Meotti Giulio

Ebrei contro Israele

Pubblicato il: 10 Luglio 2014

Andrea Consonni, nel regalarmi “Ebrei contro Israele”, è stato previdente: “Meotti non è propriamente amato a sinistra“, mi ha scritto. Non conosco Meotti quindi, dopo aver letto il suo ultimo libro, ho deciso di fare qualche ricerca in Rete per capire chi sia. Nato ad Arezzo, laureato in Filosofia, giornalista de “Il Foglio” dal 2003, autore di alcuni libri, curatore di un sito personale in cui scrive solo in inglese, non ebreo, strenuo difensore delle politiche di Israele, sembra occupare posizioni ultraconservatrici e, giusto per aggiungere un pizzico di pepe al tutto, non molto tempo fa è stato accusato di plagio dall’intellettuale americano Max Blumenthal. Questo, in estrema sintesi, è quanto ho scoperto su Meotti. Il resto ho cercato di desumerlo leggendo “Ebrei contro Israele”.

Il titolo di per sé è già abbastanza eloquente: ci sono ebrei che si oppongono ad Israele. Dov’è la novità? Il problema esiste e mi sembra lampante. Israele non rappresenta necessariamente tutto il mondo ebraico. Israele è un progetto nato a tavolino, una democrazia indotta, se così si può dire, e innestata in un contesto decisamente ostile. Sopravvive da decenni e con un po’ di fatica mettendo in atto politiche di difesa aggressive e violente. Mi sembra un fatto innegabile. Non mi pare assurdo che esista una corposa quantità di ebrei che si siano dissociati e si dissocino dalle politiche israeliane. L’accusa di Meotti, quindi, a me pare (e parlo per me, s’intende) piuttosto pretestuosa. Lo scrittore e giornalista aretino, nelle 111 pagine del suo pamphlet, elenca una serie di grandi nomi della cultura, del giornalismo, dell’università, della letteratura, della politica, della scienza (rigorosamente ebrei) che, nel corso del tempo, hanno espresso il loro dissenso nei confronti di Israele.

Si tratta di nomi importanti del panorama italiano ed internazionale, vivi o morti: da Hannah Arendt ad Amos Oz, da Primo Levi a Gad Lerner, da Bruno Kreisky a Natalia Ginzburg, da Daniel Barenboim a Moni Ovadia, da Roger Cohen a Calvino (non ebreo), da David Grossman a Chomsky, da Marek Edelman a Yehoshua. Insomma una folta schiera di personaggi che si sono schierati e si schierano contro Israele e, in diverse occasioni, hanno espresso il loro appoggio e la loro amicizia ai palestinesi. L’equazione di Meotti pare automatica: se un ebreo critica Israele e giustifica, in qualche modo, la strategia palestinese, diviene automaticamente antisemita. La mia sensazione è che ragionare come ragiona Meotti conduca a risultati completamente sballati e poco aderenti alla realtà.

L’accusa di Meotti si perfeziona nel momento in cui individua in questi personaggi i più grandi nemici del popolo al quale appartengono. Soggetti dominati da un’ideologia di sinistra che nega la legittimità dell’esistenza di Israele tanto da giungere persino ad auspicarne la distruzione. Un genere di atteggiamento che, secondo il giornalista de “Il Foglio”, servirebbe agli accusati solo per compiacere il mondo a cui appartengono e per non perdere le posizioni e il ruolo che rivestono: “Purtroppo, questi ebrei della nuova classe dirigente si preoccupano più delle loro carriere che di difendere il popolo israeliano dalle mostruose bugie divulgate dai media europei, dal boicottaggio in Europa e dalla demonologia di stampo nazista, diffusa in tutto il mondo dagli intellettuali occidentali“.

L’elenco di nomi organizzato, più o meno confusamente, da Meotti è corredato da una discreta serie di citazioni e rimandi a parole dette o scritte dagli accusati che dovrebbero corroborare le ragioni dell’autore. Il gioco funziona se ci si ferma ad un’analisi di superficie visto che, a pensarci un po’ su, viene in mente che vengono riportati solo degli stralci dimenticando di specificare il contesto dal quale sono stati estrapolati, dimenticando i momenti storici in cui determinate frasi sono state proferite o scritte, dimenticando le ragioni psicologiche ed emotive che possono aver indotto un individuo ad elaborare determinati pensieri.

“Ebrei contro Israele” è indubbiamente un libro provocatorio, un testo che si pone come accusa e come sfida nei confronti di numerosi membri del popolo ebraico. A Meotti il merito di aver fatto nomi e cognomi, di essersi schierato apertamente e senza mezzi termini contro un certo modo di intendere e di vedere Israele, di aver messo in luce alcune fragilità o contraddizioni dell’universo degli ebrei “assimilati”. A Meotti anche il demerito di non essere stato capace di assumere un atteggiamento un po’ più obiettivo ed asettico, il demerito di aver appiattito in maniera fin troppo grossolana delle problematiche che, invece, si sviluppano in numerose sfumature, il demerito di non avermi convinto del fatto che “la fine di Israele coinciderà con la fine del popolo ebraico“.

Edizione esaminata e brevi note

Giulio Meotti è nato ad Arezzo. Laureato in Filosofia presso l’Università di Firenze. Dal 2003 è giornalista del quotidiano “Il Foglio”. Autore de “Il processo della scimmia” e “Non smetteremo di danzare”, entrambi editi da Lindau. “Ebrei contro Israele” è uscito nel 2014 per le Edizioni Salomone Belforte.

Giulio Meotti, “Ebrei contro Israele“, Edizioni Salomone Belforte, Livorno, 2014. Prefazione di Ugo Volli.

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