Caserini Stefano

Guida alle leggende sul clima che cambia

Pubblicato il: 23 Novembre 2013

Scritto da uno scienziato su di un argomento che fa discutere da anni i climatologi di tutto il mondo (e, come vedremo, non solo loro) “Guida alle leggende sul clima che cambia”, pubblicato qualche anno fa ma non per questo privo di interesse o necessariamente obsoleto, rappresenta una replica ai più noti luoghi comuni proposti dai negazionisti del riscaldamento globale. Niente di complicato o dal taglio strettamente accademico tale da renderlo improponibile ai non esperti: semmai un manuale divulgativo ed una sorta di repertorio degli errori ed orrori psuedo-scientifici che in questi anni hanno condizionato l’informazione e la percezione di un problema, quello del riscaldamento del clima, che tra qualche decennio, e forse anche prima, potrebbe riservarci spiacevolissime sorprese. Preso atto di come la politica non stia facendo abbastanza per contrastare un fenomeno che, secondo Caserini e la maggior parte dei climatologi (non a caso evito di scrivere semplicemente “scienziati), prende le mosse da un uso dissennato delle risorse del pianeta, i capitoli del libro ripercorrono le minimizzazioni dei negazionisti, ben supportati dalle lobby interessate a che non cambi nulla di questo andazzo: della serie “non preoccupiamoci” perché “non è vero che il clima sta cambiando, e se anche fa più caldo è tutta colpa del Sole”; “la causa di tutto sono i raggi cosmici, e comunque il clima è sempre cambiato”; la Groenlandia era la “Terra Verde”, coperta di alberi, e in Inghilterra cresceva la vite”; “i giornali dicono che con tutta la neve che è venuta giù questo inverno non c’è il riscaldamento globale”.

Potrà essere utile, per comprendere la posizione di Stefano Caserini e il significato di questo libro, un passaggio da un’intervista presente in puntosostenibile.it: “Negazionismo e disinformazione sul climate change”. La domanda è chiara e rappresenta le perplessità di chi assiste da anni a certe diatribe sul clima: “Ecoscettici, contro-rapporto della serie “Climate Change Reconsidered”… Quello che appare al pubblico è una comunità scientifica non così concorde e, a dirla tutta, c’è un po’ di confusione… Come si fa a fare le cose per bene e farsi sentire in mezzo a tutto questo frastuono?”. Ma altrettanto diretta la risposta di Caserini: “Non si tratta di scetticismo, ma di negazionismo; lo scetticismo è una cosa nobile e di scetticismo sono imbevuti i rapporti Ipcc. Questi  sono pochi attivisti, ormai patetici, che pubblicano solo questi rapporti sponsorizzati dalle lobby petrolifere e carbonifere, ma in campo scientifico le loro tesi sono state demolite, da anni. Per chi ha voglia di leggere un po’ del dibattito scientifico penso non sia difficile capire chi ha ragione. Ma capisco che per il cittadino comune ci sia un gran frastuono con notizie contrastanti. Questo è esattamente quello che chi diffonde la disinformazione cerca: perché nei luoghi dove si discute con calma la scienza, tesi “alternative” non esistono, sono state già vagliate e scartate. Però una buona campagna di disinformazione può far sembrare il contrario. Qui la responsabilità è più del mondo dei media; se non si può chiedere a tutti i singoli cittadini di leggere e confrontare le varie tesi e capire i processi che le originano, un giornalista ha il dovere di farlo”.

Caserini, anche nella sua “Guida” ha da subito chiarito come “la stragrande maggioranza della comunità scientifica ritiene elevata la probabilità che nei prossimi decenni il pianeta dovrà fronteggiare cambiamenti climatici, originati dalle attività umane, pericolosi per le persone e gli ecosistemi che abitano il pianeta” (pag. 11), basandosi anche sul sistema “peer review” (revisione dei pari) che “garantisce il vaglio di una tesi da parte di persone dello stesso settore disciplinare in grado di verificare la fondatezza delle affermazioni”. Processo non perfetto ma che, secondo Caserini, nel complesso funzionerebbe. Ed è qui che si innesta la polemica pesante nei confronti degli scienziati tuttologi e ideologicamente condizionati. Il nostro autore rispedisce al mittente le accuse di ideologismo propugnate dai “negazionisti” e cita alcuni casi italiani, dal giornalista Ferrara che col suo “Foglio” è presto diventato il capofila dei minimizzatori (“Il riscaldamento globale è una banale ideologia secolare. Ma se è globale, perché a Parigi fa freddo?”), per arrivare a personaggi naif come l’ultra berlusconiano ed appassionato nuclearista Franco Battaglia e a scienziati tuttologi come Zichichi.

