Mascheri Paolo

Chiudi gli occhi, Nina

Pubblicato il: 18 Marzo 2024

Per raccontare i personaggi, lo stile, i valori contenuti nell’ultimo romanzo di Paolo Mascheri, si potrebbe fare riferimento al capolavoro di Sándor Márai, “Le braci”, più volte citato come lettura di Andrea, il protagonista. Libro probabilmente amatissimo da Mascheri e di cui, al di là delle vicende diversissime, pare averne tratto, in maniera del tutto originale, gli elementi più significativi: vale a dire il monologo e la conseguente abilità nel costruire le riflessioni del protagonista; nonché una storia di amicizia e di due solitudini. Solitudini che vengono allo scoperto quando, dopo un lungo periodo di depressione, muore Chiara, giovane medico, moglie di Andrea, e madre di Nina, frutto di un precedente matrimonio. Morte, come ben comprendiamo nel folgorante incipit del romanzo, avvenuta in circostanze sconcertanti: “Mia moglie è morta un mese fa. Sono stato io il primo a trovarla già cadavere e sono l’unico a sapere che la sua non è stata una morte naturale. Il medico di famiglia, il personale delle onoranze funebri, Nina e tutti i nostri conoscenti non hanno fatto fatica a credere alla mia versione dei fatti” (pp.13).

Circostanze che lasciano Andrea in una condizione potenzialmente distruttiva, adesso che si ritrova, da solo, a dover crescere la figliastra undicenne e a chiedersi quanto possano contare i legami di sangue: “Accusato di non esserne padre, al cospetto di un ipotetico tribunale, avrei potuto gridare che la mia patria potestà non si basava né sul sangue né sulla legge, bensì sulla dedizione” (pp.46).

Un tormento poco esibito, visto il carattere particolarmente schivo del protagonista, e che, di fatto,  viene meno al detto citato in occasione della commemorazione di Chiara: “Poca gente è accorsa o forse perché il cordoglio iniziale è scemato. Chi more giace; chi vive si dà pace. Parole dure ma col loro peso di saggezza popolare” (pp.99).

Andrea, che cerca di ritrovare un equilibrio continuando il suo lavoro di giardiniere nella silenziosa campagna toscana, deve comunque nascondere a Nina le circostanze della morte della madre; e farsi carico, tra mille dubbi, di tutte le inquietudini e gli atteggiamenti mutevoli di una pre-adolescente colpita da un simile lutto. Dubbi, anche e soprattutto riguardo il rapporto futuro con Nina, che riemergono prepotentemente quando si rifà vivo il padre biologico della bambina che rivela di voler riprendere un rapporto con la figlia. In quell’occasione viene fuori tutto il carattere di Andrea, sicuramente riservato e solitario, ma anche istintuale, fatto di improvvisi furori.

In sostanza Paolo Mascheri, con tutta la sua padronanza di autentico scrittore, ci propone un racconto in cui la descrizione realistica dei pochi personaggi presenti – oltre al “non padre” e alla “non figlia”, Patrizia, la cognata che vive in maniera disinibita una voluta solitudine; Alma, una vecchia tanto strana quanto meritevole di fiducia; Franco Romoli, un “signore di campagna, in grado di citarti Montale e di strozzare a mani nude una volpe”; Giovanni, il padre biologico, apparentemente “un’imitazione di donnaiolo provinciale piuttosto che […] un imprenditore di successo” – si accompagna ad uno stile ricco di paratassi che conferisce, non soltanto chiarezza e incisività, ma soprattutto un gran senso della misura e di equilibrio formale. Equilibrio che, nella finzione letteraria, Andrea ricerca applicandosi nel suo lavoro a stretto contatto con la natura, con la cura e la coltivazione delle piante. Un punto di vista – il rapporto attivo e salvifico con la natura –  che abbiamo già letto nel precedente romanzo di Mascheri, “L’albero delle farfalle”.

In altri termini “Chiudi gli occhi, Nina” è un’opera che non soltanto conferma l’attenzione ad argomenti, o punti di vista che dir si voglia, cari all’autore, ma in cui è ancor di più evidente un metodo di scrittura in cui vicende necessariamente malinconiche vengono trattante con una sensibilità particolarissima. Ovvero – e qui mi cito – raccontare esprimendo affetto, sensibilità, anche estrema tristezza, ma sempre, nell’approfondire le conseguenze psicologiche del lutto, dell’abbandono reale o potenziale, con discrezione ed empatia, senza mai cedere ad “un semplice esercizio di sentimentalismo”.

Edizione esaminata e brevi note

Paolo Mascheri, (Umbertide, 1978). Vive in provincia di Arezzo. Ha pubblicato la raccolta di racconti “Poliuretano” (Pendragon, 2004) e “Il gregario” (Minimum Fax, 2008), con il quale ha vinto il Premio Perelà. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo “L’albero delle farfalle”.

Paolo Mascheri, “Chiudi gli occhi, Nina”, Edizioni Clichy (collana “Place d’Italie”), Firenze 2024, pp. 216.

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Luca Menichetti. Lankenauta, marzo 2024