Sorcinelli Paolo

Storia sociale dell’acqua. Riti e culture

Pubblicato il: 19 Maggio 2012

“L’omo, pe’esse omo, a ‘dda puzzà”. L’antico proverbio romano non lo troviamo citato nel libro ma rende comunque bene l’idea in quali inquietanti meandri della vita umana Paolo Sorcinelli si sia dovuto immergere – proprio il caso di dirlo – per scrivere la sua “Storia sociale dell’acqua”. L’approccio è molto colto, probabilmente una sintesi tra storia sociale e sociologia della vita quotidiana – per capirci quella sociologia che ha il suo mentore in Erving Goffman – nel quale l’autore ricostruisce il rapporto tra uomo e acqua, in particolare nel mondo occidentale e dal medioevo al novecento (i primordi della villeggiatura marittima), attraverso fonti poco note, forse marginali, opere della letteratura, documenti iconografici, quadri, illustrazioni. Dalla lettura dei capitoli potrete intuire il percorso di analisi, fra i tanti possibili, scelto da Sorcinelli (ricordiamo che già Maneglier, Vigarello, Camporesi, Cosmacini ed altri autori hanno affrontato o sfiorato l’argomento): Le stagioni dell’acqua, Draghi, ninfe e madonne, L’acqua: pregiudizi e seduzioni, L’acqua, magica e misteriosa, Pidocchi, pulci ed escrementi, compagni di vita, Dallo stupore ai “giornalieri lavacri”, L’acqua fa male, L’ossessione dei pori e la pulizia asciutta, L’acqua e i pericoli morali, L’acqua e il mondo dei minimi, L’acqua negli acquedotti, L’acqua per mantenersi in salute, Il “verbo” igienico, Le paure del mare, La fiducia nel mare, Il mare come moda.

Chi legge difficilmente potrà rimanere impassibile di fronte certe descrizioni che confermano quanto fosse genuino e sentito quel proverbio romano. Salvo rendersi conto che ‘adda puzzà per secoli e secoli non sono stati soltanto gli omini ma proprio tutti: donne, vecchi, vecchie, bambini, infanti. E’ vero che nel libro di Sorcinelli l’acqua appare come lo “specchio delle paure e delle speranze, della ricchezza, della salute e delle malattie, del divertimento e del dolore degli esseri umani” e quindi la storia del rapporto tra acqua e uomo diventa storia della medicina e della sessualità. Ma è altrettanto vero che quel puzzà rimane in ogni pagina il refrain più sconcertante, al di là di ogni altra considerazione.

Le frequenti citazioni risultano quanto mai efficaci nel descrivere questo mondo dove una donna che si spulciava rappresentava ordinaria amministrazione, e dove “Luigi XIII, dopo la nascita, non verrà lavato fino all’età di sei anni”(pag.64). Ci rende conto come per secoli la nascente scienza abbia preso lucciole per lanterne, sia nell’affermare esplicitamente che “l’acqua fa male” (anche ai neonati poteva essere consigliato il più salutare vino) sia nel leggere di un Leonardo da Vinci (e con lui la maggioranza dei luminari) pieno di timore che l’acqua dilatasse i pori, così favorendo ogni specie di malattia; oppure che qualche spermatozoo vagante nel bagno potesse mettere incinta la donna che si fosse incautamente immersa nel liquido peccaminoso. E qui col “peccaminoso” si apre altro capitolo ben raccontato nei documenti raccolti da Sorcinelli: il rapporto tra la morale e l’igiene del corpo. Sant’Agnese, pace all’anima sua e soprattutto ai disgraziati che l’hanno incontrata, a quanto pare non si lavò mai. Fu battezzata e da allora mai più acqua, vuoi per non cancellare il crisma del sacramento, vuoi per non incorrere in inutili tentazioni: conoscere il proprio corpo poteva far pensare ai piaceri della sessualità, solleticare pericolosissimi toccamenti. C’è da pensare che la povera Sant’Agnese, anche da giovane, dopo vent’anni anni senza lavarsi, non rischiasse poi tante aggressioni sessuali. Salvo da qualche maniaco privo di olfatto e tanto miope da non vedere le probabili croste e stalattiti di sudiciume.

