Marchetti Matteo, Sappino Luca

Le potenti intese. Enrico e Gianni Letta, una famiglia bipartisan

Pubblicato il: 7 Dicembre 2013

C’è una parola ricorrente nel libro “Le potenti intese. Enrico e Gianni Letta”, nella brillante presentazione di Alessandro Gilioli, e quindi nelle relative recensioni fino ad ora pubblicate: democristiano. Anzi, ci permettiamo di riportare proprio un passaggio tratto dalla prefazione che spiega molto bene cosa stia a significare il riferimento alla Democrazia Cristiana, ufficialmente morta ma tutt’ora madre prolifica: “Intendendo per democristiano, più che un partito, un metodo: un insieme di prassi basate sull’inclusione, la spartizione, l’arrotondamento degli spigoli, la coltivazione dei rapporti, lo scambio perpetuo e sorridente, insomma la subcultura di casa Angiolillo che sopravvive a ogni mutamento e ogni mutamento assorbe, anestetizza, annulla” (pag.7). In altre parole la rappresentazione di un falso bipolarismo, un proporsi “soffice”, per dirla alla Montanelli, dove concetti come riformismo e liberalismo, oppure “dialogo”, vengono usati per mascherare spartizioni di potere, intenti comuni, e nel contempo ben poco confessabili, che rendono destra e sinistra fratelli nel malaffare e nel perpetuare i propri privilegi.

Il libro di Marchetti e Sappino probabilmente non rappresenta neppure una vera e propria inchiesta giornalistica dove si possano trovare chissà quali scoop. Ma, come spesso capita con queste operazioni editoriali, anche grazie alla semplice raccolta e parafrasi da articoli presto dimenticati  di quotidiani, lanci ansa, ancora una volta siamo in grado di cogliere il cavanserraglio di famelici politicanti che poco hanno a che fare con  le virtuose dinamiche di un sano bipolarismo oppure di un’inevitabile e necessaria grosse coalition. Proprio lo zio e nipote Letta, genìa di predestinati, ci vengono raccontati, pur nelle loro differenze caratteriali e di percorso politico (in questo caso meglio dire “partitico”), come il prototipo di un inciucio perenne, perché appunto nato e perpetuatosi in un’unica famiglia dal dna democristiano: la lampante dimostrazione di come le cosiddette “larghe intese” altro non siano che l’affiorare alla superficie, pur con tutte le loro risibili giustificazioni, di una prassi ormai consolidata dal lontano 1994; se ci vogliamo limitare alla cosiddetta “seconda Repubblica”. “Le potenti intese”, che pure si fanno leggere bene grazie ad uno stile vivace e non privo di efficace cattiveria, non rappresentano quindi una compiuta storia della famiglia Letta, nella quale meriterebbe spazio pure una molto discutibile zia, ma un’efficace descrizione di un metodo di famiglia, aggiornato fino alla recente e reticente ribellione di Alfano nei confronti del suo padrino: approccio “dialogante, tanto da poter ottenere l’apprezzamento da parte dei presunti nemici politici, la tendenza ad occupare le seconde file in attesa di fare il gran balzo (di fatto riuscito al nipote e non allo zio), l’attitudine a tessere relazioni bipartisan, una cortesia ed una pacatezza tutta democristiana, peraltro apprezzatissima tra gli schieramenti, forse anche perché –  per usare una sottile metafora –  grondante vaselina.

Da qui, pur nelle strette di un saggio di poco più di centotrenta pagine, il racconto dei rapporti di nipote e zio con personaggi del calibro di  Giulio Andreotti, Luigi Bisignani, Angelo Balducci e la “cricca” della Protezione civile. Senza dimenticare le fondazioni e le lobby che contano, i circoli trasversali, Avezzano, l’Aspen Institute, la signora Angiolillo, il British Council, il Vaticano,  comprese le frequentazioni presso la fondazione VeDrò, ammucchiata che più trasversale e inciucista non si può. Zio e nipote descritti come la plastica rappresentazione della democristianità dialogante, seppur l’uno complice del pregiudicato milanese e l’altro figlioccio del compianto prof. Andreatta, e che, malgrado battesimi politici così diversi (“gemelli pur nelle differenze”), hanno mostrato, con la loro cordialità scivolosa, di saper incarnare al meglio le necessità di un’intera classe politica intenta a perpetuare la propria presenza nelle Istituzioni. C’è da dire che l’uso del termine “democristiano”, almeno guardando alla storia italiana, potrebbe pure risultare offensivo in rapporto a personaggi come De Gasperi, probabilmente il cattolico più laico e nel contempo il premier meno democristiano che abbiamo avuto. Ma dobbiamo pure prendere atto della realtà di questi ultimi vent’anni nei quali la falsa contrapposizione tra destra e sinistra, condita sempre di appelli al moderatismo, ha incentivato il declino morale del nostro paese.

Leggiamo a pagina tredici, sempre su zio e nipote: “ Sembrerebbero sue vite parallele, destinate a non toccarsi mai, come tante altre della grande famiglia democristiana (guardate oggi Roberto Formigoni e Rosy Bindi, realizzate che sono stati per decenni nello stesso partito e capirete molto della storia politica di quegli anni), eppure non è così”. L’abbiamo visto con le cosiddette “larghe intese”, dove zio Gianni, ormai imbarazzato dai troppi bunga bunga, di fatto ha abbandonato il suo Silvio e ha aiutato il parto del nipote Enrico. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, che le parole di Vincenzo Visco, citate nella prefazione di Gilioli, hanno ottimamente descritto: “Un equilibrio innaturale, che non funziona e non poteva funzionare, avendo coniugato a livello di governo il populismo e l’incompetenza”.

Edizione esaminata e brevi note

Matteo Marchetti, autore e conduttore radiofonico, ha collaborato con diverse testate, tra cui «Sette», «L’Europeo», «l’Espresso», e ad altri progetti editoriali.

Luca Sappino, scrive prevalentemente di politica, ora per «l’Espresso», prima per «Pubblico Giornale». È autore e conduttore radiofonico, con programmi in onda sul sito de «l’Espresso» e su Radio Popolare Roma.

Matteo Marchetti, Luca Sappino, “Le potenti intese. Enrico e Gianni Letta, una famiglia bipartisan”, Castelvecchi (Collana Rx), Roma 2013, pag. 142

Luca Menichetti. Lankelot, dicembre 2013