus (premio Viareggio opera prima 1969). Nella sua ampia produzione letteraria, che include romanzi, saggi e pamphlet, ricordiamo Le strane regole del signor B. (2003, premio Bagutta 2004), Fiabe d’entropia (premio Brancati 2005), Savonarola (2009), Morbo italico (2013), Bellum civile (2017).[dal sito dell’editore; altre notizie sulla pagina di wikipedia]

Franco Cordero. La tredicesima cattedra. La nave di Teseo, Milano, 2020. 364 p.

 

Ilde Menis. Lankenauta, maggio 2020