Superfluo replicare che l’importante è la valutazione sul lungo periodo, tanto che la classifica degli anni più caldi in climatologia non risulta importante, oppure ricordare come nei media (e dalle parti di Giuliano Ferrara) sia frequente la confusione tra tempo è clima: “La teoria dell’effetto serra non prevede che dappertutto e sempre le medie di un mese o di un anno siano più calde del passato, che dappertutto ogni anno sia più caldo del precedente. E’ questa una semplificazione, brutale, operata raramente dagli scienziati del clima, ma spesso dai media” (pag. 61). Leggiamo quindi un “raramente” che però Caserini ha voluto rimarcare nei confronti di alcune recenti operazioni editoriali che rientrerebbero in questo filone ideologico. Un filone ideologico che – paradossalmente – avrebbe l’intento di sbugiardare lo speculare catastrofismo ideologico di coloro che chiedono un cambiamento di rotta nei confronti del pianeta. Eravamo stati facili profeti e difatti, leggendo la “Guida”, ci siamo ritrovati nuovamente alle prese con le pubblicazioni di Riccardo Cascioli e Antonio Gaspari, giornalisti del Giornale, di Tempi e di Avvenire, autori di “Che tempo farà. Falsi allarmismi e menzogne sul clima”, definito da Caserini “il peggior libro in circolazione in Italia sui cambiamenti climatici” (con tanto di citazioni di luoghi comuni negazionisti ed errori “anche meramente giornalistici”) oltre che “sgangherata e livorosa invettiva sui cambiamenti climatici e il mondo ambientalista”. Un negazionismo, tra l’altro ben supportato dalla disinformazione di organi di stampa forzisti, che sarebbe motivato, almeno nel caso degli integralisti cattolici Cascioli e Gaspari, Teo-Con all’italiana, “da una concezione religiosa che teme le politiche contro i cambiamenti climatici per le possibili  conseguenze sulle politiche di contenimento della crescita della popolazione sul pianeta” e che “porta a negare l’evidenza scientifica  e a una radicale opposizione ai movimenti ecologisti, che sarebbero animati da una visione negativa dell’uomo e contrari al cristianesimo” (pag. 107).

Tra le bufale negazioniste citate, oltre ai frequenti richiami al Foglio di Giuliano Ferrara, fonte ricchissima di “tesi incredibili e superate”, spiccano quelle del 2009 sulla crescita dei ghiacciai, frutto di un corto circuito tra un blogger, un giornalista e un redattore – titolista (“c’è da sperare che qualcuno prima o poi informi certi giornalisti che tutti gli anni c’è una crescita rapida del ghiaccio marino nell’Artico, e sempre succede negli ultimi mesi dell’anno, e nei primi del successivo: in due periodi chiamati autunno e inverno”). Qualcosa che potrebbe diventare pane per un Paolo Attivissimo, già appartenente al Cicap, ma – altro apparente paradosso che Caserini non ha rimarcato – colpisce semmai che la prefazione ad un libro di Cascioli e Gaspari “Le bugie degli ambientalisti. I falsi allarmismi dei movimenti ecologisti” (poi autori anche di “I padroni del pianeta. Le bugie degli ambientalisti su incremento demografico, sviluppo globale e risorse disponibili” e di “2012. Catastrofismo e fine dei tempi”) è di un altro scienziato tuttologo, quel Tullio Regge, tra l’altro capofila di uno sbandierato razionalismo senza se e senza ma, e “garante scientifico” del Cicap, ovvero il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze. Qualcosa che fa pensare come anche in questi contesti di scienza contro pseudoscienza, tutto in realtà risulti  relativo, tanto da vedere un accanito razionalista, non si sa quanto esperto di clima, accompagnarsi con degli arrabbiati Teo-Con, e come forse certi connubi non siano poi del tutto casuali, se solo riflettiamo in merito ai motivi che d’istinto, almeno in alcuni personaggi, impermeabili ad ogni accusa di “riduzionismo”, possono rendere indigesto tutto quello che sa di ambientalismo e di “verde”.

Peraltro secondo Caserini questo sbandierato negazionismo, almeno in Italia, non sarebbe soltanto frutto delle pressioni di lobby industriali, fortissime negli Stati Uniti, oppure di mera corruzione abbinata alla superficialità dei media generalisti: conterebbe molto di più l’esibizionismo, il narcisismo, la ricerca di visibilità che può arrivare dal cantare fuori dal coro. E comunque “il problema climatico per altri è stato uno dei fronti di una battaglia ideologica volta a difendere a tutti i costi l’attuale concezione dello sviluppo e della produzione, o una visione religiosa dell’uomo e della natura” (pag. 176). Lo scopo ultimo di questa “Guida”? Ognuno potrà pensarla come vuole, soprattutto se convinti dalle argomentazioni di un Battaglia o della coppia Cascioli e Gaspari, ma con Caserini è altra storia: “saper distinguere le improbabili congetture di pseudo esperti e le ipotesi più desiderabili, dalle spiegazioni scientifiche frutto di studi e approfondimenti” (pag. 179).

Edizione esaminata e brevi note

Stefano Caserini (Lodi, 1965) docente di Fenomeni di Inquinamento al Politecnico di Milano, svolge da anni attività di ricerca nel settore dell’inquinamento dell’aria e dei cambiamenti climatici. È consulente di enti pubblici e privati per la redazione degli inventari delle emissioni in atmosfera e per l’impostazione delle politiche di riduzione. Ha collaborato alla revisione del Quarto Rapporto IPCC, Terzo Gruppo di Lavoro, ed è autore di circa 60 pubblicazioni scientifiche nel settore dell’inquinamento dell’aria e della gestione dei rifiuti.

Stefano Caserini,“Guida alle leggende sul clima che cambia. Come la scienza diventa opinione”, Edizioni Ambiente (collana Tascabili dell’ambiente), Milano 2009, pag. 187.

Luca Menichetti. Lankelot, novembre 2013

Recensione già pubblicata il 23 novembre 2013 su ciao.it e qui parzialmente modificata.