E poi: “ancora nel 1860 le contadine dell’Alto Palatinato ritenevano che lavarsi le parti genitali fosse un peccato grave”. Quindi acqua (poca) ma soprattutto puzza, parola ricorrente (insieme ad escrementi) in quasi ogni pagina della nostra “Storia sociale”; che però tende a diradarsi quando ci si avvicina ai capitoli dedicati al novecento. Leggiamo dal diario (1660-1669) di Samuel Pepys: “Mia moglie è andata alle terme con la sua dama di compagnia, per bagnarsi dopo essere vissuta tanto tempo nel sudiciume. Dice di aver preso la risoluzione di essere da ora in avanti molto pulita. Non so quanto durerà” (pag. 33).

La domanda che immagino frullerà nella mente di ogni lettore è: ma come facevano? La riproduzione umana implica una certa vicinanza (e non parliamo poi degli atti sessuali non propriamente riproduttivi), diciamo pure uno scambio di umori, e in quelle condizioni non si capisce come facessero ad accoppiarsi senza incorrere in qualche mancamento, storditi dal reciproco fetore. Un vero mistero della Storia che forse solo Giacobbo di Voyager poterebbe svelare. Bisogna aggiungere, ad onor del vero, che “Storia sociale dell’acqua” non è soltanto una storia del puzzo, ma molto di più: un viaggio nei secoli che tocca tutto il rapporto uomo-acqua e quindi, quale effetto della cattiva igiene, anche le epidemie, le fogne; e poi il complicato affermarsi degli acquedotti, l’uso contrastato del peccaminoso bidet, la prostituzione esercitata da donne che, peccatrici anche in quello, si lavavano per deontologia professionale ed evitare malattie, il mare visto come pericolo e poi come opportunità terapeutica.

Per finire una chicca, tra le tante: “Fino ad anni recenti nelle campagne europee è sopravvissuta la radicata convinzione che l’igiene e il normale uso dell’acqua sulle parti genitali provocassero sterilità. Non manca però l’altra faccia della medaglia: malgrado un editto papale del 1753 proibisse tale rito, per ovvi motivi di pudore e verecondia, le donne romane che volevano avere figli, la mattina di san Giovanni, “sollevavano le vesti sedendosi o accoccolandosi sull’erba umida […] per un intimo lavacro propiziatorio». Insomma un bidet antelitteram. Una sciccheria.

Edizione esaminata e brevi note

Paolo Sorcinelli, professore ordinario di “Storia Sociale” presso l’Università di Bologna (Facoltà di Lettere e Filosofia) dal 1978. Fa parte del Dipartimento Discipline Storiche e dal 2001 svolge attività didattica nel Polo Scientifico Didattico di Rimini (Corso di laurea in Culture del costume e della moda). E’ responsabile del Laboratorio di storia sociale “Memoria del quotidiano” (www.laboratoriodistoriasociale.eu e dirige i  progetti “Archivio delle voci”, “Imago Online”, “Osservatorio MQ”.  Fra i suoi saggi: Nuove epidemie, antiche paure (Franco Angeli, Milano 1986); La repressione ambigua (Franco Angeli, Milano 1989); Eros. Storie e fantasie degli italiani dall’Ottocento a oggi (Laterza, Roma-Bari 1993). Per Bruno Mondadori, oltre a “Storia sociale dell’acqua”, ha pubblicato: Gli italiani e il cibo (1999); Storia e sessualità (2001); Il quotidiano e i sentimenti (2002); Avventure del corpo (2006); Una storia da manicomio. Avventure di un finto vescovo che morì dentista (2008); Lascerei respirare le colline. Storie di vita e di paese (2008); Viaggio nella storia sociale (2009), Dieci storie nel comò (2011) e ha curato Studiare la moda (2003 tradotto in portoghese per Editora Senac, São Paulo).

Paolo Sorcinelli, Storia sociale dell’acqua. Riti e culture, Bruno Mondadori, Milano 1998, pag. 200, euro 14,00

Luca Menichetti. Lankelot, maggio 2012

Recensione già pubblicata il 19 maggio 2012 su ciao.it e qui parzialmente modificata.